Go down

Una riflessione nata all'improvviso, come reazione alle tante notizie che raccontano una realtà dalle molteplici sofferenze e crisi.


Questa mattina mi capita di provare nostalgia e melanconia insieme. A determinare queste passioni tristi saranno le letture in cui sono impegnato, sarà il vuoto che percepisco guardando a sprazzi le uniche cose ancora guardabili alla televisione, sarà per la percezione personale di tempi malati nei quali ci siamo tutti infilati senza sapere ora come fare ad uscirne. 

Viviamo tempi alla fine dei tempi, quasi caricaturali

Da qui la domanda emergente: e se stessimo vivendo tutti (riferito a persone che ancora usano l’intelletto e sanno ascoltare con sincerità le loro emozioni) una forma di coma profondo? A cui faccio seguire un’altra domanda: e se la paralisi non finisse neppure quando ci svegliassimo dal coma? 

La nostalgia è legata alla percezione di tempi che non torneranno più. Tempi percepiti, ormai da lontano, come interessanti e di cambiamento, utopici, sociali, comunitari, associativi e collettivi, anche in Rete, non semplicemente social, tempi passati dal fare la storia alla fine della storia e poi alla sua ricomparsa prepotente nelle mille forme nelle quali si è manifestata (oggi con la guerra, il militarismo, ecc.). 

La malinconia emerge dalla tristezza (https://shorturl.at/7Wzy2) che i tempi correnti elargiscono a piene mani rompendo l’equilibrio organico di cui anche la malinconia, in tempi normali, non strani, è parte integrante. Ma i tempi sono appunto strani (https://shorturl.at/Occc7) e allora la malinconia non solo rompe l’equilibrio ma si diffonde anche come follia che si manifesta in manie circolari e irrefrenabili. 

Nostalgia e malinconia si saldano nella percezione che nonostante ci si possa mettere in moto per provare a cambiare le cose, a generare il cambiamento e l’uscita dal tunnel, si ha la sensazione che tutto sia inutile, impossibile. Una sensazione condivisa tra persone della mia età ma anche, e questa è la cosa più dolorosa, anche tra persone delle nuove generazioni. 

Il cambiamento vero non è quello che riempie le narrazioni dominanti, mediatiche, manipolatorie e che hanno rubato alla parola ogni rete di significato, assimilandola superficialmente alla(e) novità. Il cambiamento, di cui molti sentono il bisogno, ha bisogno di cose concrete, di appoggiare le sue basi dentro la realtà, di (ri)trovare il significato delle cose, di nuove capacità di sentire e agire. 

Il cambiamento, ormai soltanto teorizzato, è vanificato da una realtà nella quale la politica si è mediatizzata, i leader sono diventati influencer, l’economia (dopo l’elezione di Trump anche la politica) è dominata da élite tecnocratiche. Ogni nuova energia emergente si manifesta con forza e poi con altrettanta velocità sparisce o viene accompagnata nel nulla, nel vuoto (dalle piazze piene alle piattaforme social).

"La sfera pubblica odierna si agita e si contrae, senza mai cristallizzarsi in un'infrastruttura  organizzativa duratura." - Anton Jäger

Chi spera ancora nel cambiamento sa che esso emergerà e si manifesterà con una sua forza già oggi attiva dentro una realtà in costante e dinamico mutamento. A dare forza a questa forza saranno e sono elementi concreti, materiali, reali quali: il lavoro, l’inflazione, la precarietà, la povertà, il bisogno crescente di comunità e condivisione, la disillusione che nasce dall’imbroglio e il tradimento subiti, il ritorno della politica (tornerà?).

 

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – STULTIFERANAVIS Co-founder

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