Augurare buon anno nuovo, quello prossimo, è ormai diventata una consuetudine priva di reale significato. Quello che abbiamo fatto fino ad oggi continueremo a farlo domani, anche se nel contatore della vita scatta una cifra in più, e questo ci fa perdere di vista la necessità di separare più nettamente cosa è stato da cosa sarà.
L’anno appena passato può essere stato positivo, da ricordare: può averci riservato soddisfazioni, salute, successo, benessere, affetto. Se è così, abbiamo messo fieno in cascina perché tanto, prima o poi, arriveranno momenti difficili che potremo superare anche grazie alla memoria di ciò che la vita ci ha già dato.
Oppure l’anno passato può essere stato negativo, da dimenticare: può averci riservato insoddisfazione, sofferenza, delusioni, difficoltà, solitudine. Siamo stati costretti a stringere i denti e a tenere duro, fiduciosi che prima o poi il nostro periodo nero terminasse e potesse finalmente tornare un orizzonte più sereno.
Anche questa è memoria utile, non solo ad alimentare la speranza ma soprattutto a ragionare su come abbiamo gestito la nostra esistenza: quali situazioni abbiamo subito, quali errori abbiamo commesso, quali opportunità non abbiamo colto. Ma che sia andato tutto bene o tutto male (o più probabilmente un po’ e un po’), non dobbiamo illuderci che le cose possano cambiare da domani solo perché inizia un anno nuovo.
Certo, possiamo fare buoni propositi, una lista di desideri; possiamo rivedere le nostre priorità e gli obiettivi. Ma non sarebbe ancora sufficiente a garantirci di poter ottenere i risultati sperati così, da un giorno all’altro. E allora? allora dobbiamo cercare di elevarci, di guardare le cose dall’alto (non da destra o da sinistra) per osservare la realtà da una prospettiva privilegiata.
Dall’alto, infatti, possiamo avere una visione d’insieme e non di parte. Dall’alto possiamo vedere meglio gli errori del passato e le sfide del futuro. Dall’alto possiamo comprendere le dinamiche del presente ripulite dai condizionamenti di ogni tipo. Dall’alto possiamo distinguere più facilmente i saggi dai ciarlatani. Dall’alto possiamo scoprire il significato della nostra presenza tra gli altri.
Se vogliamo davvero dare un senso a quello che sarà il nostro 2025 dobbiamo elevarci per vedere come vorremmo essere tra dieci anni, per poi tornare con i piedi per terra e cominciare un percorso di crescita, di cambiamento, di speranza, di impegno e di consapevolezza che ci porti verso la direzione desiderata.
Probabilmente il 2025 non ci cambierà la vita ma ci avvicinerà, tanto o poco, ai nostri sogni; o forse ci allontanerà da essi, perché la vita è imprevedibile. Ma se ogni volta che ci capita qualcosa (o qualcosa capita all’intera umanità) proviamo ad elevarci per cercare una visione di più ampio respiro, possiamo sempre correggere il tiro e scegliere di intraprendere una diversa direzione.
La festa porta con sè anche il dono e la cosa migliore che possiamo regalare è quella di guardare dall’alto non solo noi stessi ma anche le persone a cui vogliamo bene, chiedendoci se abbiamo fatto abbastanza per renderle felici oppure se le abbiamo trascurate, soffocate, incomprese, danneggiate. Siamo ancora in tempo a rimetterci in armonia con loro o ad abbandonare i rapporti tossici? Sarebbe il regalo più bello e utile da fare agli altri, ma anche a noi stessi.
Buone feste!