Go down

Se provassimo, ma bisogna trovare tempo e volontà, a riflettere sul mondo digitale, ci dovremmo tutti raccontare almeno una verità: più ci sentiamo rassicurati dai potenti mezzi tecnologici che usiamo e più aumentano le nostre ansie, incertezze, insicurezze. Le soluzioni che ci vengono propinate ogni giorno dalle macchine sembrano sfuggirci, trasformando l’incertezza derivante in un problema epocale (catastrofe ambientale, clima, guerra, populismo, ritorno del fascismo, integralismo, insicurezza, ecc.), in un problema più reale e profondo di quanto non fosse nelle epoche storiche racchiuse dentro il cosiddetto “secolo breve”.


Il mondo digitale promette certezze, efficienza e controllo, ma la realtà resta profondamente segnata dall’incertezza. Questa tensione nasce dal fatto che, anche online, valgono le stesse regole della vita reale: la nostra mente costruisce rappresentazioni della realtà che possono allontanarsi dai fatti, sia nel mondo fisico sia in quello digitale. Come ricorda Bateson, “la mappa non è il territorio”: ciò che vediamo o crediamo online non coincide mai perfettamente con la realtà. 

Nonostante l’illusione di trasparenza e razionalità promessa dal digitale, l’incertezza rimane centrale: nessuno ha una visione d’insieme del panorama digitale e anche i cosiddetti esperti navigano in un territorio nuovo, dove il cambiamento è continuo e imprevedibile. 

L’introspezione è un’attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno, da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro.” (Zigmunt Bauman)

È come se le regole del gioco a cui ci siamo abituati, non funzionino come ci era stato promesso per farcele accettare (privacy). La conseguenza è una crescente frammentazione, anche del sé, percepita come il risultato di una crescente incertezza, dell’impossibilità di tornare indietro, di cambiare regole e abitudini. 

La frammentazione e l’incertezza, influenzata dai rapidi mutamenti tecnologici e culturali, condizionano e caratterizzano la socializzazione contemporanea, soprattutto tra le nuove generazioni. Il digitale può dare l’impressione di eliminare gli imprevisti, ma in realtà amplifica le aspettative e le possibilità di errore o di sorpresa, sia per chi vi partecipa sia per chi ne è escluso. In definitiva, la conoscenza, anche nell’era digitale, non garantisce mai un risultato certo e definitivo. Come la filosofia ci insegna la realtà, come la vita, resta sempre aperta all’ignoto e all’interpretazione. 

in un mondo digitale che respinge la stabilità e la durata, l'apparenza è preferita alla sostanza, il tempo si frammenta e la massima libertà sta nei MiPIace o nel navigare sulle piattaforme social, l'incertezza la fa ormai da padrona

Se non fossimo ormai imprigionati, anche cognitivamente, nella caverna digitale, un acquario-mondo dalle pareti trasparenti che ci tengono in gabbia, forse potremmo capire quanto la comunicazione da sola non basti, che le narrazioni sono diverse dai racconti, che servono spazi di riflessione diversi da quelli imposti dalla forza dell’algoritmo, che a nulla serve (af)fidarsi a influencer e neppure a esperti, ma che servono approcci diversificati e una visione del mondo capace di ritornare a investire sull’umano, su noi stessi come persone e esseri umani, prima ancora che come individui o profili social. L’investimento può servire a far emergere idee nuove, diverse, alternative, tutte utili a costruire il futuro che ci aspetta, a prefigurare scenari futuri meno pericolosi e incerti dei tempi che viviamo dentro l’era digitale. 

La maggiore incertezza che si è diffusa nel mondo non è quella determinata dalle crisi o dalle scelte (geo)politiche di Donald Trump, ma quella legata alla guerra, al suo proliferare ovunque nel mondo e alla rincorsa paranoica agli armamenti che interessa anche il nostro mondo occidentale. 

La guerra in corso non è solo quella sul campo, finalizzata ad acquisire il controllo di nuovi territori, ma anche quella legata a conflitti i cui obiettivi sono quelli di controllare la “conoscenza”, imporre narrative dominanti, praticare la disinformazione e manipolare il modo con cui gli individui percepiscono la realtà, la verità e prendono decisioni. È come se si stesse realizzando, con la nostra complicità e inconsapevolezza, il futuro descritto da Philip K. Dick nelle sue opere, un futuro nel quale coesistono realtà diverse, percepite come un unico mondo. 

Il potere delle narrazioni è diventato immenso, da forma al nostro presente, cambia il nostro passato e la storia da esso raccontata, plasma il modo con cui pensiamo al futuro. Non riusciamo più a immaginare storie diverse da quelle nelle quali siamo quotidianamente immersi. Non ci fermiamo mai a provare a immaginare storie, racconti, narrazioni diverse, che nascano dal porsi una semplice domanda: “E se provassi a costruire una storia come se…?” (in uno dei libri più famosi di Dick la domanda era: immaginiamo un mondo nel quale la Germania nazista e il Giappone imperiale avessero vinto la Seconda Guerra Mondiale). 

A determinare tutto questo è il sovraccarico di informazione, il suo potere che deriva dall’essere diventata una risorsa primaria, di cui non si può fare a meno. Nelle molteplici realtà o metaversi nei quali oggi abitiamo, prima ancora di essere coinvolti in una guerra reale, siamo tutti coinvolti in una guerra narrativa, fatta di false verità, false notizie, manipolazioni politiche e mediali, disinformazione, che agiscono sul piano simbolico sul livello semantico e cognitivo del linguaggio, sul significato delle parole, sulle nostre credenze e conoscenze. Il tutto amplificato oggi dall’arrivo di potenti forze “oscure” (per il loro potenziale e malevolo utilizzo) come le intelligenze artificiali generative. 

in mondi digitali che hanno privatizzato l'esistenza e fatto crescere l'individualismo, la solitudine e l'irrimediabile incertezza sulle scelte fatte a da fare, si continua a sentire come irresistibile il bisogno di appartenenza

Nell’era digitale del soluzionismo per tutti, delle certezze digitali garantite dalle macchine, sta emergendo un disincanto crescente che nasce dal sentirsi in trappola, protagonisti di storie non nostre, raccontate e veicolate da altri, alle quali passivamente aderiamo senza mai sentirle come parte del nostro vissuto esistenziale, delle nostre esperienze vitali, del nostro bisogno umano di condividere con altri quello che realmente viviamo. Il disincanto non presenta vie di uscita, non ci sono al momento pillole (il riferimento è a Matrix e non solo) che possano fare da passaggio a storie alternative, capaci di liberarci da scenari futuri ormai dominati da interfacce di intelligenza artificiale e loro reti che hanno preso il governo del mondo anche attraverso una ideologia che pretende di essere l’unica oggi necessaria. 

L’incertezza non è solo individuale, vissuta in forme sempre più psicotiche di rimozione. L’incertezza si è fatta (geo)politica, interessa tutto il mondo, ma soprattutto il mondo occidentale che noi abitiamo. Un mondo percepito come prossimo al disfacimento, preso da convulsioni violente che derivano dalla crisi della democrazia, dalla perdita dei diritti, da poteri autoritari percepiti come pericolosi e capaci di far collassare tutto quanto e in modo imprevedibile. In discussione è lo stesso sistema capitalistico che, trasformatosi in realismo, è percepito sempre più come responsabile del collasso accennato sopra e del disfacimento probabile dell’occidente. 

Mentre il mondo digitale si racconta come un’oasi di pace, nella quale pochi prestano attenzione alla conflittualità verbale sempre presente, nella realtà parallela, fuori dalle piattaforme, domina il conflitto. Le idee si scontrano attraverso l’uso dei media ma sempre più attraverso il controllo delle piattaforme digitali di social networking. A nulla serve la ragione, la razionalità, anche il discorso politico è inerte, ha perso ogni potere persuasivo, è vittima esso stesso degli strumenti che utilizza e delle scelte fatte a sostegno dei grandi monopolisti tecnologici (GAFAM+) che impongono le loro strategie, politiche e visioni. Non è un caso quindi che in alcune situazioni si manifestino fenomeni tecno-populisti e tecno-fascisti. 

Se l’incertezza fa parte ormai della nostra vita, individuale e professionale, personale e sociale, servono strategie utili a conviverci, ad alleviarla o a trasformarla in opportunità. Un primo modo per farlo è dotarsi di strumenti conoscitivi utili a comprendere contesti e situazioni, a adattarsi ai cambiamenti continui, all’acquisizione di nuove conoscenze (le informazioni non bastano) e competenze, dentro una realtà complessa in continua metmorfosi. Conoscere, apprendere, imparare servono a una gestione consapevole delle informazioni nelle quali siamo immersi e che generano un sovraccarico cognitivo che ci impedisce di riflettere, porci delle domande e fare scelte diverse. 

L’incertezza è all’origine di numerosi disturbi psichici attuali, provoca ansia e stress che impediscono di usare adeguatamente le nostre emozioni mettendo a rischio il nostro equilibrio mentale e interiore. La meditazione, resa possibile dalla lentezza, può aiutare ma ciò che serve è la capacità di non farsi imporre obiettivi esterni ma di saperne definire di proprio, chiari e flessibili in modo da potersi facilmente adeguare ai cambiamenti continui di cui la realtà è costante testimone. Conta anche sapere condividere le proprie esperienze con altre persone, ridurre l’isolamento a cui ci si è votati avendo stabilito la propria residenza permanente online, essere disponibili al sostegno esterno, emotivo e pratico che può venire dai gruppi, dalle comunità o dalle reti di cui si fa parte. 

Su tutto però ciò che veramente conta è rivalutare la propria condizione umana, mai paragonabile a quella delle macchine, per accettare l’incertezza come realtà inevitabile delle proprie vite. Riuscire a farlo è un primo passo per provare a trasformare l’incertezza in opportunità.

nell'era digitale abbiamo la sensazione i poter fare tutto quello che si vuole, se è così abbiamo tutti la possibilità di interrogarci su cosa veramente ed esistenzialmente vogliamo

Pubblicato il 06 maggio 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

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