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Quando mi dicono che la Sophia e lo studio della filosofia è solo mera teoria  e non fa parte della vita di tutti i giorni un sorriso divertito si palesa sul mio volto.

Nella mia vita infatti diviene quello strumento necessario, con l’accezione  greca del termine, per  rapportarmi con il mondo in modo pratico e concreto, per mettere in pratica quella cura del sé di stampo Focultiano che mi è diventata così cara. 

Per questo proprio in questi giorni,  per accadimenti personali, ho trovato utile soffermarmi sul rapporto rabbia e thymós


Nel pensiero greco antico, parlare di rabbia senza distinguere le sue forme significa perdere una parte essenziale del problema. Per questo è necessario partire dal thymós.
θυμός (thymós) indica il soffio vitale che si accende: energia affettiva, slancio, forza reattiva. É la sorgente dinamica da cui nascono coraggio, indignazione, passione e anche collera. Il thymós è ciò che muove all’azione. Thymós è anche la rabbia che eccede, che sgretola le parti dell'animo è irruenza, ardore che trabocca e perde misura.

La rabbia nella lingua greca ha più sfumature: ὀργή (orgḗ)

È la rabbia che nasce da un’ingiustizia percepita. É risposta morale, reazione proporzionata a una violazione: μῆνις (mênis)

È la collera assoluta, duratura, distruttiva (quella di Achille). Non cerca riparazione, ma annientamento. Quindi non ogni rabbia è patologica. Per Platone, come già sottolineato nel post precedente a questo, il thymós è una parte necessaria dell’anima. È ciò che si indigna, che prova vergogna, che difende il giusto. Guidato dal logos, diventa forza etica; separato dalla ragione, degenera in violenza o risentimento.

Aristotele è ancora più chiaro: la rabbia non va eliminata, ma educata. Esiste una rabbia giusta, al momento giusto, verso la persona giusta. L’eccesso e il difetto sono entrambi forme di disordine del carattere.

Dal punto di vista pedagogico, il thymós è energia formativa.

Ogni processo di crescita implica attrito, frustrazione, opposizione, conflitto. Senza questa carica affettiva, non c’è apprendimento autentico, ma adattamento passivo.

La rabbia è agito distruttivo quando: non trova parole,non incontra strutture, non viene riconosciuta come segnale, o può essere energia trasformativa quando è contenuta, nominata, orientata.

Educare non significa spegnere la rabbia, ma insegnare a starci dentro senza esserne travolti.

Psicologicamente, la rabbia è un indicatore. Segnala un confine violato, un bisogno ignorato, un valore minacciato. Quando viene repressa, tende a riemergere in forme disorganizzate: acting-out, aggressività passiva, somatizzazione.

Quando invece viene riconosciuta e integrata, diventa forza di differenziazione del sé. Non distrugge: separa ciò che non è più tollerabile, permette un riassetto interno.

Il problema non è la rabbia, ma la sua assenza di simbolizzazione e della sua trasmutazione.
In conclusione come sempre mi risuona nell'animo quel Μηδὲν ἄγαν delfico come massima esistenziale.


 

Bibliografia

A cura di G. Reale e Roberto Radice, Platone, Repubblica, Bompiani, 2009

A cura di Giovanni Reale , Platone, Fedro, Bompiani,2000

A cura di Claudio Mazzarelli, Aristotele, Etica Nicomachea, Rusconi,Milano 1979

A cura di Armando Plebe, Aristotele , Retorica, Laterza, Bari 1961

  1. G. Jung , Tipi psicologici, Newton Compton, 1975

James Hillman, traduzione di Adriana Bottini, Il codice dell’anima, Adelphi, 2014

 John Dewey  Esperienza ed educazione,  Cortina Editore 2014

 

Pubblicato il 21 dicembre 2025

Benedetta Mastroviti

Benedetta Mastroviti / Educatrice Professionale