Dal feedback al feedforward
Il filosofo dei media Mark Hansen è stato tra i primi a cogliere il cambiamento introdotto dai media del XXI secolo e sull’inversione del loop epistemologico. Hansen identifica nei media del XXI secolo l’infrastruttura di una nuova sensibilità esperienziale da lui denominata feedforward. A differenza del feedback, che arriva dopo l’azione, il feedforward descrive un processo in cui il soggetto è anticipato da una serie di dati, segnali, inferenze che definiscono possibilità e comportamenti prima ancora che essi si manifestino.
Un esempio quotidiano può aiutare a chiarire il passaggio dal feedback al feedforward. Immagina di voler fare una passeggiata in una città che non conosci. Nel modello del feedback, inizi a camminare, ti perdi, chiedi informazioni, consulti una mappa, correggi il percorso: l’errore ti guida verso l’apprendimento. Il feedforward invece inverte il processo: ancora prima di muovere un passo, il sistema ti suggerisce il percorso ottimale, ti segnala i tratti trafficati, ti avvisa in tempo reale se stai deviando. Non hai bisogno di sbagliare per apprendere: è l’ambiente stesso che si adatta e ti orienta, anticipando le tue scelte.
Un ulteriore esempio particolarmente significativo del passaggio dal feedback al feedforward riguarda la nostra stessa sensibilità corporea. Pensiamo a un semplice smartwatch che monitora in tempo reale battito cardiaco, livello di stress, qualità del sonno, ecc.. In un modello basato sul feedback, ci saremmo accorti di essere stanchi o stressati dopo aver vissuto un malessere: magari un mal di testa, un calo di energia, o un errore dovuto alla disattenzione. Nel feedforward, invece, è il dispositivo che ci anticipa (hansen direbbe presentifica) quella sensazione: ci avverte prima ancora che la percepiamo consciamente, consigliandoci una pausa, un esercizio di respirazione, o persino suggerendo che oggi non è il momento migliore per prendere decisioni complesse.
La nostra esperienza soggettiva viene così pre-scritta: il sentire non è più solo il risultato di ciò che viviamo, ma un campo modulato da previsioni algoritmiche che informano il nostro corpo e orientano il comportamento prima che un evento si verifichi. In questo senso, il feedforward non solo trasforma il modo in cui agiamo, ma interviene nella struttura stessa della nostra sensibilità mondana, creando una nuova temporalità esperienziale in cui il futuro condiziona il presente.
Questo spostamento implica una trasformazione radicale nei modi con cui costruiamo conoscenza e identità: non più a partire dalla riflessione sul passato, ma attraverso il riconoscimento di quanto e quale futuro è già nel presente. Il feedforward è la grammatica di un tempo esperienziale che si gioca sull’anticipazione, non sulla correzione.
il feedforward non solo trasforma il modo in cui agiamo, ma interviene nella struttura stessa della nostra sensibilità mondana, creando una nuova temporalità esperienziale in cui il futuro condiziona il presente
Gen Z e Gen alfa: le prime generazioni cresciute dentro il feedforward
Queste trasformazioni sono iniziate negli anni dieci del XXI secolo. La prima generazione ad essere impattata nella sua formazione è stata la Gen Z, ma l’impatto di queste nuove tecnologie diventa ancora più profondo e strutturale con la Generazione Alfa, la generazione cresciuta con gli schermi di tablet e smartphone e app di intrattenimento.
Entrambe queste generazioni sono cresciute con la rivoluzione "anticipante" dei media del XXI secolo. Questa rivoluzione tecnologica (tutt'ora in corso e, come dicevo ancora più significativa per la generazione Alfa) agisce su più livelli.
Dal controllo fisiologico tramite biofeedback – come lo smartwatch che ci avvisa di un innalzamento della temperatura corporea prima ancora che percepiamo il sintomo della febbre – fino alla selezione automatica di contenuti musicali su Spotify, ai video proposti su TikTok, ai suggerimenti personalizzati di Netflix o persino all’orientamento scolastico basato su algoritmi predittivi, ogni aspetto dell’esperienza sembra essere anticipato, quasi prefigurato, prima che emerga una preferenza consapevole.
In questo scenario, la Gen Z e la Gen Alfa non si limitano a interagire con queste tecnologie: vi sono immerse, cresciute in un ecosistema che prevede, modella e influenza il loro sentire. Hanno esperito questa sensibilità “anticipata”, in cui il futuro – previsto dai dati – si insinua nel presente, orientando scelte, emozioni e identità prima ancora che vengano esplicitamente formulate.
la Gen Z e la Gen Alfa non si limitano a interagire con le nuove tecnologie: vi sono immerse, sono cresciute in un ecosistema che prevede, modella e influenza il loro sentire.
Più che nativi digitali...
Chiamare la Gen z “nativa digitale” potrebbe non bastare. Sicuramente non basta per definire la generazione Alfa.
Questa etichetta (piuttosto contestata) si riferisce alla familiarità con gli strumenti dei primi anni del millennio ma non coglie la logica predittiva di quelli introdotti dalla metà degli anni 10.
La Gen Z e la Gen Alfa sono generazioni cresciute in una sensibilità mondana distribuita nell'infrastruttura tecnologica che li ha osservati, tracciati e profilati in tempo reale, anche in assenza di interazioni dirette. A differenza delle generazioni precedenti non solo vivono in un tempo non più causale, dove le conseguenze arrivano prima dell’azione stessa, ci sono cresciute. Proprio per questo, nel confronto e nella relazione con la Gen Z e la Gen Alfa, occorre interrogarsi su questa nuova sensibilità che sviluppa interazioni con una “immagine algoritmica” di sé: un doppio che ci precede, ci guida, a volte ci definisce.
"L’algoritmo mi conosce meglio di me"
La Gen Z e la Gen Alfa sono quindi le prime generazione cresciute nel paradosso dell’identità predittiva con i pro e i contro di questa personalizzazione algoritmica. “TikTok sa cosa voglio prima che lo sappia io”. Un’affermazione strana ma anche profondamente vera e profondamente diversa. La sfida per queste generazioni (più che per le altre, comunque implicate in questa nuova sensibilità mondana) consiste nell’acquisire la capacità di sottrarsi agli effetti collaterali dell’anticipazione — manipolativi, subconsci, insidiosi — annidati nello scroll infinito previsto dall’algoritmo progettato per catturare e prolungare il tempo di permanenza sui reel o nelle tecniche di neuromarketing che bypassano l’analisi cosciente nella scelta.
Proprio in questo paesaggio digitale, la Gen Z e la Gen Alfa necessitano di sviluppare strumenti critici: riconoscere la logica che li cattura, decostruirla, reindirizzarla verso usi creativi e consapevoli. Sono generazioni chiamate a ridefinire un rapporto radicalmente nuovo con la tecnologia: non tanto ina formula che riporti “l’uomo al centro”, ma per immaginare centri diversi, più fluidi, meno gerarchici, più relazionali.
la Gen Z e la Gen Alfa necessitano di sviluppare strumenti critici: riconoscere la logica che li cattura, decostruirla, reindirizzarla verso usi creativi e consapevoli
L’identità come processo
Per comprendere più a fondo la posta in gioco, è utile richiamare il pensiero del filosofo Cosimo Accoto. Nei suoi lavori (Il mondo dato, Il pianeta Latente), Accoto sottolinea come il dato non rappresenti più, ma agisca: è performativo, costruisce realtà. Nel rapporto tra generazioni questo significa che l’identità e la conoscenza non sono qualcosa che si ha, ma qualcosa che accade, che emerge nella relazione con sistemi predittivi. L’io (il soggetto) da trascendentale diventa infrastrutturale: si forma dentro flussi di dati, API, tracciamenti, interfacce. Occorre essere quindi preparati alla relazione con nuove generazioni che per prima volta sperimentano questo radicale passaggio post-fenomenologico, non protesico e non antropocentrico: distribuito, modulare, interconnesso. Educare all’anticipazione: un nuovo compito pedagogico Se la Gen Z e la Gen Alfa si formano nel tempo dell’anticipazione, educare non può più significare solo trasmettere conoscenze passate o abilità presenti. Serve un’educazione capace di leggere e agire dentro i sistemi predittivi, sviluppando:
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consapevolezza algoritmica
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senso critico
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creatività come strategia di gioco e deviazione
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immaginazione del possibile oltre il già previsto
Come scrive Hansen, il futuro non è solo ciò che accadrà, ma ciò che viene continuamente pre-figurato nei dati. E allora la sfida educativa è proprio questa: aiutare i e le giovani a relazionarsi ln questo futuro anticipato, con questo tempo anticipante, senza esserne determinati.
Bibliografia
Accoto, C., Il mondo Dato. Cinque brevi lezioni di filosofia digitale, Egea, 2017
Accoto, C., Il pianeta latente. Provocazioni della tecnica, innovazioni della cultura, Egea, 2024
Hansen, M. B. N., Feed-Forward: On the Future of Twenty-First-Century Media, University of Chicago Press, 2015
Hayles, K. N., L'impensato. Teoria della cognizione naturale, Effequ, 2021