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Nuovi magneti superconduttori segnano un passo avanti verso la fusione e mettono in luce la questione centrale della nostra epoca: la concentrazione di potere che accompagna ogni conquista tecnica.

Dalla corsa globale ai magneti, alla promessa di un’energia “perfetta”, il cuore dei futuri reattori diventa il luogo in cui si decide chi controllerà tempo, spazio e destino materiale delle società.


In un passo poco citato del Timeo, Platone narra che gli dèi plasmarono l’uomo donandogli fuoco e respiro, intrecciando un corpo di fuoco, aria, acqua e terra attorno a un’anima immortale costretta a vivere in condizioni mortali. In quella frattura tra finito e infinito s’insinua la tentazione di condividere il potere creativo degli dèi.

Da allora la storia umana non è che una lunga, inesausta conferma di quell’illusione originaria: inventare, perfezionare, dominare la materia, piegare la natura talvolta fino a sostituirla.

Non è forse questo il sogno che ci tiene in piedi mentre tutto il resto intorno segue il proprio ciclo?
Non è forse la tecnica l’unico linguaggio ancora vivo, l’unica narrazione a cui l’uomo contemporaneo riconosce autorità e perfino sacralità?

Ogni epoca ha avuto il suo strumento di consacrazione: l’altare, il trono, la cattedra, l’officina. Noi abbiamo il laboratorio, luogo dove si celebrano i nuovi misteri, si elaborano i riti della potenza, si prepara ciò che non verrà mai discusso da alcuna assemblea ma che determinerà comunque ogni futuro.
Si obietterà che il laboratorio è luogo della scienza, non del dominio; ma questa è una delle illusioni residue perché la materia scientifica, da quando si è fatta tecnica, non si limita a conoscere bensì trasforma, organizza, regola. E tra tutte le materie possibili, chi regola l’energia, regola il tempo, lo spazio, il respiro della vita sociale.

Per questo vale la pena soffermarsi su una notizia passata quasi in silenzio: Tokamak Energy, società britannica impegnata nella ricerca sulla fusione nucleare, ha completato con successo il test del suo sistema Demo4. Si tratta di un insieme completo di magneti superconduttori ad alta temperatura disposti in configurazione tokamak, cioè in un anello che avvolge il vuoto centrale dove dovrebbe scorrere il plasma, come una gabbia magnetica.

Nei test condotti vicino a Oxford, Demo4 ha raggiunto 11,8 tesla a circa -243 °C, dimostrando che magneti più compatti, più leggeri e meno costosi da raffreddare possono contenere il plasma in condizioni che fino a ieri erano solo teoria.

È un progresso apparentemente tecnico, in realtà decisivo: sposta di qualche millimetro il limite di ciò che è realizzabile; servirà a tenere a bada ciò che nessun contenitore fisico può toccare senza dissolversi, un passo silenzioso ma concreto verso la realizzazione della fusione.


E non è un caso isolato: dall’altra parte dell’Atlantico, il sodalizio tra MIT e Commonwealth Fusion Systems ha dimostrato che avvolgimenti in superconduttore possono reggere campi magnetici estremi all’interno di macchine sempre più piccole. Mentre altrove, in Cina, il tokamak HH70 di Energy Singularity ha fatto scorrere il suo primo plasma in una gabbia composta soltanto da magneti superconduttori ad alta temperatura.
Scene diverse della stessa storia: non si rincorre più soltanto il calore delle stelle, ma l’arte di costruire recinti invisibili in grado di trattenerlo senza spegnerlo.


La fusione nucleare, ci promettono, sarà l’energia perfetta: pulita, illimitata, continua. Una fonte che non sporca, non esplode, non dipende da giacimenti, da dittatori o da pipeline. La narrazione la presenta come un generatore quasi miracoloso, in realtà anche la fusione avrà i suoi scarti e le sue catene materiali: neutroni che rendono radioattive le strutture; trizio da produrre a partire dal litio; filiere industriali per i materiali rari dei magneti.

Non è un’uscita dal mondo, è un suo riassetto, e se davvero la fusione sarà ottenuta non libererà nulla, anzi concentrerà. Infatti l’abbondanza, contrariamente alla favola moderna, non distribuisce ma accentra e l’energia “che non manca mai” è la più facile da razionare; chi la possiede, possiede tutto: fabbriche, reti, tempo, memoria.
E soprattutto, possiede il consenso.

È qui che il magnete di Tokamak Energy assume un significato che va oltre la fisica perché il plasma che oggi si tenta di confinare è il simbolo stesso del mondo che sfugge: popoli in movimento, identità che evaporano, corpi senza padronanza, desideri che si moltiplicano come particelle. Il compito del potere è trattenerli senza toccarli, sorvegliarli senza reprimerli apertamente.
Attorno a questi componenti silenziosi si disegna già una topografia di poteri: comitati che fissano standard, autorità che stabiliscono soglie di rischio, governi che decidono se la fusione debba essere trattata come la vecchia fissione o godere di corsie normative preferenziali.

La tecnica, quando riesce, non si accontenta del risultato: esige l’inquadramento del mondo nella logica della ripetizione controllata. Nulla deve più accadere per caso e il magnete, nella sua funzione di contenimento del caos termico, è l’immagine perfetta del governo delle cose che si impone sotto il nome neutro di innovazione. Ma l’innovazione, quando non è bilanciata da un pensiero sul limite, diventa forma di cattività e questa non ha sbarre: ha brevetti, licenze, clausole, standard tecnici.

Sappiamo da tempo che ogni salto energetico ha generato un nuovo mondo: il carbone ha reso possibile la città industriale e il proletariato moderno; il petrolio ha costruito imperi e catene globali; la fissione ha prodotto non solo energia, ma deterrenza, minaccia, ombra atomica. 
Nessuna di queste transizioni è avvenuta in una notte: ci sono voluti decenni perché diventassero infrastruttura invisibile, parte del paesaggio e del quotidiano. Ed è proprio in quel tempo lungo, in cui vecchio e nuovo convivono e si sovrappongono, che si ridisegnano i rapporti di forza. La fusione, se mai arriverà davvero sulla scala promessa, non farà eccezione: si innesterà su reti, alleanze, debiti, fragilità già esistenti.

Che cosa accadrà quando il limite energetico sarà divenuto pura finzione? 
Se l’uomo riuscirà davvero a contenere il sole, poiché questo è in fondo il progetto, chi stabilirà come usarlo? E a quale prezzo? 
Il nuovo magnete sarà allora una soglia: indicherà che stiamo entrando in una nuova era senza accorgercene; non un lampo ma una transizione già avviata.
E quando ci sveglieremo, capiremo che quella luce non sarà per tutti: potremo spegnerla nei reattori, ma non nelle nuove disuguaglianze che avrà generato.


Pubblicato il 25 novembre 2025

Vimana GRIONI

Vimana GRIONI / IP/AI/Tech ghostwriter || Senior Patent illustrator

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