Go down

Nel mezzo del cammin di una connessione neurale, mi ritrovai per una selva di sensazioni, ché la retta logica era smarrita.


C’è un’intelligenza che non brilla nei test, non si misura in KPI né si implementa in un algoritmo. Non è quella che scala le aziende né quella che addestra le macchine. È un’intelligenza che trema. Che inciampa. Che ascolta più che parlare. Che non ha paura del silenzio.

Nel tempo in cui le intelligenze si moltiplicano e si dichiarano "artificiali", ho provato a cercare quella più interna: quella sensibile. E sì, tutto sempre da quella domanda che mi sento spesso ricevere: ma tu sei ingegnere o musicista?

Scrivere questo libro (Intelligenza sensibile. Costruire relazioni per generare energia) è stato come tentare di accordare un pianoforte con le mani rotte – e in parte lo era davvero, dopo il mio incidente. Ma è anche stata una confessione: che dietro ogni scelta tecnica, ogni interfaccia, ogni strategia brillante… c’è sempre una faglia umana, artistica. E talvolta, è proprio quella crepa a far entrare la luce. A connettere anziché a dividere.

Intelligenza sensibile non è solo un libro, è un invito a riscoprire la profondità delle nostre emozioni e delle nostre relazioni. È un viaggio attraverso le sfumature dell'esperienza umana, che ci incoraggia a valorizzare la sensibilità come una forma di intelligenza fondamentale per navigare nel mondo complesso e interconnesso in cui viviamo.

La sensibilità, come la gentilezza di cui parla  spesso Anna Maria Palma, sono spesso "forze" sottovalutate ed emergono come poteri trasformativi nel nostro viaggio interiore. Attraverso le parole e le azioni di persone come Anna Maria, comprendiamo che la gentilezza non è debolezza, ma una forma di intelligenza sensibile che ci permette di connetterci autenticamente con gli altri e con noi stessi. Ed è così che "il mio mondo si occupa di me". Quando non sono io a cercare di ottenere ma le cose avvengono senza una causa-effetto. Perché ci siamo orientati con una postura verso il mondo e verso gli altri che è vero sentire. Ascolto relazionale, come mi piace chiamarlo.

Nel libro esploro proprio questo tema che mi è particolarmente caro: il passaggio dalla causalità alla casualità. A prima vista, potrebbe sembrare solo un gioco di parole. Ma dietro a questo passaggio si cela un cambio radicale di prospettiva, una piccola rivoluzione nel modo in cui leggiamo la nostra vita e i suoi eventi più significativi.

La causalità è la logica dei programmi, dei piani, delle agende fitte, dell'ingegnere. Non a caso, la parola “programma” ha una radice che ci parla di qualcosa scritto prima (pro-graphos). È la visione lineare degli eventi: A causa B. Un modo ordinato, rassicurante, prevedibile di intendere il mondo. E in molti contesti — specialmente nel lavoro, nella scienza, nella gestione delle imprese — questa modalità ha una sua forza, una sua utilità. Ma cosa succede quando le cose più importanti  (e forse "belle") della nostra vita non seguono questa logica? Quando non sono il risultato di una pianificazione, ma sembrano nascere dall’imprevisto, dall’incontro, dal caos fertile della vita reale?

la casualità non è assenza di senso, ma apertura al possibile

Qui entra in gioco la casualità. Una dimensione che non significa assenza di senso, ma apertura al possibile. All'accadere. All'incontro che non avevi previsto e che, proprio per questo, ti cambia dentro. Alla deviazione dal piano iniziale che si rivela, col senno di poi, la strada "giusta". È il mondo non più visto come una linea retta, ma come una costellazione, fatta di punti luminosi che si connettono in modi misteriosi. Il musicista.

Mi torna in mente una frase che mi disse Mario Calabresi: “Bisogna mettere in agenda l’imprevisto.” Una provocazione solo in apparenza. Perché in un mondo che ci spinge a pianificare tutto, imparare a lasciare spazio all’inaspettato è quasi un atto rivoluzionario. È un invito a fidarci un po’ di più della vita, degli altri, di ciò che non possiamo controllare.

Un esempio personale di tutto questo è stato l’incontro con Anna Maria e Carlo. Non ci eravamo mai visti prima, eppure la sensazione era quella di conoscerci da sempre. Quelle conversazioni, quell’energia generativa, sono state un punto di svolta. Non erano appuntamenti segnati sul calendario, ma sono diventati momenti fondanti di una conoscenza che è risonanza e non superficie.

È proprio nella nostra capacità di ascolto (relazionale) e di presenza (autentica), che possiamo arricchire profondamente la nostra comprensione del mondo come forza trasformativa. 

Ed è qui l'unione: non l'ingegnere, non il musicista. L'essere umano. Non siamo etichette che semplificano il nostro comprendere, ma siamo molto di più. Sensibilità, che accendono qualcosa di più grande. Ed è così che ho incontrato i dialoghi nel libro, quelle che ho chiamato "le voci nel coro".

Queste esperienze mi hanno confermato che le connessioni umane autentiche non si possono forzare, né pianificare. Si possono accogliere. E quando lo facciamo, qualcosa si trasforma: la nostra visione del mondo si allarga. Passiamo da una visione centrata sull’ego — sull’io, sulla prestazione, sul controllo — a una visione de-centrata, più ampia, ecologica, che potremmo chiamare “eco” e che genera risonanze. Dove ciò che conta è il tra, lo spazio di relazione, il legame.

Forse è proprio in questo passaggio che abita la vera intelligenza sensibile: nella capacità di ascoltare la vita anche quando parla un linguaggio inatteso. Nel saper leggere i segnali che non avevamo previsto. E, soprattutto, nel lasciare che questi segnali ci tocchino, ci cambino, ci conducano dove non pensavamo di andare — ma dove, in fondo, possiamo arrivare.

Bisogna mettere in agenda l’imprevisto

Pubblicato il 23 aprile 2025

Carlo Rinaldi

Carlo Rinaldi / Chief Marketing Officer | TEDx Speaker | Board Member | Author of Intelligenza Sensibile - Egea editore

carlorinaldi@live.com