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Nel 1998, Andy Clark e David Chalmers scrivevano che la mente si estende oltre il cervello. È un sistema distribuito, fatto di neuroni e di taccuini, di sinapsi e smartphone. Un’idea visionaria, oggi più attuale che mai.


La nuova generazione di intelligenze artificiali non rappresenta solo una “tecnologia” da regolare. È un’estensione cognitiva che si insinua nei nostri modi di pensare, scrivere, ricordare, progettare. Non è uno strumento. È una protesi mentale.

In un recente articolo pubblicato su Nature Communications, Clark lo dice chiaramente: i sistemi generativi vanno considerati come parte del nostro ecosistema cognitivo. Non sono entità “aliene” ma segmenti delle nostre reti neurali estese. Pensiamo con loro, tramite loro, talvolta non pensiamo affatto.

Ed è questa la vera questione.

Perché il problema non è che l’AI ci rende stupidi.
Il problema è che ci rivela quanto già prima lo fossimo diventati in un contesto informativo saturo, frammentato, addestrato a generare risposte istantanee e non riflessioni.

Il pericolo non è l’intelligenza artificiale. È l’assenza di un’intelligenza umana capace di guardarla in faccia, interrogarla, modularla, integrarla senza esserne dominata.

Serve uno sguardo nuovo, serve una coscienza estesa, all’altezza della mente estesa che stiamo diventando.

Articolo: “Extending Minds with Generative AI” - Nature Communications, 2025 https://lnkd.in/dSrzPggY

Qui una sua traduzione in lingua italiana


Pubblicato il 26 luglio 2025

Carlo A. Bachschmidt

Carlo A. Bachschmidt / Architect | Director | Image-Video Forensic Consultant

carlogenoa@gmail.com