McLuhan con il suo concetto della “società elettrica” definita come “villaggio globale”, anticipando il mondo di Internet a venire, profetizzò che i media, rendendo il mondo più piccolo, ristretto, avrebbero avuto l’effetto di cambiare i comportamenti umani, condizionando i nostri sensi e la nostra attenzione mentale, alterandone la focalizzazione e la nostra esperienza individuale, in modi che avrebbero cambiato la società, con l’emergere di nuove industrie e nuovi media.
L’espressione “villaggio globale” è diventata oggetto di studio e di riflessione. L’attenzione ha finito però per focalizzarsi sull’aggettivo “globale” piuttosto che sul sostantivo “villaggio”. McLuhan non ha usato a caso quella parola, poteva parlare di città globale o altro. Il villaggio è all’origine delle prime forme di comunità, che prendevano il nome di tribù o di clan, nelle quali si sperimentavano le prime forme di convivenza sociale. Il villaggio fu una realtà chiusa, autoritaria, fondata su pensieri magici e rituali, caratterizzata dalla prevalenza di una cultura orale e mitica.
Con il richiamo al villaggio McLuhan evidenziava come potenziale effetto del “villaggio globale” l’affermarsi di un tribalismo e primitivismo ancestrali, privo di forme di diritto e dominato da pulsioni e archetipi non propriamente favorevoli a forme di convivenza umana e civile, democratica e ugualitaria. Dalle tribù il passaggio alla polis è avvenuto attraverso una detribalizzazione, dalle caratteristiche socioculturali. Oggi, come McLuhan aveva previsto, assistiamo al ritorno del tribalismo, evidenziato dal linguaggio usato da moltitudini si persone che hanno trasformato le parole in mazze da baseball e pietre per colpire gli altri, seppure in modo mediatico e “social”, con forme di cattiveria isterica e di violenza che non fanno parte delle società civili a cui ci eravamo abituati prima della diffusione globale delle piattaforme social. La nuova tribalizzazione ha dato vita a forme concrete di violenza che compromettono la costruzione autonoma dell'identità e della personalità dell’individuo.
Mentre l’idea del villaggio globale è entrata nel linguaggio comune e tutti la usano pur non avendo letto McLuhan, c’è un’altra metafora, sempre a lui legata, che meglio riassume il suo pensiero. La parola o vortice, Maelstrom. Il termine è stato tratto da un racconto di Edgar Allan Poe nel quale racconta l’avventura di tre pescatori precipitati in un vortice spaventoso e i loro tentativi per salvarsi. Il Maelstrom ha qualcosa di meraviglioso, attira e stupisce, anche mentre sta ingurgitando tutti gli oggetti che vi gravitano intorno. Per McLuhan i media sono un “vortice titanico” che cambia i comportamenti di una società, con il rischio di distruggerla. Se studiassimo meglio il fenomeno potremmo comprenderne le perturbazioni e le configurazioni, potremmo dargli un senso e così facendo trovare il modo per salvarci e non farci travolgere dalla sua forza centripeta.
Le metafore del villaggio globale e del vortice potrebbero oggi essere utilizzate a capire cosa ci sta succedendo dentro una società dominata dal surplus informativo e cognitivo, dall’economia dell’attenzione, dalla crescente difficoltà a capire cosa succede intorno a noi, cosa sia vero o falso, e per provare a farsi una propria opinione, meglio se critica. Bisognerebbe ritrovare il controllo della nostra attenzione allocandola a ciò che veramente ci interessa o potrebbe esserci utile ma come possiamo farlo? Quali strumenti, anche culturali, potremmo oggi usare per questa difficile operazione, non alla portata di tutti?
Fonti
Il testo trae spunto da una segnalazione sulla piattaforma Linkedin di Nicole Morgan che suggeriva la lettura di un testo di Janie Stantonian, pubblicato online nel 2017, e da un lavoro di Angela Arsena (Convivenza digitale, villaggi globali e istinti tribali…..) dell'Università Telematica Pegaso.