Crash
Anno:
2015
Casa editrice:
Feltrinelli

Crash

Ad accomunare le vite del narratore, James Ballard, e dello scienziato televisivo e psicopatico Robert Vaughan è la passione morbosa per gli incidenti stradali con il loro strascico di morte, deformazione e mutilazione dei corpi, commistione di tecnologia e carne, lamiere e sesso.

Entrambi sono reduci da scontri che hanno modificato la loro percezione di cose e persone. Attorno a loro si muovono le figure di Catherine, la moglie di James, con la sua attrazione omoerotica per Karen, la dottoressa Helen Remington, il cui marito è morto nello schianto con l'automobile di James, e altri individui a loro volta presi nelle spire del fascino perverso della tecnologia e del suo impatto sulla vita umana. Il tutto descritto con algido, clinico distacco.

Si spiana così la strada, come ha detto lo scrittore, "a tutti i nostri piaceri più concreti e delicati - quelli delle delizie del dolore e della mutilazione; del sesso come arena perfetta, come brodo di coltura di sterile pus, per tutte le veroniche delle nostre perversioni; della libertà morale di attendere alla nostra psicopatologia come a un gioco; dell'apparente illimitatezza delle nostre capacità di concettualizzazione.

Ciò che i nostri figli hanno da temere realmente non sono le autostrade del domani, bensì il nostro sottile piacere nel calcolare i più eleganti parametri delle loro morti".

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Siamo ancora quelli della pietra e della fionda. Il vero problema sono i vicini, il prossimo, gli altri.

Non c’è rimedio alla tecnologia; non esistono strumenti neutri perché chi li usa non è mai neutro. Date agli uomini le pietre, e uccideranno con le pietre. Se poi creano anche strumenti pensati proprio per uccidere, che altro uso se ne potrebbe fare? La tecnologia ha raggiunto apice e sintesi nella bomba atomica e negli armamenti, il cui potenziale (la distruzione del mondo) non scema né aumenta una volta avviato il processo di armamento collettivo: una tecnologia il cui effetto non può aumentare, per quanto se ne aumenti la quantità. Superata una certa soglia, l’effetto è “infinito”. Gli effetti di tutti gli smartphone e i tablet del mondo sbiadiscono di fronte a questo. Il mio pessimismo antropologico mi fa pensare che se uno strumento consente un uso pessimo e distruttivo, prima o poi verrà utilizzato così.