Un telefono pieno di foto, nessuna di queste recente. Trentacinque anni, un lavoro nell'azienda di famiglia, e un rimpianto: la rottura con Giulia, avvenuta cinque anni prima per piccole sciocche testardaggini di entrambi.
Aldo era seduto in un vecchio caffè in un quartiere di un centro storico, poco turistico, dove il tempo sembrava essersi fermato. Stava sfogliando il suo taccuino pieno di schizzi da geometra quando, nell'aprire l'astuccio (gesto che ripeteva almeno dieci volte al giorno), fu stranito dal trovarsi un pennarello verde che non riconosceva.
Come era finito lì? Lo aveva preso per distrazione da qualche scrivania non sua? Gli sembrava del tutto improbabile, conoscendosi. Poi perché proprio un pennarello verde? Lui detestava il verde e comunque non avrebbe mai usato un pennarello, neanche per un appunto veloce. Lo prese in mano.
Cercò di capire ma, non appena lo toccò, si sentì attraversare da un brivido, una vibrazione che gli partì dal petto e certamente non per il freddo. Guardò il taccuino. Il pennarello aperto gli scivolò dalla mano e cadde di punta sulla pagina bianca.
Che fastidio! Un punto verde, una macchia verde, sul suo quaderno che non dava a nessuno il permesso di toccare. E ora guarda lì! Si disse che ormai era meglio scrivere qualcosa per coprire il punto indesiderato, impugnò quel mascalzone (così lo stava chiamando nella sua testa, come a personificarlo, per dargli la colpa di aver sporcato i suoi fogli) ma accadde qualcosa di ancor più strano: iniziò a scrivere con una grafia fluida e tondeggiante, non sua, una frase che nemmeno era la sua! "Non recriminarti che ho scelto di andarmene, la nostra storia era ormai solo un film di fantasia e meritava un finale reale".
La frase svanì immediatamente, lasciando la pagina nuovamente linda. Aldo rimase senza fiato. Quella era la lettera che Giulia non gli aveva mai inviato. Si fermò qualche istante, come disorientato, poi potè solo decidere di non pensarci più; forse era stato una specie di sogno ad occhi aperti.
Arrivò in ufficio, avviò la sua routine, appoggiò l'astuccio sulla scrivania - la vecchia scrivania del nonno - lo riaprì per iniziare a lavorare, rivide quell'intruso di un pennarello, lo prese e, come guidato da una forza aliena, vide la sua mano scrivere, in una grafia elegante e ricercata: "Sono fiero di te, so che tu non farai i miei errori, tu sai farti voler bene dai collaboratori, io ero autoritario e arrogante". Era la frase che il nonno avrebbe voluto dirgli, ma l'orgoglio non glielo aveva permesso. Da non credere! Ma che stava succedendo?
Mentre si aggirava per la stanza, interdetto, lo sguardo gli cadde sulla foto di sua madre che teneva in libreria da quando non c'era più, portata via da quel male che non le aveva lasciato scampo, sei mesi prima. Stavolta prese il pennarello con intento, girò la foto e si accinse a scrivere sul retro. Si scoprì ad appuntare, con una grafia timida, poco marcata, queste parole: "La malattia mi spaventa tantissimo ma non voglio pesare su di te, hai bisogno di serenità".
Mentre una lacrima gli attraversava il viso, anche questo testo svaniva, lasciando in Aldo una sensazione di chiarezza che riusciva ad essere al contempo dolorosa e liberatoria. Appoggiò il pennarello verde, prese il suo quaderno e la sua penna, si disse che ora toccava a lui. Scrisse una lettera a Giulia. Non per chiederle di tornare, ma per dirle tutto ciò che non le aveva detto prima.
Semplici parole: scuse, gratitudine. Non la inviò. La tenne in tasca per un giorno poi, alla sera, la strappò in piccoli pezzi, sentendo un altro peso sollevarsi dal cuore. Il giorno dopo, il telefono squillò. Era Giulia.
Si trovava in città per lavoro e aveva voluto chiamarlo per un saluto. Non si sentivano da allora, da cinque anni. "È strano", gli disse Giulia - con quella voce che a lui era mancata più di ogni altra cosa - "ma oggi mi sono svegliata con una strana sensazione di pace, come se qualcosa fosse stato finalmente risolto tra noi. Non tornerei più con te ma volevo dirti che non ti serbo rancore e che ti voglio bene". Aldo sorrise, le rispose semplicemente, col cuore colmo di affetto, e una gioia che non provava da tempo: "Anch'io".