Grazie alla riscoperta di molti contributi femministi proposti tra gli anni settanta e duemila, Tecnologia della rivoluzione ci spinge a riflettere su come intervenire per fare in modo che le rivoluzioni tecnologiche non portino a involuzioni sociali.
Sara è una donna, una madre. È disoccupata, single e migrante. La sua è un’identità stratificata, unica e irripetibile.
Queste caratteristiche sociali la renderanno sospetta per tutta la vita. Perché per un modello matematico – e per il governo del suo paese – Sara è solo un insieme di indicatori che, sommati tra loro, generano un alto punteggio di rischio, una previsione statistica che la trasforma in una potenziale criminale. Ma la sua unica colpa è quella di essere se stessa, e di condividere un profilo simile ad altre persone esistite e accusate prima di lei.
Questa e molte altre storie ci mostrano che un singolo numero elaborato da un algoritmo può cambiare le sorti di interi gruppi sociali, rischiando un ritorno a ingiustizie antiche, oggi amplificate dal modo in cui stiamo usando questi strumenti. Ripercorrendo la storia della tecnologia possiamo attraversare anche quella dell’esclusione sociale: ogni invenzione, dalla bicicletta al forno a microonde, fino all’intelligenza artificiale, è il risultato di scelte precise, valori e compromessi umani che causano forti impatti sulla società.