La cultura “ieri” era considerata come un elemento di riscatto sociale. Le famiglie meno abbienti o di estrazione modesta (contadini, operai, artigiani del secolo scorso) stimolavano i figli a “studiare” perché solo così avrebbero potuto aspirare ad un “ruolo” nella società, ad una professione che avrebbe garantito loro una maggiore tranquillità, le mani senza calli, la pelle meno segnata e bruciata dal sole.
Non sono una sociologa e non ho la pretesa di discutere del recondito significato che questo percorso aveva/ha avuto per molte famiglie italiane. Ho, però, una lunga esperienza di vita, per motivi anagrafici (!), la fortuna di essere nata in un meridione che, uscito dalla depressione post conflitto mondiale, si stava riscattando e cominciava a vivere un rinascimento industriale. Quello letterario era sempre stato nelle sue corde, se pensiamo a Quasimodo, Silone, Sciascia…
La cultura era amata.
Io l’ho amata e, aver frequentato un liceo “vecchio stampo”, è stato per me un elemento di orgoglio che, quando decisi di studiare ingegneria, mi permise di unire umanistica a tecnica.
la cultura rende liberi
Questo retroterra è quello per cui mi sento fortunata ad avere sempre viva la curiosità di capire cosa leggo, di approfondire quello che non so. E mi suona ancora nelle orecchie la frase che mi sono sentita ripetere mille volte, quando ero poco meno che adolescente: “ la cultura rende liberi”, nella declinazione socratica. Mia madre aggiungeva che solo così “avrei pensato con la mia testa”.
Abbiamo un nuovo papa
Abbiamo un nuovo papa e, ovviamente, tutti hanno tentato di capire chi fosse, immaginando le sue prossime mosse, l’inserimento in questo contesto internazionale complesso, il perché abbia scelto quel nome ecc.
Qualsiasi analisi non dovrebbe prescindere da una puntuale analisi del valore o disvalore ( lo lasciamo decidere ai fan già ai blocchi di partenza) di essere un agostiniano, non dovrebbe trascurare la storia di Leone XIII, la cui comprensione del pontificato deve essere prima di tutto storica e non religiosa.
Eppure, sta avvenendo esattamente il contrario. Movimenti conservatori all’attacco.
Un approccio non ideologico richiede però cultura, cioè conoscenza. In questo modo, oserei dire nell’ unico modo possibile, rimaniamo “padroni della nostra vita, aperti al dialogo con gli altri”, liberi di giudicare anche l’evento più complesso, regalando a noi stessi lo spazio infinito delle idee.
Non voglio essere tra i tanti a giudicare questa elezione papale. Chi sono io per poterlo fare?
Voglio essere, però, tra quelli che hanno, con curiosità, cercato nei libri di storia cosa avesse significato per i cristiani e non solo l’enciclica Rerum Novarum. Perché forse da questa comprensione può nascere lo sguardo verso il nuovo papa che dovrebbe accompagnare credenti e non credenti (pace e ponte le parole più usate) nei prossimi decenni.
I punti salienti di quella enciclica nascevano, per la prima volta nella storia della chiesa, da un’analisi del contesto economico e sociale e, già questo, sta ad indicare la rivoluzione implicita del testo. Il rapido sviluppo economico, il mutamento dei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi con la corrispondente e crescente povertà delle masse ed infine il rafforzamento della coscienza collettiva degli operai che veniva interpretata, alla luce del marxismo, come segnale di deterioramento morale, i punti chiave che potrebbero essere oggi, pur con sfumature diverse, all’origine di una nuova Rerum Novarum.
Ecco il papa che sceglie il nome di Leone XIV. Continuità con un predecessore che non poteva esimersi dall’intervenire in un contesto critico come quello di fine Ottocento (1891).
130 anni dopo la lista delle tematiche socioeconomiche che avevano portato alla stesura di quel testo resta la stessa.
Incredibilmente la stessa.
Penso che a peggiorare lo scenario in corso, che obbligherà questo Papa a dar seguito a quel “progetto” di 130 anni fa, a difendersi da attacchi inconsulti, ci sia proprio il depauperamento culturale che sembra aver azzerato la voglia di capire, la voglia di crescere, la voglia di essere migliori, la voglia di avere idee diverse, ma supportate da un dibattito civile.
Quale augurio a lui e a noi se non la costruzione di un nuovo Rinascimento?