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Una lettura fenomenologica di “Bullet in the Brain” di Tobias Wolff


Il racconto di Tobias Wolff, Bullet in the Brain (1995), si apre con la voce ironica e impaziente di Anders, un critico letterario incapace di sospendere il giudizio.

Tutto in lui è argomento: l’esperienza quotidiana è immediatamente tradotta in commento, la realtà filtrata da una griglia di disprezzo intellettuale. Wolff costruisce in poche pagine una caricatura tragica della mente iper–razionale, incapace di percepire senza interpretare, di esistere senza linguaggio.

Quando Anders entra nella banca e si trova nel mezzo di una rapina, continua a esercitare la sua lucidità corrosiva: nota i cliché dei rapinatori, corregge mentalmente le loro battute, ride del loro linguaggio. È ancora il regno del logos: la realtà è ridotta a rappresentazione. Poi il colpo parte. E in quell’istante, il linguaggio si dissolve. Non per distrazione o trauma, ma per una trasformazione ontologica: Anders cessa di pensare il mondo, e il mondo lo attraversa. La realtà accade a lui, senza che egli possa argomentarla.

L’ironia, forma suprema del controllo intellettuale, si spegne di colpo. Il pensiero non precede più l’essere: l’essere, brutalmente, lo travolge. La sezione finale del racconto si svolge nel tempo infinitesimale in cui la pallottola attraversa il cervello del protagonista.

Wolff sospende la cronologia: il tempo fisico si dilata, diventa durée pure, un lampo fenomenologico. È qui che il racconto rivela il suo nucleo filosofico: la realtà non è una sequenza di eventi, ma un atto immediato in cui la coscienza si fa trasparente alla sua origine. Non è un ritorno alla vita, ma un ritorno al reale. L’argomento si ferma — e l’essere emerge.

Ciò che resta è un frammento di memoria non intellettuale: il ricordo infantile di un pomeriggio, di una voce che pronuncia “Shortstop!”, e di un senso di gioia assoluta. Questo ricordo non significa nulla, non ha morale, non è simbolico: è l’apparizione pura del reale nella mente che muore. Il bambino Anders non interpreta, non giudica, non analizza. Sente.

Nel ritmo della parola — “shortstop” — si concentra l’intero universo dell’accadere: il suono, la luce, il corpo, l’aria, l’istante. È l’esperienza pre-linguistica, o meglio: quella forma originaria del linguaggio che non argomenta, ma canta. In questo senso, Wolff sembra toccare un principio fenomenologico profondo: ciò che chiamiamo realtà non è una “cosa” che possiamo conoscere, ma un modo dell’apparire.

Quando l’intelletto tace, la realtà si mostra nella sua forma più povera e più piena. Il colpo di pistola è solo un dispositivo narrativo per far collassare il pensiero riflessivo, e permettere al mondo di manifestarsi come pura presenza. Husserl parlerebbe di ritorno alle cose stesse. Merleau-Ponty lo chiamerebbe il corpo come apertura originaria al mondo. Wolff lo fa accadere narrativamente: attraverso il trauma, restituisce al linguaggio la sua condizione di silenzio.

La pallottola, in Wolff, non è soltanto un evento fisico, ma un atto di rivelazione: è la realtà che interrompe l’argomentazione. Il proiettile è l’antidoto alla logorrea del pensiero, al dominio del segno sul vissuto.

Come nelle riflessioni di Jean-Luc Marion sulla donazione del fenomeno, ciò che si dà veramente si dà senza perché. Il reale non spiega: si dona. In questo senso, il racconto diventa una parabola post–metafisica: la conoscenza più profonda non nasce dall’analisi, ma dall’impossibilità dell’analisi. Il sapere più vero non è discorsivo, ma esperienziale; non si costruisce, si riceve. E questa ricezione accade solo quando il soggetto smette di imporsi come misura delle cose. L’arte di Wolff coincide con la riflessione che nessuna ontologia può specchiarsi nella realtà, perché ogni specchio presuppone distanza, e la realtà è ciò che non permette distanza.

Nel momento in cui Anders ricorda — e non giudica — il mondo non è più fuori di lui: lo attraversa, lo abita.

L’esperienza, depurata dal pensiero, diventa pura immanenza. “La realtà non argomenta: accade.”


Pubblicato il 27 ottobre 2025

Frida Riolo

Frida Riolo / Strategic Innovator | Design Thinking |

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