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L’ambiguità delle tecniche: il mito di Prometeo
Il mito di Prometeo è forse, tra i tanti miti presenti nella cultura greca che parlano ancora di noi, il più potente e il più celebre. Continuamente riesaminato e reinterpretato nel corso della storia (da Hobbes, Rousseau, Vico, Goethe, Schelling, Marx, Weil, Jonas…), mantiene un fondo oscuro e enigmatico. Rappresenta, meglio di qualsiasi altro mito, i caratteri della civiltà occidentale ed è l’aspetto principale con cui, oggi, l’esistenza umana si deve misurare. Il problema del nostro tempo risiede infatti nella straordinaria capacità di conoscenza e di potere tecnologico a cui non corrisponde, però, una altrettanto grande capacità di percepire, immaginare, sentire. Già mezzo secolo fa il filosofo Günther Anders definiva tale condizione “dislivello prometeico”. Un dislivello che può portare l’umanità a scelte catastrofiche.
La tempesta perfetta - Riflessioni sull'evento tragico del suicidio del giovane Sewell Setzer
La Tecnica si rivela non più solo come portatrice di possibili nuove forme di emancipazione ma, anche, come ciò attraverso il quale emergono nuove forme di alienazione e asservimento molto più subdole e pericolose delle precedenti perché fondate su un potere pervasivo, anonimo e impersonale.