“coniunctio solis et lunae est vere in loco capitis aut caudae”
Eravamo inseparabili noi tre; soltanto nelle ore di scuola, non dopo. Per motivi diversi le nostre famiglie non si frequentavano, la nostra amicizia stava tutta nelle aule del liceo classico, arrampicato sulla costa delle montagne in una remota valle della Basilicata. Francesco, Michela ed io chiacchieravamo fitto ogni volta che ci incontravamo; in piedi in equilibrio precario nell’autobus cigolante e aff o l l a t o c h e c i p o r t a v a a s c u o l a t e n e v a m o r i u n i o n i infinite ,bisbigliavamo vicini nei banchi durante le lezioni ,continuavamole discussioni sottobraccio all’uscita da scuola verso le lunghe attese alla fermata per il ritorno. Era arrivata anche sulle nostre montagne l’onda del ’68, e Francesco ci parlava di politica e rivoluzione, forte della lettura dei giornali che ostentava piegati sotto il braccio, mentre io e Michela, che andavamo a messa la domenica col velo in testa, ascoltavamo un po’ scettiche e un po’ affascinate.
La maturità ci aveva separati: partiti tutti e tre per l’Università, in regioni diverse, mi raggiungevano attraverso amici comuni rare notizie dei miei compagni di strada. Michela si sposa col suo amore di sempre, Francesco studia sociologia, si sposa anche lui, ha avuto una figlia. E poi, Michela ha partorito e non ce l’ha fatta, Francesco ha incontrato il suo destino sulla banchina di un treno, un malore improvviso lo ha stroncato.
Il secolo breve ha svoltato, è arrivato il nuovo millennio con un fiume di rivoluzioni, culturali e tecnologiche, internet e i telefonini hanno cambiato le nostre vite. Non è arrivata la rivoluzione politica e sociale che confusamente sognavamo.Una mattina di molti anni più tardi dallo schermo di un computer lampeggia un post sui social nell’account di mia figlia ormai all’Università, un post misterioso e dolente, una giovane donna che scrive un addio al padre perduto in tenera età. Ho chiesto l’amicizia, qualcosa tra le righe mi aveva colpito.
Nel post successivo la conferma: “Sono la figlia di Francesco, ho conosciuto tua figlia. Mi piacerebbe incontrarti”
Così una sera mi sono seduta al bar di una piccola città del Nordafrica, in mezzo ad una folla di soli uomini, nella luce calda di un cielo di fine estate attraversato dai voli di decine di rondini. Mi è venuta incontro una giovane donna alta e sorridente, in compagnia di un uomo giovane:
-Ciao, sono Elisa, lui è Kais. E tu sei Giovanna?
Si sono seduti, abbiamo ordinato tè alla menta e limonata. Per qualche minuto ci siamo studiate, sorprese di essere insieme, arrivate da così lontano.
Poi Elisa ha detto: - hai conosciuto papà al liceo, raccontami.