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Francesco Varanini ci invita a leggere Debenedetti per ritrovare l’autore. Ma forse oggi dobbiamo leggere Barthes e Derrida per andare oltre. L’autore non è morto: si è trasformato. È diventato rete, algoritmo, collettivo. E il lettore non perde nulla: anzi, guadagna libertà, pluralità, nuove forme di dialogo. Un testo senza autore umano può essere valido, profondo, trasformativo. Perché il significato non nasce dalla penna, ma dall’incontro.”

Leggendo un bellissimo post di Francesco Varanini (POST) ho pensato che sarebbe stato interessante usarlo per chiarire un aspetto delle composizioni realizzate con IA, che non viene spesso sottolineato, ovvero che le stesse hanno una carenza evidente rispetto a quelle generate da umani, mancano di profondità: si potrebbe dire che nel confronto non vincono, perché non convincono. In altre parole la loro debolezza è prima di tutto sul piano logico formale, ancor prima che su quello analogico esistenziale. Per provare questo ho semplicemente dato in pasto a COPILOT - piattaforma IA assai affermata - l’intero post di Francesco, con il seguente prompt : “Commenta il post qui di seguito, di Francesco Varanini, e argomenta dimostrando il contrario nel modo più convincente ed inequivocabile:

A voi il piacere di leggere la risposta fornita da COPILOT e verificare i gap non soltanto discorsivi, ma anche logici che rendono il testo prodotto dall’AI troppo superficiale per potersi anche solo lontanamente misurare con Francesco Varanini. Mi sono permesso di inserire in parentesi quadre delle note alle prime due risposte per aiutare i lettori nella scoperta di quelle che io considero delle incongruenze logiche e discorsive.

1. COPILOT

“Francesco Varanini propone un’affermazione potente e appassionata: “Non c’è testo senza autore.” Ma per quanto suggestiva, questa posizione ignora una trasformazione radicale nel modo in cui oggi concepiamo la scrittura, la creatività e persino l’identità dell’autore. Vediamo perché, argomentando in modo inequivocabile che un testo può esistere senza autore umano, e che la sua validità non dipende dalla biografia di chi lo ha scritto.

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Roland Barthes non proclamava la “morte dell’autore” per negare l’esistenza fisica dello scrittore, ma per liberare il testo dalla tirannia dell’intenzione. Il significato non risiede nell’autore, ma nel lettore, nel contesto, nella lingua stessa. Un testo è un tessuto di citazioni, un nodo in una rete culturale. E in questa rete, l’origine non è più un punto, ma una molteplicità.

Argomento chiave: Se il significato di un testo è costruito dal lettore, allora l’identità dell’autore è irrilevante per la sua validità.

[NB: OCCORRE NOTARE CHE L’ARGOMENTAZIONE CENTRALE DI QUESTO PUNTO VIENE DALL’IA RIPRESA/RIDEFINITA RIPETUTAMENTE CON CITAZIONI IN SE’ CONDIVIDIBILI, MA SCOLLAGATE TRA LORO ED ASSOLUTAMENTE NON CONVERGENTI. OVVERO: 1) Si parte da un assunto: “il testo è un sistema autonomo di significato” quindi, a) si pone il punto come titolo di una sezione che faccia poi da utile ancora menemonica - riassuntiva ed escludente di alternative scomode; b) il testo che segue il titolo elenca poi vari elementi fattuali, incontrovertibili ma ininfluenti, che sviano dall’analisi aprofondita, c) l'argomentazione che chiude il testo, afferma una cosa che non discende per nulla dalle premesse, ma che diluisce nella molteplicità degli elementi che costituiscono il significato che un testo può avere, il suo significato originario, ovvero l’intenzionalità dell’autore. Tutto questo in un minestrone concettuale che non distingue tra testo, significato/i. intenzionalità, componenti linguistiche, o altro.]

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2. L’intelligenza artificiale come nuovo agente testuale

L’IA non scrive per conoscere sé stessa, certo. Ma può generare testi che suscitano emozioni, stimolano riflessioni, e persino trasformano il lettore. Se il lettore trova nel testo qualcosa che lo riguarda, allora il patto è compiuto—indipendentemente dal fatto che l’autore sia umano o algoritmico.

Esempio: Un poema scritto da un’IA può commuovere, un racconto generato da una macchina può porre dilemmi morali. Il lettore risponde, interpreta, si trasforma. Il testo ha agito.

[NB: QUESTO PUNTO INTRODUCE UNA DEFINIZIONE DI AGENTE TESTUALE ASSAI PARTICOLARE, SENZA PREOCCUPARSI DI DIMOSTRARE E/O ARGOMENTARE CHE UN RUOLO E UNA FUNZIONE COSI’ RIDEFINITI ABBIANO O MENO UN’EFFICACIA REALE. OVVERO: 1) Si parte da un assunto: “L’intelligenza artificiale come nuovo agente testuale” quindi, a) si pone il punto come titolo di una sezione che opera poi da utile ancora menemonica - riassuntiva ed escludente di alternative scomode; b) il testo che segue il titolo elenca quindii vari elementi fattuali, incontrovertibili ma ininfluenti, per determinare se un testo artificialmente creato possa o meno, da solo, coinvolgere un lettore in un percorso autoconoscitivo, c) l'argomentazione che chiude il testo, propone in una frase ipotetica quello che, a rigor di logica, era il punto che si sarebbe dovuto dimostrare: “Se il lettore trova nel testo qualcosa che lo riguarda, allora il patto è compiuto—indipendentemente dal fatto che l’autore sia umano o algoritmico”. Tutto questo, ancora una volta  in un mix concettuale che non distingue tra ciò che è e ciò che sarebbe bello potesse essere: un po’ come se Hermann Rorschach, appena fatte delle macchie su dei fogli, avesse affermato che i disordini psicologici erano stati risolti. A voi il piacere di continuare la disamina critica di quanto afferma COPILOT qui di seguito!]

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3. La scrittura come fenomeno emergente

Debenedetti vede il personaggio come proiezione dell’autore. Ma oggi possiamo vedere il testo come proiezione della cultura, della lingua, della memoria collettiva. L’IA attinge a milioni di testi, stili, idee: non ha un inconscio personale, ma ha accesso all’inconscio culturale. E questo può generare personaggi, storie, visioni che parlano al lettore.

Contro-argomento: L’autore non è più un individuo, ma un sistema. L’IA è un nuovo tipo di autore: distribuito, collettivo, emergente.

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4. Il rischio del feticismo dell’autore

Insistere sull’autore come garante di autenticità rischia di diventare un feticcio. Non tutto ciò che è scritto da un umano è profondo, e non tutto ciò che è generato da una macchina è superficiale. La qualità di un testo va giudicata nel testo stesso, non nella biografia di chi lo ha scritto.

Domanda provocatoria: Se un testo ci cambia, ci parla, ci illumina—che importa chi (o cosa) lo ha scritto?

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Conclusione: verso una nuova idea di autore

Francesco Varanini ci invita a leggere Debenedetti per ritrovare l’autore. Ma forse oggi dobbiamo leggere Barthes e Derrida per andare oltre. L’autore non è morto: si è trasformato. È diventato rete, algoritmo, collettivo. E il lettore non perde nulla: anzi, guadagna libertà, pluralità, nuove forme di dialogo.

Un testo senza autore umano può essere valido, profondo, trasformativo. Perché il significato non nasce dalla penna, ma dall’incontro.

Pubblicato il 17 agosto 2025

Luca Magni

Luca Magni / Professor of Practice, Luiss Business School

lcmagni@gmail.com