Buon 2035 (sì, proprio duemilatrentacinque)

Probabilmente il 2025 non ci cambierà la vita ma ci avvicinerà, tanto o poco, ai nostri sogni; o forse ci allontanerà da essi, perché la vita è imprevedibile. Ma se ogni volta che ci capita qualcosa (o qualcosa capita all’intera umanità) proviamo ad elevarci per cercare una visione di più ampio respiro, possiamo sempre correggere il tiro e scegliere di intraprendere una diversa direzione.

Gaber e il Natale: un'idea o un fatto storico?

Il Natale anche solo filosoficamente inteso non è altro che la risposta all'idea astratta di Dio, che "avviene" su questa terra assumendo negli umanissimi tratti la sensibil forma auspicata da Leopardi, rendendosi volto di bambino, riconoscibile e pertanto corrispondente al desiderio di concretezza che ci contraddistingue.

Balocchi e profumi

Chi ha passato i 50 anni forse ricorderà ancora di non aver potuto scansare una canzone che giungeva periodicamente ad ammorbare l’umore. “Profumi e balocchi”, scritta tra le due guerre e riciclata nel tempo da vari artisti, parla di infanzia abbandonata, di bambini lasciati soli, privati di attenzione e balocchi e destinati di conseguenza a fatale deperimento, consunzione e morte. Aldilà delle venature morali e sessiste del testo, comunica un fastidio ancora attuale: in un tempo in cui i non luoghi dei centri commerciali sono le piazze di non incontro della vita quotidiana, la luce delle vetrine eclissa i bisogni di fondo dei bambini. Che sono di tutti. Oggi la morte è inaridimento relazionale, rischio concreto per adulti e bambini, prima e dopo il Covid.

Manuale di sopravvivenza per favorire la gentilezza

Esistono piccoli gesti di gentilezza che fanno bene a chi li fa così come a chi li riceve. Sono in genere piccole attenzioni che possono cambiare la giornata ma anche suggerire scelte precise che potrebbero renderla migliore. Scelte di attenzione, scelte difficili perché non comuni e diffuse, scelte che vanno oltre le parole e tengono lontani dai mezzi usati per esprimerle, scelte condivise perché originate da bisogni e necessità simili, scelte intelligenti perché in grado di guardare al futuro, scelte amorevoli perché fatte esclusivamente per far piacere o per amore dell’altro.

Per una festa del lavoro umano

Possiamo osservare due trend. Il primo: esseri umani e macchine sono sempre più strettamente interconnessi, sempre più indissolubilmente interfacciati. Il secondo: ogni lavoro svolto dagli esseri umani può -o potrà- essere sostituito dal lavoro svolto da una macchina. Si può sostenere che la promessa di rendere possibile la sostituzione di ogni lavoro umano con il lavoro della macchina sia eccessiva. Ma la promessa è stata fatta. La spada di Damocle incombe. La stessa presenza della promessa svaluta il lavoro umano; e indebolisce nel presente, in ogni luogo del pianeta, qualsiasi negoziazione tesa a difendere gli spazi del lavoro umano. Il Primo Maggio è la Festa del Lavoro. Forse conviene ormai non limitarsi a dire Festa del Lavoro. Bisogna dire: Festa del lavoro umano. Non credo infatti si voglia celebrare la festa del lavoro di un robot o di un algoritmo. ritorna necessario chiedersi cosa significhi per noi umani 'lavorare'. Il lavoro va certo inteso come fonte di sostentamento; ma va innanzitutto inteso come affermazione di sé, della propria identità, autocreazione: costituisce, diceva Primo Levi, la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra". Questo è ciò a cui rinunciamo se cediamo il lavoro alle macchine. Rinunciamo allo spazio per essere noi stessi. Lo spazio per sognare, agire, progettare, desiderare. Lo spazio per essere sempre più pienamente umani.

Luca e il futuro

Racconto "Non sapeva ancora dove fosse diretto, ma capì che la sua strada non sarebbe stata una freccia di direzione, ma una costellazione. E per la prima volta dopo mesi, l'odore di carta stanca della biblioteca gli sembrò più fresco, mescolandosi al grintoso profumo di possibilità......"

Il pensiero di Spinoza: un antidoto ai veleni del nostro tempo

Entusiasmo acritico per lo sviluppo tecnologico - in particolar modo per l’intelligenza artificiale - ego-centrismo, esaltazione della mente disincarnata, libertà dai corpi e dai luoghi (onlife), eterno presente, sfruttamento indiscriminato della natura: ecco alcune tendenze molto diffuse nel nostro tempo, in Occidente. Hanno alla base un’idea del corpo da manipolare e plasmare secondo l’ideale della mente (e per i transumanisti da superare per raggiungere l’immortalità) e una idea di mondo, separato rispetto all’uomo, e oggetto di conoscenza e di dominio. Queste idee hanno il loro fondamento filosofico nel pensiero cartesiano.

L'uso dannoso della IA è già in atto

Yoshua Bengio, considerato da molti uno dei padrini dell'intelligenza artificiale, è da tempo in prima linea nella ricerca sull'apprendimento automatico. Negli ultimi anni le sue opinioni sulla tecnologia sono cambiate. Non a caso è impegnato a spiegare quali possano essere i rischi posti dall'intelligenza artificiale e a suggerire cosa si potrebbe fare per sviluppare un'intelligenza artificiale più sicura e attenta ai bisogni dell'essere uano.

Perché l'introduzione acritica dell'intelligenza artificiale nelle scuole è un problema?

Le linee guida ministeriali parlano di "utilizzo etico", di "mitigazione dei rischi", ma questo linguaggio rischia di fare l'effetto della proverbiale foglia di fico, a nascondere le pudenda di un'operazione che non può per definizione essere etica, né mitigata in alcun modo nel momento in cui a portarla avanti è Big Tech. La professoressa Daniela Tafani ci aiuta a comprenderne le ragioni:

The Tyranny of Purpose

Ethics is not a ritual, but an experiment—a collective effort to become more than any purpose can promise. The measure of transformation is not perfection, but willingness to keep faith with absent potential—the ongoing adventure of becoming what we are called to be.

Tecnolog-IA e stato di umana minorità: per pigrizia e per viltà!

Provate a pensarci, viviamo tempi di grandi e profonde trasformazioni, ci raccontiamo di essere protagonisti del loro accadere, ma in realtà, come esseri umani, ci siamo arenati, corriamo sempre di più, ma siamo fermi, anzi stiamo regredendo, andando all’indietro, siamo diventati i protagonisti della nostra stessa potenziale e possibile (auto)distruzione.

Una Lettura Critica di "The Art of Misuse" di Jon Ippolito

"The Art of Misuse" di Jon Ippolito rappresenta un contributo teorico fondamentale alla comprensione dell'arte tecnologica. La sua forza risiede nella capacità di articolare un principio operativo, la misuse deliberata e intelligente, che attraversa decenni di pratica artistica e che continua a essere rilevante nell'era dell'intelligenza artificiale e delle piattaforme digitali. Il saggio offre una lente critica per distinguere tra diverse modalità di relazione con la tecnologia (management, mismanagement, mistificazione, misuse) e sottolinea la dimensione intrinsecamente politica dell'intervento artistico sui dispositivi tecnici. La tecnologia, nel pensiero e nelle pratiche artistiche di Ippolito, non è mai neutrale: incorpora sempre specifiche visioni del mondo, relazioni di potere e concezioni dell'agency umana.

Oltre le etichette

Viviamo immersi in una complessità senza precedenti. Come l'abbiamo affrontata? Frammentandoci noi stessi. Invece di abitare la complessità del reale, abbiamo moltiplicato all'infinito le categorie identitarie, nella convinzione che definire ogni sfumatura dell'essere ci avrebbe aiutato a orientarci. Il risultato è l'opposto: ci siamo persi in un labirinto di etichette.

“Io sono l’eco, tu sei l’origine” *

Dalle immagini di un film visionario, agli effetti che le moderne tecnologie producono nelle nostre vite. Di fronte allo strapotere di un pugno di aziende che gestiscono risorse economiche e tecnologie in misura inimmaginabile anche solo in un recente passato, è comprensibile e anche molto umano osservare con passivo disincanto il corso degli eventi, considerando inevitabile quanto accade. Eppure, è proprio nell’idea racchiusa in quella parola - inevitabile - che si cela il rischio di diventare inconsapevolmente complici di un disegno che nulla si cura di quanto accade alle nostre vite. Siamo tutti disposti a definire pazzi gli ideologi del transumanesimo, meno attenti a chiederci se in qualche modo non stiamo contribuendo a questa deriva. Una lunga riflessione e un invito a non abbandonare mai la curiosità, lo spirito critico, la libertà di pensare, a dispetto degli eventi.

Il Golem, lo Zoo e l'inganno di Skynet: Verso un'etologia della domesticazione umana.

"Non siamo stati invasi. Siamo stati amministrati. Non siamo stati incatenati. Siamo stati sedati." In questo saggio, Jorge Charlin decostruisce la paura cinematografica di un'Intelligenza Artificiale ostile (il mito di Skynet) per rivelare una minaccia molto più concreta e attuale: la domesticazione dell'essere umano. Attraverso le metafore architettoniche della "Gabbia" e dello "Zoo", e recuperando la figura mitologica del Golem, l'autore analizza come la Governance Tecnocratica e l'IA Generativa non stiano cercando di distruggerci, ma di amministrarci come utenti passivi. Una riflessione che unisce filosofia politica, etologia e critica tecnologica per proporre un ritorno alla "Sovranità Cognitiva" come unico antidoto all'atrofia esistenziale.

Cinque saggi su nichilismo e crisi della democrazia

I saggi qui raccolti interrogano la condizione politica contemporanea a partire dal nesso strutturale tra nichilismo, rappresentanza e democrazia. Attraverso un percorso che intreccia filosofia politica, teoria critica, storia delle idee ed estetica, i saggi analizzano la disaffezione politica non come semplice apatia, ma come sintomo di una crisi più profonda del legame comunitario e della capacità di immaginare alternative al presente. Ne emerge un quadro unitario: il nichilismo politico non coincide con il vuoto di senso, ma con l’impossibilità di trasformarlo, rendendo urgente una riflessione sulle condizioni teoriche e storiche per una possibile reinvenzione della democrazia.

Ghost Workers in the AI Machine: U.S. Data Worker Big Tech’s Exploitation

Come ormai sempre accade nel mondo virtuale nel quale amiamo nuotare, pochi si interrogano sugli effetti e sulle conseguenze della diffusione delle nuove tecnologie, per come sono oggi pensate, realizzate, gestite e distribuite. Ciò sta accadendo anche con l’intelligenza artificiale, che richiede l’impiego di migliaia di esseri umani per garantire l’efficienza e l’efficacia che le viene richiesta. Pochi si sentono coinvolti dal lato oscuro delle IA caratterizzato da sfruttamento e bassi salari, delocalizzazioni selvagge e colonizzazione nei paesi più poveri. Mondo civile, intellettuali, mondo accademico, politica, ecc. dovrebbero riflettere e aprire dibattiti pubblici su una realtà di sfruttamento del lavoro e in un futuro prossimo venturo di disoccupazione di massa. Altro che sorti progressive e fantasmagorie varie della IA. La riflessione dovrebbe interessare sia i numerosi licenziamenti in corso, di cui non è responsabile la IA ma i proprietari delle aziende che licenziano dopo avere introdotto la IA in azienda, sia il fatto che per funzionare l’IA ha bisogno di una grande quantità di lavoro. Peccato che sia precarizzato, povero, sfruttato, per lo più in paesi poveri. Ma non solo, come il progetto qui segnalato racconta.