TESTI
Umano, troppo umano?
Chi ha il potere di definire cosa sia “umano”? Chi stabilisce i criteri per cui una macchina è “utile” o “dannosa”? Chi decide quali funzioni umane devono essere automatizzate e quali preservate?
Gen Z: Oltre l’Alfabeto, Verso il Futuro Digitale!
Siete pronti per una avventura di apprendimento senza fine? Allora, spegnete i vostri schermi (dopo aver letto questo messaggio, ovviamente ), uscite e create qualcosa di straordinario! Il mondo vi sta aspettando, e non vede l’ora di vedere cosa imparerete e creerete!
I'm not afraid of time, I'm afraid of updates
I have always lived between two worlds. On one side there is the warm silence of ancient texts, that scent of yellowed paper and eternal thoughts; on the other, the continuous noise of progress, made of bright screens, algorithms and infinite updates. I am a digital humanist, a definition that has often seemed like an oxymoron to me, but that over time I have learned to embrace as an intimate and indispensable truth.
L'Illusione della giovinezza eterna
In questo nostro peregrinare attraverso le tortuosità del tempo digitale e le ambiguità del valore umano nel mercato del lavoro, forse non sarà inutile volgere lo sguardo a quelle voci che, attraverso i secoli, hanno saputo offrire un faro di lucidità e di serena fermezza. Tra queste, risplende con particolare intensità l'eco dei pensieri di Marco Aurelio Antonino, imperatore romano e filosofo stoico, raccolti nella sua opera immortale, "Le Meditazioni". Questo testo, lungi dall'essere un trattato sistematico, si presenta come un intimo dialogo che tocca le corde profonde dell'esistenza: la natura effimera delle cose terrene, l'importanza ineludibile della virtù come unico vero bene, la necessità di accettare con distacco ciò che non dipende dal nostro volere, e la preminenza della ragione come guida nel labirinto delle passioni e delle avversità.
Per un bene fragile e necessario. Una conversazione con Gianfranco Refosco intorno al concetto di formazione.
In un’epoca attraversata da mutamenti profondi e spesso disorientanti, la questione della formazione degli adulti non può più essere pensata solo in termini di riqualificazione o adeguamento al mercato del lavoro. Ciò che oggi è in gioco riguarda il senso stesso del vivere associato, il rapporto tra soggettività e sapere, il diritto a una cultura che accompagni le trasformazioni senza rinunciare alla complessità.
L’inevitabile importanza del fallimento nella vita umana
Il fallimento è spesso vissuto come un’ombra minacciosa, un ostacolo da evitare a ogni costo. La società celebra il successo, spingendoci a temere l’errore e a nascondere le cadute. Eppure, il fallimento è una componente essenziale della crescita e dell’apprendimento. Senza errori, non esisterebbe il progresso. Senza sconfitte, non ci sarebbero trionfi. Come sottolineano studiosi e filosofi, il fallimento non è solo una tappa della vita, ma uno strumento fondamentale per lo sviluppo umano.
Scrivere bene non è solo una questione di stile: è un atto di governance.
Non è il mestiere che nobilita l’uomo, ma la capacità di attribuirgli un senso. In ambito organizzativo, questa capacità si traduce nella costruzione di strutture narrative condivise: la documentazione non è un atto secondario, bensì il fondamento dell’identità cognitiva di un’impresa.
Inutile chiedersi se i sottomarini sanno nuotare 3/3 - Una recitazione impeccabile ma piatta
Negli umani ogni atto linguistico si intreccia con un vissuto corporeo e relazionale. I neuroni a specchio, ad esempio, attivano nel soggetto che osserva la stessa disposizione motoria o emotiva di chi agisce o parla. Questi neuroni sono considerati fondamentali per l’intersoggettività umana e l’empatia, perché creano una forma di risonanza diretta, corporea, che precede e sostiene la comprensione cognitiva.
Inutile chiedersi se i sottomarini sanno nuotare 1/3 - L’idea di ragionamento nella tradizione filosofica
Lo stato dell’arte della ricerca scientifica conferma che ancora oggi i LLM, pur essendo ormai di dimensioni ciclopiche, si limitano ad eseguire catene di inferenze e simulare processi deduttivi, ma lo fanno tramite aggregazioni statistiche di percorsi appresi, senza autentica comprensione o coerenza concettuale autonoma. Siamo in grado di trasferire facilmente questa capacità a modelli più piccoli, facilitandone la diffusione, ma questa resta più dipendente dalle strutture logiche apprese, che dal contenuto specifico: il rimescolamento o la cancellazione dei passaggi logici causano un degrado delle prestazioni. Questo conferma l’impossibilità da parte dei LLM di giocare al gioco linguistico della vita. Il rischio, allora, non è che le macchine diventino più umane, ma che noi si finisca per adattarsi a una forma di linguaggio priva di radici nella vita reale, perdendo dimestichezza con il pensiero critico, l’ascolto, l’interpretazione.
Inutile chiedersi se i sottomarini sanno nuotare 2/3 - Reasoning Model: un termine da interpretare
Se non sono concetti definiti in modo condiviso quando riferiti agli uomini, che senso ha riferirsi alle macchine con termini come “intelligenza” o “ragionamento”? Per riprendere Dijkstra, non sembra interessante “chiedersi se i sottomarini sono capaci di nuotare”. Eppure, il vocabolario usato dai tecnologi e dai marketer che sviluppano e promuovono l’AI continua a fare largo uso di un linguaggio equivoco, dal termine stesso di Intelligenza Artificiale al più recente “Reasoning Model”. Con Wittgenstein, capiamo che questo uso del linguaggio è esso stesso un gioco che ricorre frequentemente nel confronto con lo sviluppo del progresso in generale, e tecnologico in particolare.
Stultifera Navis - Speranza e follia, resistenza messa in pratica
Il progetto punta a coltivare il senno della ragione che, nei tempi della tardo-modernità, molto tecnologici e psico-mentalmente dilatati, vissuti sempre in accelerazione e sorpassi competitivi, serva a costruire un diverso senso comune, umano e umanistico, pur in tempi ormai ibridati dalle macchine e dalla tecnologia (“indietro non si torna”, ne siamo convinti anche noi, “semmai si precipita”). Una tecnologia alla quale stiamo felicemente e ludicamente regalando quello che siamo, incantati e vittime di una venerazione irrazionale e di culti fideistici che sembrano il prodotto di una magia.
L'esilio
Quando l'esilio è prodotto da esigenze particolari (lavoro, studio) o relazioni conflittive (familiari, territoriali) il quadro si presenta sfumato, confuso ma non meno doloroso. E sembra che perseguire una maggiore distanza dalla dimora abituale debba concorrere a sciogliere il groviglio inestricabile, personale, di affetti traditi e di problemi irrisolvibili. Inoltre la condizione di esiliato può essere riferita al semplice non riconoscersi nello sviluppo di accadimenti geopolitici causati da scelte scellerate.
In difesa dell’umano
Non abbiamo bisogno di filosofeggiare sulla tecnologia ma di fare filosofia, di tornare a visioni filosofiche capaci di (ri)mettere al centro dell’attenzione e del dialogo, del pensiero e dell’azione, “le capacità e le virtù distintive degli esseri umani”. Per adottare questo approccio servono sensibilità, scelte radicali e razionali, cambiamenti di atteggiamento, anche intellettuale, e nuove pratiche umaniste.
Cosa conviene a noi umani?
Per essere umani, per conoscere noi stessi, non abbiamo bisogno di paragonarci a macchine digitali. Non ci serve cercare forme di rispecchiamento in genelli digitali. Meglio dedicare maggior tempo e attenzione a cercare più profondità e ampiezza il nostro essere umani, una speicifictà irriducibile e irraggiungibile dalla macchina.
Nuova Era Umana
L'Umanità è alle porte di un nuova era, che molto velocemente sta spalancando i suoi cancelli su nuovi orizzonti urbani sconosciuti e inquietanti.
Uman(istic)amente Tecnoconsapevoli
L’era è tecnologica, il contesto da cui partire è molto umano, oggi fatto di crisi ricorrenti e di interrogativi su un futuro contingente, imprevedibile, nonostante i grandi avanzamenti della tecnica. Mentre crescono la potenza computazionale e le certezze dell’algoritmo, si diffondono automazione e intelligenze artificiali, il futuro si è fatto sempre più complesso, caotico, incerto e fragile, ricordando a tutti che, pur nelle nostre nuove vesti di simbionti e cyborg, siamo esseri umani e come tali collegati gli uni agli altri. La sfida che abbiamo tutti di fronte non è semplice, le nostre scelte possono determinare l’implosione di una evoluzione che ritenevamo senza interruzione oppure farci diventare più responsabili e (tecno)consapevoli.
Digital or human disruption?
L'evoluzione delle macchine obbliga l'umano a rifocalizzare l'attenzione sulla propria.