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Le metodologie Agile e Scrum hanno rivoluzionato la gestione dei progetti, soprattutto in ambito software, proponendo un modello basato sull’adattabilità e sul cambiamento continuo. Tuttavia, da una prospettiva filosofica ed epistemologica, questi metodi lasciano emergere una serie di interrogativi profondi.


La mia riflessione vuole andare oltre la semplice critica metodologica, esplorando come diversi filosofi e pensatori abbiano affrontato, nelle loro opere, temi affini: l’ordine e il caos, la stabilità e il cambiamento, il rigore e la flessibilità.

L’Agile, per sua natura, vive nel costante fluire e adattamento, richiamando a tratti l’idea dell’“eterno ritorno” di Nietzsche. Nei progetti Agile, ogni iterazione è come un ritorno ciclico, una costante revisione e riconfigurazione di requisiti, obiettivi e priorità.

Nietzsche vedeva nell’eterno ritorno una sfida all’uomo, una possibilità di accettare l’esistenza come un susseguirsi di momenti senza una fine o un senso assoluto, ma con il valore intrinseco di ogni istante. Analogamente, Agile suggerisce che il valore del progetto non è raggiunto con una conclusione rigida, ma attraverso la continua evoluzione di ogni iterazione.

Questa visione si scontra però con un problema: quando il cambiamento diventa fine a se stesso, si rischia di perdere il senso profondo del progetto. Ogni iterazione, pur portando qualcosa di nuovo, rischia di perdere una direzione complessiva. Agile ha bisogno, come ogni ritorno nietzschiano, di una volontà superiore che guidi e dia un significato a ogni ciclo.

Kant e l’importanza di una struttura stabile: il rigore del metodo "Waterfall"


Se Agile incarna il cambiamento e il ritorno ciclico, il metodo Waterfall è la rappresentazione perfetta dell’ordine causale. Immanuel Kant, nella sua Critica della Ragion Pura, argomentava che ogni conoscenza razionale necessita di una struttura logica e di una sequenza causale per essere comprensibile.

Così, Waterfall è una sorta di “imperativo categorico” per il project management: ogni fase dipende dalla precedente e determina la successiva, permettendo di costruire una solida base di conoscenza e di stabilità.

In un progetto Waterfall, ogni decisione è definita in anticipo, come una struttura trascendentale che permette di raggiungere una verità stabile e ordinata. Questo modello è molto efficace in contesti in cui i requisiti sono ben conosciuti e il cambiamento è visto come una minaccia alla struttura stessa del progetto. Se Agile è la fluidità, Waterfall è il rigore, e ciascuno rappresenta una visione filosofica opposta del mondo.

Il modello incrementale e il pragmatismo di William James

Il metodo incrementale, con la sua capacità di aggiungere valore in modo progressivo, richiama invece l’approccio pragmatico di William James. Secondo James, il valore della verità sta nella sua utilità e nella sua capacità di adattarsi ai contesti. Ogni incremento, nel modello incrementale, è una piccola verità che contribuisce al progetto nella sua interezza, senza sconvolgerne la struttura complessiva.

Un progetto gestito con il modello incrementale, quindi, si sviluppa come una serie di “ipotesi di lavoro” in cui ogni fase aggiunge un piccolo pezzo alla conoscenza complessiva. Questo metodo evita sia la rigidità del Waterfall sia il caos dell’Agile, trovando una via di mezzo pragmatica e utile. Ogni incremento diventa una lezione, un’opportunità per testare la realtà e progredire verso un obiettivo finale.

L’epistemologia del rischio: Popper e il modello a spirale

Nel modello a spirale, troviamo una filosofia del rischio e del progresso continuo che rispecchia la logica di Karl Popper e della sua epistemologia del falsificazionismo. Secondo Popper, ogni conoscenza valida nasce dal processo di formulare ipotesi e sottoporle a test rigorosi, cercando continuamente di falsificarle per raggiungere verità più solide.

Allo stesso modo, il modello a spirale integra il rischio e la revisione costante a ogni passo, permettendo di identificare i problemi prima che diventino irrecuperabili. Ogni iterazione è un test, un esperimento che permette di eliminare le incertezze e di rafforzare le decisioni. Così, il progetto non progredisce attraverso un adattamento casuale, ma tramite un percorso razionale e misurato, che rispecchia il pensiero popperiano: il valore del progresso risiede nella capacità di identificare e mitigare gli errori, non nella ricerca infinita di nuove soluzioni.

Pensare i progetti come sistemi complessi: la visione olistica

Un nuovo modo di concepire i progetti potrebbe essere quello di vederli come “sistemi complessi adattivi”, ispirandosi alla teoria della complessità di pensatori come Edgar Morin. In questa visione, ogni progetto è un’entità che evolve in modo organico, in cui ordine e caos coesistono e interagiscono costantemente. Invece di scegliere tra stabilità e cambiamento, il progetto potrebbe trovare un equilibrio dinamico in cui ogni decisione risponde al contesto e si adatta a esso, mantenendo tuttavia una visione d’insieme.

Ogni progetto è un’entità che evolve in modo organico, in cui ordine e caos coesistono e interagiscono costantemente 


Un sistema complesso non è lineare: non si può prevedere con certezza dove porteranno le scelte fatte in una fase, ma si può favorire una struttura flessibile che consenta al sistema di adattarsi e di crescere in base alle condizioni esterne. In questo senso, il ruolo del project manager diventa più simile a quello di un giardiniere che coltiva il progetto, piuttosto che un architetto che lo pianifica in ogni dettaglio.

Ripensare la gestione dei progetti alla luce di queste riflessioni filosofiche ci porta a immaginare un approccio che integra ordine e cambiamento in modo armonico, come un sistema vivente che cresce e si adatta. Invece di vedere Agile, Scrum, Waterfall o il modello a spirale come alternative esclusive, si potrebbe adottare una visione più olistica e dinamica, in cui ogni metodo offre strumenti per rispondere ai diversi momenti della vita di un progetto.

Una filosofia del project management che riconosce il valore della stabilità kantiana, dell’adattamento pragmatista, della revisione popperiana e della complessità moriniana potrebbe rappresentare una nuova frontiera per il nostro settore. In questo modo, ogni progetto diventerebbe non solo un compito da svolgere, ma un’esperienza di conoscenza, un’opportunità per esplorare la natura stessa del cambiamento e dell’ordine nel mondo.


Bibliografia

  • Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra
  • Immanuel Kant, Critica della Ragion Pura
  • William James, Pragmatismo
  • Karl Popper, Congetture e confutazioni
  • Edgar Morin, Introduzione al pensiero complesso
  • Winston W. Royce, Managing the Development of Large Software Systems, Proceedings of IEEE WESCON, 1970
  • Barry W. Boehm, A Spiral Model of Software Development and Enhancement, ACM SIGSOFT Software Engineering Notes, 1986.
Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / “omnia mea mecum porto”: il vero valore risiede nell’esperienza e nella conoscenza che portiamo con noi