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La domanda non è chi dobbiamo temere, la natura o l’uomo. La domanda è: quanto veleno siamo disposti a respirare ogni giorno senza accorgercene? E quanto, di quel veleno, lo stiamo generando noi?


Nella celebre tela di Jacques-Louis David, Socrate è seduto tra i suoi allievi. Il corpo saldo, lo sguardo rivolto al cielo delle idee, la mano già pronta a raccogliere la coppa di cicuta. Ma non la guarda, come se non la temesse. Non si aggrappa alla vita: la affronta, la interroga, la sfida. Il ragazzo che gli porge il veleno ha lo sguardo basso, quasi a voler distogliere gli occhi dalla responsabilità del gesto.

La natura non grida, non si traveste e non inganna. La cicuta, l’aconito, la ricina, la saxitossina: sono lì, da sempre, nei prati, nei semi, nel mare. Letali, sì, ma mai bugiarde. Il loro veleno è parte di un equilibrio millenario. Sono tossiche perché devono esserlo: per difendersi, per regolare, per sopravvivere. Le piante più pericolose spesso sfoggiano fiori splendidi, profumi delicati. Alcune vivono nei giardini pubblici, altre ornano le case. Le guardiamo, le ammiriamo, le fotografiamo.

Ci sono ambienti professionali che somigliano a un campo saturo di pesticidi. Non c’è odore, non c’è fumo, ma l’aria è pesante. Ci sono parole che funzionano come tossine: una battuta acida che paralizza, un silenzio ostile che avvelena, un ordine dato per umiliare che corrode dall’interno. Il veleno del linguaggio si diffonde come la saxitossina nel mare: invisibile, subdolo, difficile da contenere.

La natura ci insegna che il veleno fa parte della vita. Ma l’uomo, solo l’uomo, riesce a rendere tossico il contesto, a trasformare un ecosistema in una prigione. È il veleno che l’uomo semina nei luoghi che abita: in un’azienda dove la competizione sfrenata spegne il talento invece di accenderlo, dove il silenzio è più tagliente di un ordine urlato, dove le riunioni si trasformano in arene e la mail in arma. È il veleno delle parole che paralizzano: un “non sei adatto” detto davanti a tutti, un “abbiamo sempre fatto così” che soffoca ogni idea nuova.
Non serve la cicuta, oggi. Sappiamo fabbricare tossine invisibili: culturali, comunicative, relazionali. La natura ci sfida a riconoscere il pericolo quando si presenta onesto. Ma noi abbiamo creato veleni che non si vedono, che non avvisano, che non danno scampo.

Allora la domanda non è più chi dobbiamo temere, la natura o l’uomo. La domanda è: quanto veleno siamo disposti a respirare ogni giorno senza accorgercene? E quanto, di quel veleno, lo stiamo generando noi?


Pubblicato il 22 ottobre 2025

Felice La Manna

Felice La Manna / Brand Journalist, apprendista padre, agricoltore visionario.

felice.lamanna@yahoo.it