Sono un ingegnere informatico profondamente convinto che la tecnologia, se guidata dall’umanesimo digitale, possa diventare lo strumento più efficace per democratizzare il sapere e potenziare l’apprendimento continuo. Negli ultimi anni mi sono specializzato nel campo dell’intelligenza artificiale, lavorando con passione per supportare studenti e professionisti nell’affrontare la rivoluzione scientifica che stiamo vivendo. La mia visione si fonda su un paradigma chiaro: l’apprendimento continuo è imprescindibile per comprendere e gestire la complessità del mondo odierno. In questo contesto, ritengo che l’alfabetizzazione sull’AI non sia solo una competenza tecnica, ma anche un prezioso strumento di crescita culturale e di consapevolezza critica.
L’eredità di Bergoglio: l’uomo al centro, anche nell’era dell’Intelligenza Artificiale
Se c’è una frase che mi ha folgorato negli ultimi anni, mentre cercavo di conciliare il mio amore per la tecnologia con la mia ossessione per un futuro più umano, è stata quella di Bergoglio al G7: “𝑳’𝒖𝒐𝒎𝒐 𝒏𝒐𝒏 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒄𝒊𝒃𝒐 𝒑𝒆𝒓 𝒂𝒍𝒈𝒐𝒓𝒊𝒕𝒎𝒊”. Oggi, mentre il mondo piange la sua scomparsa, voglio ricordarlo così: come il Papa dell’Innovazione, il primo Pontefice tech-aware che ha osato mettere in guardia i potenti sull’IA con la stessa urgenza con cui parlava di povertà e guerre.
I'm not afraid of time, I'm afraid of updates
I have always lived between two worlds. On one side there is the warm silence of ancient texts, that scent of yellowed paper and eternal thoughts; on the other, the continuous noise of progress, made of bright screens, algorithms and infinite updates. I am a digital humanist, a definition that has often seemed like an oxymoron to me, but that over time I have learned to embrace as an intimate and indispensable truth.