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Viviamo immersi in un ecosistema manageriale dominato da modelli anglosassoni, spesso più attenti alla forma che alla sostanza. Manuali, slogan e metodologie “chiavi in mano” promettono risultati rapidi, ma trascurano la complessità e la profondità necessarie per trasformare davvero un’organizzazione. In questo contesto, ho scelto di esplorare prospettive non anglosassoni sul project management e sulla gestione della conoscenza. Il primo passo mi porta in Giappone, dove la Project Management Association of Japan ha sviluppato il P2M, un approccio che integra gestione dei programmi, innovazione strategica e capitalizzazione della conoscenza aziendale. Dopo aver consultato le risorse gratuite online, ho scoperto un modello che privilegia il valore sostenibile e la continuità operativa.


Siamo fin troppo sovraccarichi di una mentalità “usa e getta” e di una retorica angloamericana che considero estremamente limitata e di parte. Modelli rapidi, slogan pronti all’uso e ricette miracolose hanno invaso il discorso sul project management e sulla gestione della conoscenza, ma raramente funzionano davvero quando si passa dalla teoria alla pratica.  

Per questo ho deciso di scrivere una serie di articoli dedicati a libri provenienti da altre parti del mondo, per raccontare — attraverso la lettura e l’analisi — come la pensano gli altri abitanti di questo pianeta. Ogni volume scelto rappresenta una prospettiva alternativa, radicata in contesti culturali e professionali che meritano di essere conosciuti e confrontati.  

Per iniziare il viaggio mi sono spostato in Giappone, dove la Project Management Association of Japan (PMAJ) ha sviluppato un corpus metodologico che ha preso forma in un testo organico: P2M – A Guidebook of Program & Project Management for Enterprise Innovation. Ho letto i due estratti, disponibili gratuitamente su Internet a questi indirizzi:

Il P2M nasce nei primi anni 2000 come risposta a un’esigenza chiara: dotare le imprese giapponesi di uno strumento metodologico in grado di integrare gestione dei progetti e innovazione strategica. A differenza di molti standard internazionali, qui il punto di partenza non è solo il singolo progetto ma l’intero programma come cornice di valore, capace di generare benefici coordinati e duraturi per l’organizzazione.  

Il testo si articola in tre grandi sezioni. La prima definisce i concetti base e la filosofia P2M: ogni progetto è visto come un investimento orientato al futuro, in cui l’innovazione è una componente pianificata e non un effetto collaterale. La seconda entra nel merito della gestione di programmi e progetti, con strumenti per la pianificazione, il controllo, la gestione dei rischi e delle risorse. Qui emerge un aspetto distintivo: l’attenzione alla capacità organizzativa e alla maturità dei processi, valutata con metriche chiare e verificabili. La terza sezione tratta la Corporate Innovation, collegando il lavoro progettuale alla strategia aziendale e ai processi di trasformazione.  

Sul piano operativo, P2M mette in relazione diretta la gestione del portafoglio progetti con i workflow della conoscenza aziendale. In altre parole, non basta pianificare e consegnare: ogni progetto deve produrre asset informativi riusabili, inseriti in un flusso che ne garantisca la disponibilità futura. Questo approccio è particolarmente utile nelle organizzazioni complesse, dove il rischio di perdere know-how è alto e la continuità dipende dalla capacità di documentare, archiviare e condividere in modo strutturato.  

Un altro elemento che colpisce è la visione a lungo termine dell’innovazione. Nel P2M l’innovazione non è sinonimo di “novità tecnologica” ma è definita come la creazione di valore sostenibile per l’organizzazione e per i suoi stakeholder. Questo porta a decisioni più ponderate e a investimenti che tengono conto del ciclo di vita degli asset, della resilienza dei processi e della capacità di adattamento dell’impresa.  

Per chi lavora nel project management, il P2M rappresenta un cambio di prospettiva rispetto a modelli più diffusi come PMBOK o PRINCE2. Mentre questi tendono a concentrarsi su procedure e deliverable, il P2M insiste sulla relazione tra strategia, progetti e capitale di conoscenza. È un approccio che trova riscontro nelle esigenze di chi opera in mercati complessi, in cui il vantaggio competitivo non deriva solo dall’efficienza esecutiva ma dalla capacità di generare, integrare e mantenere conoscenza utile.  

Applicare il P2M in contesti occidentali richiede adattamenti, soprattutto per quanto riguarda la cultura organizzativa: in Giappone il rispetto dei processi e la visione di lungo periodo sono valori radicati, mentre altrove prevale spesso una logica di breve termine. Tuttavia, i principi metodologici sono trasferibili e offrono spunti preziosi per ridisegnare i workflow della conoscenza aziendale, collegandoli in modo diretto alla gestione dei progetti e dei programmi.  

La lettura del P2M è impegnativa ma gratificante: il linguaggio è tecnico, ma l’edizione internazionale è chiara e ben strutturata. Consiglio di accompagnarla con le risorse gratuite per avere una mappa concettuale prima di affrontare il testo completo. Per me, questo libro è stato una conferma: le prospettive non anglosassoni possono offrire strumenti più aderenti alla realtà operativa, meno schiacciati sulla retorica e più orientati alla sostanza.  

Questo primo passo in Giappone apre la strada a una serie di esplorazioni in Cina, Corea, Africa e America Latina. Ogni volta, un libro come bussola per capire come il resto del mondo pensa e pratica il project management. Perché il sapere, come i progetti, non si costruisce in un solo posto.


Pubblicato il 18 agosto 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto