Il 19 settembre del 1923 veniva testato nella sua piena operatività il primo planetario moderno, installato sul tetto di un edificio della ditta Carl Zeiss a Jena, nell’allora Germania Orientale. Si trattava dello storico modello Zeiss Mark I, collocato per l’occasione sotto una cupola di 16 metri di diametro. Il 21 ottobre dello stesso anno lo strumento venne mostrato a una platea ristretta al Deutsches Museum di Monaco di Baviera. Dopo un ritorno alla Zeiss per i ritocchi finali, la macchina fu riallestita sempre nello stesso museo sotto una cupola di 10 metri, e lì iniziò le proprie attività pubbliche il 7 maggio del 1925. Da quel momento i planetari cominciarono a diffondersi in giro per il mondo: nel 1928 venne aperto il primo planetario in Italia (Roma), nel 1930 il primo planetario fuori Europa (Chicago-USA). Oggi, a 100 anni di distanza da quegli eventi iniziali, i planetari sono presenti ovunque. Solo in Italia se ne contano più di 120, oltre 4000 in tutto il mondo.
I planetari sono nati per soddisfare la curiosità umana verso l’infinito e l’ignoto attraverso la contemplazione e lo studio della volta celeste che ha sempre generato stupore e meraviglia: hanno consentito a un vasto pubblico di non addetti ai lavori di osservare il cielo in modo realistico e dettagliato senza necessariamente possedere delle attrezzature e delle competenze che nei tempi passati erano esclusive di pochi scienziati. Visto il successo ottenuto, i planetari si sono evoluti diventando centri educativi e divulgativi in grado di aggregare persone di tutte le età avvicinandole all’astronomia e alle scienze in generale; si sono trasformati in teatri della scienza, templi della cultura e luoghi di intrattenimento in cui si intrecciano molteplici linguaggi. Ciò è potuto avvenire grazie al progresso tecnologico che ha favorito lo sviluppo sia delle attrezzature per l’osservazione e per la proiezione, sia delle modalità di fruizione della user-experience.
Se dovessimo infatti ripercorrere sinteticamente la trasformazione del planetario in questi primi cento anni della sua storia potremmo identificare alcune tappe fondamentali.
Al primo approccio che si limitava a offrire un luogo deputato all’osservazione democratica ma passiva del cielo si aggiunge abbastanza rapidamente una funzione museale più didattica e divulgativa aperta a materie affini, come per esempio la storia dell’astronomia e l’esplorazione spaziale.
Successivamente, grazie all’avvento della rivoluzione informatica, l’ibridazione di discipline diverse diventa finalmente coinvolgente e interattiva, affascinando il pubblico con la potenza dell’esperienza immersiva.
Oggi, con l’uso estensivo dell’intelligenza artificiale e dello spatial-computing che integra tecnologie di realtà aumentata, di realtà virtuale e di digital-twin, i planetari offrono la possibilità di simulare viaggi nello spazio, riprodurre le dinamiche di funzionamento e sviluppo dell’universo, interloquire con gli avatar dei grandi scienziati della storia che spiegano le loro scoperte e che rispondono alle nostre domande.
Il moderno planetario è dunque diventato un parco scientifico e tecnologico che funge da polo culturale-educativo, spesso con funzioni di aggregazione sociale e di riqualificazione urbana, ma anche da centro di ricerca e di incubazione a supporto delle istituzioni pubbliche e private (università, aziende).
L’esempio attualmente più rappresentativo in tal senso è quello del planetario di Shanghai, realizzato nel 2021: collocato all’interno del Museo della Scienza e della Tecnologia che complessivamente copre un’area di oltre 58.000 metri quadri, comprende oltre al planetario anche un museo (con una collezione di tutto rispetto, circa 70 esemplari di meteoriti e rocce provenienti dalla Luna, da Marte e dall'asteroide Vesta, così come reperti da oltre 120 collezioni, incluse opere originali di Newton, Galileo Galilei e Keplero), un osservatorio con telescopio solare alto 24 metri, aree espositive e laboratori di sperimentazione, percorsi di visita multimediali e interrativi, cinema IMAX ad altissima risoluzione.
Il planetario è sempre stato il simbolo di come debba essere interpretata la divulgazione scientifica e tecnologica che ha lo scopo di spiegare le cose difficili in modo semplice e che con la sua comunicazione è in grado di parlare a tutti, indipendentemente dalla cultura posseduta e dall’estrazione sociale del pubblico a cui si rivolge; riesce non solo a far comprendere ma anche ad appassionare, a suscitare curiosità e meraviglia, a stimolare la ricerca dell’armonia e della bellezza, la voglia di aprire la mente a nuovi orizzonti.
È già stato così nel passato: se infatti collochiamo storicamente questa capacità in un mondo in cui ancora non esisteva internet, dove non tutti potevano frequentare l’università o permettersi di avere soldi e tempo per leggere libri o per usare un telescopio, ecco che un planetario costituiva un reale momento di emancipazione sociale. Ma i tempi cambiano e con essi le generazioni, oggi la situazione è molto diversa: il livello di scolarità è più elevato, la strumentazione è più accessibile, tantissimi contenuti multimediali sono disponibili in rete, sempre e gratuitamente.
Anche le modalità della divulgazione si sono però adeguate ai tempi; da un lato gli scienziati stessi si sono resi conto che devono essere più propensi alla comunicazione diretta, stanno imparando ad essere più “social” per avere maggiore visibilità personale e poter dare ampia risonanza alle proprie ricerche e scoperte. Dall’altro i giornalisti che fanno da intermediari tra scienza e informazione sono consapevoli di dover modificare i loro linguaggi per essere appetibili a un target giovane, quello dei millennials e dei gen-z. In entrambi i casi, per catturare l’attenzione del pubblico contemporaneo è necessario esplorare nuove forme di interlocuzione e di intrattenimento fortemente incentrate sull’uso di tecnologie avanzate ma anche di mezzi espressivi coinvolgenti come il teatro, la musica e, perché no, la filosofia.
Capire la scienza oggi significa immergersi in essa, conoscerne la genesi e viverne l’emozione, comprenderne le implicazioni etiche e sociali. Significa anche garantire indipendenza di pensiero, libertà da condizionamenti commerciali o politici e impegno a offrire un’informazione veritiera e oggettiva, basata sul fact-checking e sulla lotta alle fake-news.
Queste sono le variabili con cui la nuova era della divulgazione scientifica, tecnologica e culturale deve sapersi confrontare. Il planetario, con i suoi 100 anni di onorato servizio, ha raccolto questa sfida e la sta interpretando nel migliore dei modi: lunga vita quindi al planetario!