Go down

Una riflessione critica sulle elezioni americane che hanno evidenziato il ruolo della tecnocrazia nel disegnare e controllare gli scenari futuri del mondo. Con effetti collaterali tutti da scoprire, analizzare e valutare. La riflessione critica è necessaria perché la rivoluzione tecnocratica in atto non è stata compresa nella sua radicalità, potenza e profondità.

"E' finita un'epoca! Mettiamoci il cuore in pace!

Come ha scritto la rivista Limes è finita un’epoca. E la fine non è per molti quella desiderata.

Se ne devono fare una ragione, anche perché tutti hanno contribuito a ciò che sta succedendo, dando forma a quello che, con un’analisi a-ideologica, ha raccontato Emmanuel Todd nel suo libro recente: La sconfittta dell’Occidente [1] e io direi anche della democrazia.

La fine di cui parla Limes io la interpreto come il punto di arrivo di due eventi storici (altro che fine della storia): 1989 e il crollo del muro di Berlino, la crisi finanziaria mai finita del 2007/2008. Dal 1989 molti hanno ritenuto arrivato il tempo della fine delle ideologie, del godimento allargato a tutti e del benessere, della felicità e del desiderio, legati alla globalizzazione, al progresso “garantito” e all’abbondanza materiale. Dal 2008, dopo lo shock, si sono fatte strada disillusione, incertezza, insicurezza, ansia, paura.

Intenti a godere non ci si è accorti degli effetti collaterali e dei rischi (riferimento a La società del rischio di Ulrich Beck) che si stavano correndo. La disillusione che ne è derivata ha creato una forte nostalgia dei tempi andati, populismi vari, una generalizzata paranoia, soprattutto il crollo delle utopie e delle speranze ad esse associate.

Tecnologia e Tecnocrazia

Un ruolo fondamentale lo ha giocato la rivoluzione tecnologica, l’arrivo delle piattaforme social, che hanno mutato linguaggio e comunicazione, e l’avvento della tecnocrazia. Si è fatta strada l’idea che l’essenza dell’uomo sia riconducibile a un algoritmo, trasformando il corpo in una calcolatrice (smartphone) il cui schermo comprende il mondo intero.

Si è instillata l’idea che la verità sia solo quella calcolabile e misurabile, quantificabile, non quella che nasce dalla condivisione esperienziale (come si fa a misurare e quantificare l’esperienza?), da pratiche sociali e processuali quali la dialettica e il dialogo [2], utili a dare forma a entità semantiche condivise alla base della comprensione e della interpretazione della realtà, pratiche da perseguire sulla base della ricerca dell’onestà più che della sincerità.

"Una riflessione critica sulla tecnologia è sempre più urgente!"

Si sono imposti una tecno-religione laica e tecno-scientista, riduzionista e atomistica, lontana dalla complessità del NOSTROVERSO, una mistica del progresso e una forma accelerata di liberalismo finanziario insofferente verso la dimensione democratica e solidaristica.  Il tutto reso possibile dalla volontà di potenza e di accelerazione di un apparato tecnico eretto a soggetto della ragione (non dell’intelletto) “di ogni cosa”.

Da tutto questo sono emerse nuove oligarchie (plutocrazie), non più politiche ma economiche e finanziarie, senza valori se non quelli del potere, del dominio, dell’opportunismo e dell’avidità, che hanno portato a una concentrazione di risorse e capitali mai vista nella storia, alla gerarchizzazione piramidale della società, costruita sul conformismo (chi non si adegua è tagliato fuori, anche dall’algoritmo), sulla cultura dei mezzi e la sparizione dei fini (il mezzo diventa l’unico fine) e sull’imbroglio (la neutralità della tecnologia ad esempio), sostenuto dalla narrazione mediale inconsapevole e colpevole dominante, sulla celebrazione malata della meritocrazia.

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Una rivoluzione poco compresa nei suoi effetti

Questa rivoluzione tecnocratica non è stata compresa nella sua radicalità, potenza e profondità.

Non si sono compresi gli effetti: nichilismo e cinismo dominanti, scetticismo e disorientamento, elevazione dei mezzi a unica legge, riduzione dell’umano a macchina strumentale, calcolabile e funzionale, trasformazione delle persone in merci e consumatori (altro che celebrazione della soggettività umana). Uno degli effetti è anche l’emergere di un ceto “intellettuale” e solo in parvenza colto (li chiamavamo un tempo i lavoratori della conoscenza, oggi si sono convertiti ai dati e alle informazioni), asservito, contento, illuso di poter fare, invece di potere e volere agire. Un ceto generosamente premiato per essersi fatto addomesticare e per la sua complicità, la sua servitù volontaria e la rinuncia al libero pensiero, quasi mai dedito alla contrapposizione, alla critica, al pensiero divergente, alla ricerca dell’oltre e dell’altrove per oltrepassare il conformismo dominante.

La tecnocrazia è fatta da tecnocrati

Tecnocrate è anche Elon Musk che ha vinto le elezioni americane e oggi ha la pretesa di incarnare la volontà di coloro che lo hanno eletto, perché lui sa (per loro) cosa sia vero o falso, giusto o sbagliato, dove si debba andare (su Marte?) e cosa si debba fare (innovare, innovare, innovare).

 L'eccessiva concentrazione di ricchezza non fa bene né al mercato né tantomeno alla società.

Concentrati sul progresso continuo e astratto, sulla potenza della tecnica, sull’innovazione necessaria, sulla tecno-scienza (oggi diventata scientismo in molte delle sue forme conformistiche e piegate al dominio tecnocratico), abbiamo distolto lo sguardo dalla “realtà della realtà”, fatta oggi di tante crisi, disorientamento crescente, diffuse povertà, acclarate disuguaglianze, crescenti disagi psichici, abusi di metanfetamine e aumento dei suicidi, brutalità e volgarità del linguaggio, perdita di senso, di valori e di etica, malessere generalizzato che sfocia in tanta e incontrollabile rabbia, in violenza auto-lesionistica, familiare, sociale e politica.

In questa realtà ciò che a me colpisce di più è la mancanza generalizzata di spinte propulsive finalizzate a produrre visioni alternative, a tendere fili ai Arianna utili a costruire e programmare vie di uscita, azioni concrete in grado di determinare in modo diverso gli eventi, cambiandoli. È come se alla società del rischio si sia sostituita la società della rassegnazione dominata da una grande tristezza, che porta a disimpegnarsi, a richiudersi dentro sé stessi, prima ancora che in spazi familiari e quindi considerati sicuri, sereni.

Mi colpisce la perdita di senso e la sparizione dei valori, la celebrazione malata (riduzionista perché non tiene conto dei vissuti di ognuno) e l’accettazione passiva dei valori di tecnocrati che, certi di avere il mondo nelle loro mani, possono oggi raccontare di portare tutti nello spazio (in realtà ci vanno solo loro e i loro amici miliardari), di trasformare il mondo (piste da sci in Arabia Saudita) per il divertimento e godimento di tutti, di programmare un futuro transumanista e della longevità crescente (immortalità?).

A leggere le varie reazioni alla vittoria di Trump, si ha la percezione del game over, della sconfitta.

In realtà questa vittoria dovrebbe fare da pungolo a chi crede ancora nella democrazia e nell’Occidente, per tornare a un impegno attivo, non rassegato ma propositivo, partendo in primo luogo dalle disuguaglianze sociali, dalla ricerca del bene comune, dai diritti sociali (innanzitutto) e civili, dalla crisi climatica che è poi all’origine di tante crisi attuali e tra le tante la più disconosciuta

Per fare questo bisogna però ridare un senso alle intenzioni, lavorare in profondità per riprovare a costruire una visione corretta (olistica e sintetica) del mondo, per ristabilire e/o recuperare valori ritenuti oggi da molti come obsoleti (verità, giustizia, libertà, democrazia, comunità solidarietà, ecc.), da contrapporre a quelli edonistici, consumistici, utilitaristi, opportunistici e senza principi oggi dominanti. I valori che ci servono sono alternativi a quelli prevalenti attuali, sono impregnati di sapienza e saggezza, di razionalità e di tanto buon senso. Per coltivare questi valori servono però le motivazioni giuste e la volontà di ridare un senso alla propria vita e alla propria esistenza. Su tutto domina la necessità di recuperare un’etica che non sia normativa ma soggettiva e inter-soggettiva.

Il problema è come farlo, quando la percezione che si ha è che siamo ormai in un vicolo cieco. Abbiamo bisogno di fare chiarezza, per riuscirci dovremmo abbandonare le allucinazioni delle intelligenze artificiali e quelle a cui siamo indotti per ritrovare le scintille che il nostro essere umani ci regala.


StultiferaBiblio

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – STULTIFERANAVIS Co-founder

c.mazzucchelli@libero.it http://www.solotablet.it

Per l’autore la sconfitta dell’Occidente è duplice. Una sconfitta esterna, la guerra in Ucraina, ma soprattutto una sconfitta interna: il declino demografico, morale ed economico delle società occidentali. Attraverso l’uso della della sociologia, dell’antropologia e dell’economia, Todd pone a confronto le “oligarchie liberali occidentali” con la “democrazia autoritaria russa” per spiegare le ragioni profonde dei cambiamenti geopolitici in atto..  Così facendo chiama in causa le classi dirigenti dell’Occidente, in primo luogo quella degli Stati Uniti, con il conflitto russo-ucraino a fare da lente di ingrandimento e a contrapporre, secondo l’autore, una Russia stabilizzata, di nuovo grande potenza, a un Occidente in preda al nichilismo e in crisi irreversibile di egemonia.
Documentatissimo e basato su cinque decenni di ricerche, lontano dalle approssimazioni che caratterizzano il dibattito su questi temi, La sconfitta dell’Occidente è un contributo di straordinario valore per capire il nostro presente.

Il dialogo è l’antidoto più forte a ogni forma di aggressività e violenza. Dovrebbe essere adottato e praticato da tutti, ma è un antidoto che molti non vogliono sperimentare, così come molti rifiutano il vaccino che potrebbe contribuire a debellare i numerosi virus in circolazione.

Mai come oggi c’è bisogno di dialogo, mai come oggi non dialoghiamo abbastanza.