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Quando penso al buon senso il pensiero va alla saggezza antica, al diritto romano da cui alcuni dei nostri codici hanno tratto origine. E poi sogno che possa essere la misura che ci salva dal caos.


Quando penso al buon senso il pensiero va alla saggezza antica, al diritto romano da cui alcuni dei nostri codici hanno tratto origine. E poi sogno che possa essere la misura che ci salva dal caos.


Rischiamo di ripetere ovvietà quando sottolineiamo che il tempo nel quale viviamo è quello che ha sostituito la riflessione alla reazione immediata, anche se non necessaria. La misura, che ritenevamo regola del vivere civile, all’ eccesso, che non percepiamo più come tale.

Che dire del dialogo, ormai parte di uno scenario utopico, sostituito dalla generale polarizzazione?  Il buon senso è un termine desueto, perché lo sono i valori che sottende e che i più non riconoscono. Spesso non siamo lucidi e scegliamo solo per impulso, senza capire, senza usare la “ragione”.

Ho sempre ritenuto che rifiutare aggressività, violenza, assenza di regole, fosse la vera rivoluzione. Il buon senso, nella sua semplicità, un faro al quale puntare. So che saremmo tentati di chiederci chi possa affermare cosa voglia veramente dire scegliere sulla base del buon senso.


Chi ha scritto le regole che lo definiscono?


Non c’è un manuale che lo descrive. È una virtù antica come l’uomo, cresciuta con il genere umano quando provava a riscattarsi dai ricorrenti medioevo che hanno attraversato le civiltà, inclusa l’attuale.

Aristotele lo chiamava phronesis, la saggezza pratica: la capacità di discernere il bene nelle situazioni concrete. Non una teoria, ma un’arte del vivere. Cartesio, secoli dopo, lo definiva “la cosa del mondo meglio distribuita”, perché ognuno pensa di possederla. Un paradosso: se davvero il buon senso fosse così diffuso, il mondo sarebbe più semplice, più giusto, più umano.


Ma il buon senso non è né opinione, né istinto.


È equilibrio tra ragione ed esperienza e non nasce da un algoritmo, ma da uno sguardo che sa leggere la complessità senza ridurla o banalizzarla. È la saggezza che si forma nei gesti quotidiani, nella capacità di ascoltare.

Spesso viene scambiato per moderazione o peggio ancora conformismo, passività. Io credo sia la forza di chi non si lascia trascinare dalle mode, dalle paure o dalle urgenze del momento.
Talvolta significa andare controcorrente, scegliere la strada più vera, non cercando a tutti i costi, e che costi, il consenso.

Una bussola per quest’epoca tutta da interpretare.

Viviamo immersi in un rumore continuo fatto di parole, giudizi, immagini. Tutto pretende attenzione immediata. In questo paesaggio frammentato, il buon senso potrebbe essere quello strumento che, senza imporsi, ci orienta.

Riscoprire il buon senso significherebbe confrontarsi con parole e gesti che racchiudono un senso profondo di umanità che va al di là delle mode.
Rallentare il giudizio, pesare le parole, lasciare spazio al dubbio.

È un esercizio di libertà interiore, perché solo chi sa pensare con equilibrio sa anche scegliere con autonomia.

Torneremo a volerlo?

Pubblicato il 07 novembre 2025

Enza Fumarola

Enza Fumarola / Experienced Executive, Information Technology expert, Digital advisor, M&A advisor, No profit activity

efumarol@gmail.com