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Un sistema educativo che promuove il pensiero critico aiuta l’individuo a confrontarsi con l’errore non come un difetto, ma come un segno di sviluppo, un luogo di riflessione. In conclusione, la riflessione sull’errore e sull’intelligenza artificiale ci porta a una comprensione profonda della condizione umana. L’errore non è solo un incidente nel processo di apprendimento, ma una manifestazione della nostra finitezza.


L’errore è una componente inscindibile dell’esperienza umana. La sua centralità non è solo epistemologica, ma ontologica: l’essere umano è ontologicamente esposto all’errore, alla finitezza, alla possibilità di non sapere, di non comprendere, di fallire. In questo senso, l’errore non è una mera deviazione dal giusto, ma un passaggio necessario e fondante nella crescita individuale e collettiva.

Tuttavia, con l’avanzare delle tecnologie digitali e l’integrazione sempre più pervasiva dell’intelligenza artificiale (AI) nel nostro quotidiano, il ruolo dell’errore nell’apprendimento umano si trova messo in discussione. Se l’AI, in quanto sistema basato su algoritmi e modelli predittivi, ha la capacità di eliminare o correggere l’errore, che cosa accade alla formazione dell’individuo in un contesto in cui l’errore viene “rimosso” dal processo di apprendimento? E quale spazio rimane per lo sviluppo della zona di sviluppo prossimale, se l’AI tende a ridurre la distanza tra ciò che l’individuo sa e ciò che può fare, anticipando la risposta corretta?

non siamo esseri onniscienti e infallibili

L’Errore come Dimensione Ontologica della Finitezza Umana

Il concetto di errore ha una dimensione che va ben oltre il semplice atto di sbagliare, ed è, anzi, una manifestazione della nostra finitezza.

Da un punto di vista ontologico, l’essere umano è in grado di apprendere, ma sempre in un orizzonte di limite, di imperfezione: non siamo esseri onniscienti e infallibili, e proprio nella nostra imperfezione possiamo esplorare, sbagliare, correggere, riflettere e, infine, crescere. È l’errore che ci permette di accedere a una forma di consapevolezza che non sarebbe possibile se vivessimo in un mondo perfetto e senza sbagli. L’errore diventa così un elemento costitutivo della condizione umana: un’opportunità di crescita, un’occasione per fare esperienza di noi stessi e degli altri, e un passaggio fondamentale nel nostro cammino esistenziale.

Se, da un lato, questa visione ci pone in relazione con la nostra finitezza, dall’altro ci impone di prendere coscienza del nostro potenziale di sviluppo. L’errore non è un fallimento, ma il segno di un movimento, di un processo in atto, un momento in cui l’individuo si spinge oltre il suo attuale stato di conoscenza, provando a superare il limite che lo definisce.

L’Intelligenza Artificiale e la Rimozione dell’Errore

Le intelligenze artificiali, come quelle che stanno diventando sempre più comuni nel nostro quotidiano, hanno una caratteristica distintiva: sono progettate per ottimizzare i processi, eliminare il margine d’errore e correggere ogni imprecisione. In un contesto educativo (ma ci dovremmo interrogare, a questo punto, sul significato profondo del termine), ciò si traduce in un approccio che punta a fornire risposte immediate e precise, senza alcuna necessità di esplorare la difficoltà che l’errore porta con sé. L’AI non è esposta alla finitezza e lavora attraverso un’analisi predittiva basata su dati e modelli, e la sua logica di funzionamento è quella di ridurre al minimo l’incertezza. 

Se il pensiero umano è indissolubilmente legato all’errore come momento di crescita, la prospettiva di un mondo in cui l’errore viene continuamente minimizzato dalle AI solleva importanti interrogativi.

Se l’individuo è guidato da un sistema che gli offre continuamente risposte corrette senza dover confrontarsi con l’imperfezione, quale spazio rimane per il pensiero critico? Come può l’individuo esercitare il proprio pensiero, se le risposte gli vengono già preconfezionate? E soprattutto, quale posto rimane per il dubbio, l’interrogativo, la contraddizione, tutti elementi che sono essenziali per la costruzione di un pensiero veramente originale?

L’errore non è un ostacolo da eliminare, ma un segno di progresso

La Zona di Sviluppo Prossimale e il Ruolo dell’Errore nell’Apprendimento

La teoria della zona di sviluppo prossimale (ZPD) di Lev Vygotskij offre una visione fondamentale per comprendere il processo di apprendimento. La ZPD è lo spazio in cui un individuo si trova tra ciò che sa fare autonomamente e ciò che può fare solo con l’aiuto di un altro più esperto. In questo spazio, l’errore assume una funzione cruciale: esso indica un punto di tensione tra ciò che l’individuo è in grado di fare e ciò che sta cercando di fare. L’errore non è un ostacolo da eliminare, ma un segno di progresso, un segnale che il pensiero sta evolvendo, che una nuova competenza sta per emergere.

Tuttavia, se l’AI elimina il margine d’errore e ottimizza continuamente il processo, la ZPD diventa un territorio in cui la distanza tra il soggetto e l’obiettivo si riduce a tal punto che l’apprendimento rischia di perdere la sua dimensione più profonda. Se l’individuo non è messo di fronte al proprio limite, se non esplora il suo errore, se non è sfidato a superare le proprie difficoltà, allora il processo di crescita cognitiva e personale diventa meccanico e privo di quel movimento autentico che lo caratterizza.

Il concetto di scaffolding di Bruner: l’interscambio umano nell’apprendimento

Un altro concetto fondamentale che ci aiuta in questa riflessione sulla dimensione umana nell’apprendimento è quello dello scaffolding, teorizzato da Jerome Bruner nel 1976. Lo scaffolding è quel processo di supporto che un adulto o un esperto offre a un apprendista (lo psicologo l’aveva pensato osservando i bambini) per aiutarlo a compiere attività che da solo non riuscirebbe a svolgere. La visione di Bruner sull'apprendimento dei bambini evidenzia il ruolo cruciale svolto dagli adulti e dalla strutturazione dell'ambiente di apprendimento.

Secondo Bruner, quando i bambini iniziano ad acquisire nuovi concetti, hanno bisogno di un supporto attivo e di un'assistenza da parte degli insegnanti e delle figure adulte di riferimento. All'inizio, i bambini dipendono fortemente da questo sostegno adulto, che funge da impalcatura per il loro processo di crescita e di sviluppo cognitivo. Tuttavia, man mano che il bambino diventa più indipendente nel suo modo di pensare e acquisisce nuove abilità e conoscenze, questa impalcatura può essere gradualmente rimossa.

La metafora dell'impalcatura cattura in modo efficace la natura del processo di scaffolding, ovvero di quell'interazione strutturata tra il bambino e l'adulto. L'impalcatura rappresenta una riduzione delle possibili scelte e opzioni a cui il bambino potrebbe essere esposto, consentendogli così di focalizzarsi esclusivamente sull'acquisizione della specifica abilità o conoscenza richiesta in quel momento. Questo supporto è fondamentale perché non si limita a correggere l’errore, ma stimola il pensiero critico e la riflessione, incoraggiando l’apprendente a superare i propri limiti.

Nel caso delle AI, sebbene possano offrire risposte e correzioni, esse mancano della capacità di stimolare attivamente l’apprendimento attraverso il pensiero critico. L’AI non può porre quelle domande provocatorie che spingono un individuo ad esplorare nuovi orizzonti o ad affrontare le proprie incertezze. Se il processo di scaffolding si basa sull’interazione e sul dialogo, l’AI non può replicare quella dimensione interpersonale e dinamica che permette la crescita autentica dell’individuo. 

Reverse Mentoring: l’interscambio umano che l’AI non può sostituire

Un ulteriore concetto che aiuta a comprendere i limiti delle AI nell’apprendimento è quello del Reverse Mentoring (Rosati et al., 2024). In questo modello, i giovani, con la loro prospettiva e il loro approccio innovativo, assumono il ruolo di mentori nei confronti di individui più anziani o più esperti. In questa relazione, il processo di insegnamento e apprendimento non è unidirezionale: entrambi i partecipanti sono coinvolti in un apprendimento reciproco, dove il mentore e il mentee condividono esperienze, conoscenze e riflessioni: si crea un dialogo intergenerazionale che stimola la crescita, la curiosità e la messa in discussione reciproca.

È un processo che spesso sfida i preconcetti, promuove la crescita personale reciproca e consente di mettere in discussione modelli di pensiero tradizionali. Questa relazione dinamica si fonda su uno scambio che va oltre il semplice trasferimento di informazioni. Il Reverse Mentoring, infatti, crea un dialogo intergenerazionale, dove la creatività, la prospettiva nuova, la messa in discussione delle vecchie abitudini e l’empatia sono elementi essenziali.

È un luogo in cui l’esperienza di vita e le intuizioni individuali si intrecciano, dove anche il “mentor” può imparare dai giovani, comprendendo aspetti della realtà che gli erano ignoti o che non avevano mai preso in considerazione. Le AI, pur avendo la capacità di fornire feedback rapidi e soluzioni pratiche, non sono in grado di partecipare a una relazione di crescita, crescita che presuppone una dimensione emotiva, una condivisione di esperienze individuali e una riflessione critica sull’altro.

Mentre un giovane può insegnare al proprio mentor attraverso un’esperienza personale, arricchita da una prospettiva unica e vissuta nel contesto specifico del presente, l’AI non possiede un’esperienza di vita o una prospettiva umana. Non c’è nessun apprendimento relazionale tra l’AI e l’umano che vada oltre una risposta algoritmica. 

la risposta non può che risiedere nell’educazione al pensiero critico e filosofico

Conclusioni: L’Errore come Chiave della Libertà Umana

Di fronte a questa sfida, la risposta non può che risiedere nell’educazione al pensiero critico e filosofico, fin dalle scuole primarie. Se l’AI può rendere l’apprendimento più rapido e facile, non potrà mai sostituire la necessità di educare l’individuo a pensare in modo indipendente, a mettere in discussione ciò che gli viene proposto, a vivere l’errore come un’opportunità di crescita. Immaginare una scuola che, fin dalle prime fasi, promuova una riflessione costante sul pensiero, sul dubbio, sulla domanda, sulla contraddizione, significa coltivare un pensiero libero e creativo che non si lascia ridurre a una semplice reazione agli stimoli esterni.

Questo tipo di educazione è essenziale per mantenere viva la dimensione umana del pensiero, per preservare la capacità di generare intuizioni nuove e di rompere gli schemi esistenti. Un sistema educativo che promuove il pensiero critico aiuta l’individuo a confrontarsi con l’errore non come un difetto, ma come un segno di sviluppo, un luogo di riflessione. In conclusione, la riflessione sull’errore e sull’intelligenza artificiale ci porta a una comprensione profonda della condizione umana. L’errore non è solo un incidente nel processo di apprendimento, ma una manifestazione della nostra finitezza. In un mondo sempre più dominato dall’AI, la sfida non è solo quella di sfruttare la tecnologia per ottimizzare l’apprendimento, ma di preservare il valore dell’errore come strumento di crescita e di pensiero libero.

Solo così l’essere umano potrà continuare a evolversi, non come mera macchina che produce risposte, ma come essere capace di pensare criticamente, di riflettere profondamente e, soprattutto, di meravigliarsi davanti alle proprie intuizioni.


 

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Pubblicato il 20 febbraio 2025