La ricerca di Pfeffer e Sutton¹ ha identificato questo fenomeno come "knowing-doing gap" - il divario tra conoscenza e implementazione che caratterizza numerose realtà aziendali. Gli autori documentano come organizzazioni dotate di piani strategici dettagliati, budget accurati e personale qualificato continuino a registrare performance deludenti. Il problema non risiede nella mancanza di conoscenze, ma nell'incapacità di tradurle in azione efficace.
Parallelamente, l'evoluzione degli strumenti di project management ha prodotto metodologie sempre più raffinate. L'Earned Value Management, sviluppato dal Dipartimento della Difesa statunitense negli anni '60², rappresenta oggi lo standard internazionale per il controllo integrato di costi, tempi e scope. Eppure, anche progetti che implementano correttamente l'EVM possono fallire se l'organizzazione non è strutturata per trasformare i dati di controllo in decisioni operative tempestive.
L'EVM si fonda su tre parametri quantitativi che forniscono una fotografia oggettiva dello stato progettuale. Il Planned Value (PV) rappresenta il valore del lavoro che dovrebbe essere completato secondo la pianificazione iniziale. L'Earned Value (EV) quantifica il valore del lavoro effettivamente realizzato. L'Actual Cost (AC) misura le risorse economiche effettivamente consumate. La combinazione di questi elementi genera indicatori predittivi: lo Schedule Performance Index (SPI = EV/PV) rivela se il progetto procede secondo i tempi previsti, mentre il Cost Performance Index (CPI = EV/AC) indica l'efficienza economica delle attività svolte.
Consideriamo un progetto reale di sviluppo software con budget di 500.000 euro e durata pianificata di 10 mesi. Al termine del quarto mese, la baseline prevedeva il completamento del 40% del lavoro (PV = 200.000 euro). Tuttavia, l'analisi rivela che è stato completato solo il 30% delle attività (EV = 150.000 euro) con una spesa di 180.000 euro (AC). Gli indicatori risultanti (SPI = 0,75 e CPI = 0,83) segnalano chiaramente ritardi e inefficienze economiche. Proiettando questi trend, il progetto terminerà con 13 mesi di durata e un costo finale di circa 600.000 euro.
Humphreys³ dimostra come l'efficacia dell'EVM dipenda dalla qualità della Work Breakdown Structure e dalla precisione nella definizione delle milestone. La metodologia richiede disciplina nell'aggiornamento dei dati e competenza nell'interpretazione degli indicatori. Tuttavia, molte organizzazioni si limitano a raccogliere i dati senza sviluppare la capacità di agire sulle informazioni ottenute.
Qui emerge il collegamento cruciale con il knowing-doing gap. DeMarco⁴ ha osservato come organizzazioni tecnicamente competenti nell'uso dell'EVM continuino a registrare fallimenti progettuali. Il problema non è metodologico ma organizzativo: i dati di controllo rimangono confinati nei report senza influenzare le decisioni operative. La "trappola della retorica" identificata da Pfeffer e Sutton si manifesta anche nel project management: riunioni dettagliate sui dati EVM sostituiscono l'azione correttiva, creando un'illusione di controllo senza produrre risultati.
La ricerca evidenzia tre fattori critici che impediscono la traduzione efficace dei dati di controllo in azione manageriale. Il primo è la complessità strutturale: molte organizzazioni non riescono a scomporre obiettivi strategici in azioni operative specifiche. Un progetto può mostrare indicatori EVM negativi per mesi senza che vengano implementate contromisure concrete. Il secondo fattore è la confusione tra urgente e importante: l'attenzione si concentra su emergenze immediate piuttosto che su interventi strategici suggeriti dai dati di performance. Il terzo elemento è la rigidità organizzativa: la resistenza al cambiamento impedisce l'adattamento delle strategie in base alle evidenze empiriche.
Alleman⁵ propone un approccio integrato che combina il rigore metodologico dell'EVM con principi organizzativi orientati all'azione. La sua ricerca su progetti aerospaziali ad alta complessità dimostra che il successo dipende dalla capacità di creare cicli di feedback rapidi tra misurazione e decisione. Le organizzazioni eccellenti non si limitano a misurare le performance, ma sviluppano processi strutturati per convertire i dati in interventi operativi.
L'implementazione efficace richiede la revisione dei processi decisionali aziendali. I dati EVM devono essere integrati nei sistemi di governance progettuale, con responsabilità chiare per l'azione correttiva. La definizione di soglie di allarme automatiche e protocolli di escalation predefiniti consente di superare l'inerzia organizzativa. Ad esempio, un CPI inferiore a 0,90 dovrebbe attivare automaticamente una revisione del budget e delle priorità, mentre un SPI sotto 0,85 richiede la rinegoziazione delle milestone con il committente.
La trasformazione culturale rappresenta l'elemento più critico. Le organizzazioni devono sviluppare una mentalità orientata ai fatti, dove le decisioni si basano sui dati di performance piuttosto che su percezioni soggettive. Questo richiede investimenti nella formazione del personale, non solo sugli aspetti tecnici dell'EVM ma soprattutto sui processi di decision-making basati sull'evidenza empirica.
L'adattabilità organizzativa emerge come competenza distintiva. I progetti contemporanei operano in contesti di incertezza crescente, dove la capacità di modificare strategie e tattiche in base ai feedback delle metriche di controllo determina spesso la differenza tra successo e fallimento. L'EVM fornisce gli strumenti per rilevare tempestivamente gli scostamenti, ma solo organizzazioni agili riescono a tradurre queste informazioni in azioni efficaci.
La ricerca empirica conferma che l'integrazione tra metodologie quantitative di controllo e capacità organizzative di implementazione genera risultati superiori. Le organizzazioni che eccellono nel project management non sono necessariamente quelle che utilizzano gli strumenti più sofisticati, ma quelle che sviluppano la capacità di agire sistematicamente sulle informazioni raccolte. In questo contesto, l'EVM diventa parte di un sistema organizzativo più ampio che valorizza la conoscenza attraverso la sua applicazione disciplinata.
Il superamento del knowing-doing gap nel project management richiede quindi un approccio olistico che integri competenze tecniche e capacità organizzative. Solo attraverso questa sintesi è possibile realizzare il potenziale delle metodologie avanzate di controllo delle performance e conseguire l'eccellenza progettuale in contesti caratterizzati da complessità e incertezza crescenti.
Bibliografia
1. Pfeffer, Jeffrey; Sutton, Robert I. The Knowing-Doing Gap: How Smart Companies Turn Knowledge into Action. Harvard Business Review Press, 2000. ISBN: 978-1578511242.
2. U.S. Department of Defense. Earned Value Management System Guidelines. Standard ANSI/EIA-748-C. Documentazione disponibile su: https://www.humphreys-assoc.com/evms/evms-documents/ndia/NDIA_IPMD_Intent_Guide_Ver_C_April292014(a).pdf
3. Humphreys, Gary C. Project Management Using Earned Value. 5ª edizione. Humphreys & Associates, 2025. Disponibile su: https://www.humphreys-assoc.com/product/project-management-using-earned-value-fifth-edition/
4. DeMarco, Tom. Controlling Software Projects: Management, Measurement & Estimation. Yourdon Press, 1986.
5. Alleman, Glen B. Performance-Based Project Management: Increasing the Probability of Project Success. AMACOM, 2014. ISBN: 978-0814433300.