La comunicazione è cambiata, si è trasformata in video-comunicazione-Tik-Tok, la cittadinanza è evaporata dentro le piattaforme, si naviga surfando abbandonandosi alle onde (algoritmi), gli sguardi non comunicano più, si sono svalutati, non si legge più, le nostre facoltà percettive si sono addormentate, lo studio e la conoscenza nulla possono contro la brutalità del linguaggio e la barbarie emergente.
Tutto ciò descrive la superficie, che lascia però intravedere ciò che accade nel profondo: un addomesticamento costante delle nostre vite, evidenziato da comportamenti omologati, pensieri conformistici e coincidenti, abitudini diffuse, ricerca di gratificazioni continue e semplificazioni linguistiche, di tutto ciò che non comporta fatica, compresa quella intellettiva/intellettuale.
Un addomesticamento che ci impedisce di valutare la qualità della nostra vita e ci invita con urgenza a cambiarla, sia essa individuale, sociale e relazionale.
Il cambiamento, se ancora possibile, è prima di tutto individuale, suggerisce di provare a migliorarsi, a studiare di più, a formarsi, ad acquisire conoscenze e a non farsi bastare semplici informazioni, richiama tutti ad avere maggiore cura di sé. Solo così si può, forse, recuperare l’immaginazione e ricreare spazi utili ai desideri.
Qualcosa di diverso rispetto ai bisogni che molti si premurano oggi di soddisfare in termini di consumo, merci, gioco, divertimento, informazioni, facilitazioni e semplificazioni, ecc.
Addomesticati come siamo, complici della servitù volontaria a cui siamo indotti, senza alcun aiuto, perché anche Dio è morto da tempo, rischiamo oggi di vivere come zombie (morti), di muoverci come si muovono gli avatar che usiamo per i nostri giochi online, di ritrovarci incapaci a dedicarsi a noi stessi e agli altri, di ritrovarci ad avere bisogno di stampelle ogni qualvolta si abbandonano videogiochi, APP o piattaforme.
Il non addomesticamento passa per una formazione organica, una capacità di giudizio trasversale, la curiosità e avere molti interessi, la saggezza."