La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti
Anno:
2021
Casa editrice:
Feltrinelli

La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti

Viviamo in un'epoca di vincitori e di perdenti, nella quale è destinato a vincere chi nasce con più mezzi. Chi perde, invece, non ha che da incolpare se stesso. Il grande filosofo americano spiega perché la tirannia del merito sta uccidendo la democrazia, anche in Europa.

C'è un'idea molto radicata su entrambe le sponde dell'Atlantico: chi lavora sodo e gioca secondo le regole avrà successo, sarà capace di elevarsi fino a raggiungere il limite del proprio talento.

È una retorica dell'ascesa, che anche il Partito democratico americano e i partiti della sinistra moderata europea hanno scelto come soluzione ai problemi della globalizzazione, primo fra tutti la disuguaglianza. Se tutti hanno le stesse opportunità, allora chi emergerà grazie al proprio talento o al proprio sforzo se lo sarà meritato. Se invece non riuscirà a emergere, la responsabilità sarà soltanto sua. È questo il lato oscuro dell'età del merito.

Le élite che pretendono di interpretare la tradizione della sinistra moderata hanno in realtà voltato le spalle a chi dell'élite non fa parte. In una società nella quale l'uguaglianza delle opportunità rimarrà sempre una chimera, il contraccolpo populista degli ultimi anni è stato una rivolta contro la tirannia del merito, che è umiliante e discriminatoria.

Da questa ondata populista, dimostra il filosofo Michael Sandel, dobbiamo imparare: non per ripeterne gli slogan xenofobi e nazionalisti, ma per prendere sul serio le richieste legittime che ne sono all'origine. Sandel risponde così alla Brexit, al fenomeno Trump e all'avanzata inarrestabile dell'estrema destra in Europa, offrendo una strategia teorica e politica per ripensare il bene comune.


Una breve recensione di Gianluca Passaro

Qual è il rapporto tra Libertà e Merito?

E, soprattutto, in cosa il "merito" è oggetto di una narrazione retorica che ha una finalità sociale (e morale), e per cosa è, invece, oggetto valoriale?
Come (quasi) tutta la galleria dei "consigli non richiesti" anche questo è soprattutto un consiglio per pensare.

Non occorre essere in accordo con il pensiero di M.J. Sandel (allievo di Charles Taylor a Oxford, insegna Teoria del Governo all'Università di Harvard ed il suo corso accademico "Justice" è online dal 2009 come "one of the most popular courses in Harvard's history"), né seguire la suggestione provocatoria del titolo, perché pensiero e consapevolezza sono un prodotto del confronto.
E questo introduce anche uno dei temi affrontati nel volume: il confronto tra le categorie sociali, e quel binomio, sempre più in espansione anche in culture che lo tenevano storicamente al confine, tra "vincitori" e "perdenti" (peraltro all'incrocio dei veti del politicamente corretto) che insieme tracciano la via del dubbio sul significato del "merito" e sulla materia di cui questo sia fatto.

Il merito, e conseguentemente la meritocrazia, è fatta di tante cose. La deriva è fatta di altrettante cose: giustificazione etica e "frutto avvelenato" per la società nel suo complesso, tra quelle citate da Sandel, ed estremizzando (in modo assolutamente personale e quindi opinabile) sono tentato dal proporre un'altra suggestione, quella di un cerchio che si chiude tra meritocrazia e aristocrazia.

Qual è il riflesso di questo esercizio del pensiero sul merito, dal generale al particolare?
Dal mio punto di vista i riflessi possono essere due.

Il primo, sulla formazionehtag. La formazione, scolastica, accademica, professionale rappresenta una condizione per comprendere, esercitare e sviluppare competenze e attitudini: è sempre un percorso individuale, non una competizione. Il merito formativo dunque è un credito individuale, non una cornice sociale.

Il secondo, sulla hashtagperformance intesa come esercizio ed azione delle competenze. La performance, prima di essere una misura, è un sistema di regole, che a loro volta discendono e sono coerenti con un sistema di valori. E questo significa che il merito è relativo alla performance perché è connesso con i valori che la compongono, e non è "valore" in sé.