Shutdown. Spegnimento improvviso della macchina dello Stato. Nell’autunno 2025 nel Congresso degli Stati Uniti non si trova l’accordo necessario per approvare il bilancio preventivo per l’anno successivo.
Milioni di americani non ricevono i buoni pasto necessari per sfamare le loro famiglie. Milioni di dipendenti federali, non hanno ricevuto lo stipendio, anche se molti continuano a lavorare. Oltre a ciò, in mancanza di finanziamenti, gli enti pubblici, privi di copertura dei costi correnti, non producono i dati necessari a guidare le scelte di politica economica. In particolare mancano i dati riguardanti il mercato del lavoro.
Giunti al ventinovesimo giorno di Shutdown, Jerome Powell, Presidente della Federal Reserve -la Banca Centrale, cui compete garantire stabilità economica e finanziaria- dice: stiamo "driving in the fog". È un paradosso. Il sistema economico e finanziario statunitense si fonda sulla enorme disponibilità di dati forniti da dispositivi digitali, ed elaborati tramite computer dotati di enorme potenza di calcolo. E ora i dati mancano.
Dopo quarantatré giorni, il 12 novembre, la situazione si sblocca. Ma deve passare ancora un mese prima che tornino disponibili i dati relativi al mercato del lavoro.
Possiamo chiederci perché questi dati sono così importanti.
In sintesi, la risposta è questa: i dati servono per tenere sotto controllo il lavoro umano.
L’economia, si dice, gode di buona salute quando il labour cost, il costo del lavoro, è il più basso possibile. Non esiste, nel modello economico statunitense, diritto al lavoro. Il concetto di contratto di lavoro a tempo indeterminato è sempre più una rarità. La situazione ideale è una condizione di partenza di disoccupazione. Si dà lavoro quando il mercato tira e quando il mercato è debole si lascia il lavoratore a casa.
Dare lavoro alle persone, così come investire in ricerca, innovazione, impianti, permette di guardare al futuro, garantendo la sopravvivenza nel tempo di ogni impresa. Ma tutto questo è considerato irrilevante nel quadro neocapitalista oggi dominante. È molto più conveniente destinare i profitti alla speculazione finanziaria. Le imprese private così passano dall’essere luoghi di creazione di valore all’essere mezzi per l'estrazione di valore. Ogni anno quantità di denaro sempre più ingenti sono sottratte all'economia produttiva per essere giocate in Borsa e per essere investite in prodotti finanziari.
La speculazione finanziaria si alimenta di sé stessa: nuovi prodotti di finanza sono costruiti scommettendo sull’acquisto o la vendita dei prodotti finanziari esistenti, in un circolo speculativo infinito, che si allontana sempre più dall’economia reale, l’economia dove si producono beni e servizi e per questo si offre lavoro.
Quando poi il capitale finanziario investe in attività imprenditoriali, in quali settori investe preferenzialmente? Oggi gli investimenti sono innanzitutto diretti verso l’industria delle nuove tecnologie digitali, in particolare verso lo sviluppo di Intelligenza Artificiale. Cosa è infatti l’Intelligenza Artificiale? Si tratta di sistemi tecnologici destinati a sostituire il lavoro umano. Si sostiene che tra dieci, venti o trent’anni ogni lavoro svolto dall’uomo potrà essere sostituito dal lavoro svolto da Intelligenze Artificiali. Probabilmente sono previsioni azzardate. Ma valgono come minaccia, efficace già oggi. L’Intelligenza Artificiale serve a tenere sotto scacco il lavoro umano. Serve a dire a ogni lavoratore: in ogni momento puoi essere sostituito. Serve a tenere basso il labour cost, il valore del lavoro umano.
Disagio
Per tutto questo un senso di disagio serpeggia tra i manager di tutto il mondo. Il ruolo dei manager consiste del garantire il funzionamento delle imprese, delle organizzazioni. Consiste nel far sì che il sistema socio-tecnico costituito da persone al lavoro e da tecnologie generi valore.
Accade però oggi che l’autonomia decisionale dei manager sia sempre più ridotta, e che il suo lavoro sia sempre più svilito.
Il primo motivo è che la libertà d’azione dei manager è sempre più condizionata da regole di compliance, e cioè vincoli, controlli, standard di riferimento imposti dalla finanza speculativa. Il manager oggi non può gestire l’impresa cercando di produrre valore, basandosi sulle opportunità fornite dalle tecnologie di cui l'impresa dispone, guardando alle opportunità di mercato, rispondendo alle aspettative dei clienti. Il manager è invece costretto ad agire sottostando a regole che giungono ad ogni impresa tramite il sistema bancario. È impossibile per una impresa operare senza il ricorso a servizi bancari. E le banche non sono oggi mezzi per il buon funzionamento dell’economia produttiva. Sono al contrario articolazioni della finanza speculativa. Dettano regole funzionali non alla creazione del valore, ma all’estrazione del valore.
Il secondo motivo consiste nella crescente diffusione di tecnologie destinate non più solo a supportare il lavoro del manager, ma in realtà a sostituirlo. Il lavoratore più minacciato dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale non è il lavoratore manuale, l’operaio, è il manager. È sempre più diffusa, tramite Business School e società di consulenza strategica, l’idea che appositi algoritmi governano l’impresa meglio dei manager.
Il terzo motivo del disagio provato oggi dai manager è, da un punto di vista etico, il più umiliante.
La prima aspettativa rivolta ad ogni manager è: 'comprimi il più possibile il labour cost', il costo del lavoro'. Il sistema remunerativo dei manager è legato ad incentivi: più il manager tiene basso il costo del lavoro, più è pagato. Esiste dunque un indirizzo globale che costringe i manager a tagliare i posti di lavoro.
Il manager, dunque, essere umano, pur sapendo bene che senza la calda e partecipe presenza degli esseri umani qualsiasi organizzazione perde senso; pur sapendo bene che solo il contributo dei lavoratori di ogni ordine e grado garantisce creazione di valore, è costretto a giocare contro, è costretto a mettersi al servizio di un comando lontano dall’impresa, dal luogo dove l’impresa vive e dalla rete sociale alla quale l’impresa appartiene.