Go down

Uno dei dibattiti minori, per me più interessanti e curiosi del momento, sulle tante trasformazioni indotte dalla rivoluzione delle intelligenze artificiali generative è su che fine faranno i siti web, ora che i motori di ricerca, per soddisfare i loro bulimici bisogni di contenuti, di risorse e di guadagno, sono obbligati a cambiare modelli di business, algoritmi, logiche operative e funzionali, a causa del collasso di click che stanno sperimentando. Un collasso che sembra lento ma che potrebbe trovare una rapida e forte accelerazione nel breve tempo.


Tutti testimoni di una rivoluzione in atto

In tre soli decenni Internet e le tecnologie ad essa associate (network, cloud computing, fibra ottica, dispositivi mobili, piattaforme social, ecc.) hanno cambiato per sempre il nostro modo di connetterci, di comunicare e di consumare informazione. Oggi ci troviamo in uno dei tanti salti di paradigma a cui la storia umana ci ha abituato, e riguarda anche Internet (anche, perché ben altri e ben più importanti sono i salti di paradigma in atto nel periodo di policrisi globale, che il mondo sta attraversando). 

Stiamo entrando velocemente in una nuova fase dominata dalle IA, da tecnologie immersive, da esperienze umane ibridate con intelligenze artificiali capaci di anticipare i nostri bisogni prima che essi siano stati espressi. Una rivoluzione è in atto, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, almeno di coloro che hanno compreso quanto sia importante fin da subito occuparsene.

Internet non è più né libera né democratica: VERO!

Internet è nella bufera, lo è stata nel passato, ma lo è soprattutto oggi. Una infrastruttura digitale frutto dell’opera dell’uomo, che negli anni è andata definendo i paesaggi dall’uomo frequentati, oggi è sempre più un prodotto, il risultato di attività generate da macchine, da agenti IA, che possono sfruttare i dati e le informazioni che Internet tutta contiene. 

Internet non è più quello di una volta, quello che una volta era e rappresentava nell’immaginario di molti

Le implicazioni, non ancora percepite e tantomeno analizzate adeguatamente, possono essere molteplici, possono avere effetti che potremmo scoprire in tempi molto brevi.

Uno è già sotto gli occhi di tutti: il panorama e i paesaggi digitali che frequentiamo, con la diffusione delle IA, sono già completamente e rapidamente cambiati, in continua metamorfosi. Cambiano i contenuti, cambia l’infrastruttura, cambiano logiche, algoritmi, piattaforme e prodotti digitali. Gli umani si trovano a competere con le macchine nella creazione di contenuti, codice, e altro. A cambiare sono soprattutto i modelli di business, compresi quelli finalizzati a coltivare “engagement”, a suggerire e facilitare comportamenti e abitudini, a frequentare camere dell’eco conformistiche e omologate, a colonizzare l’attenzione e la mente delle persone. I modelli di business, della Internet come l’abbiamo conosciuta, sono oggi sotto analisi e oggetto di numerose critiche, accesi dibattiti e molteplici riflessioni. Uno su tutti, il modello basato sui LINK, che ha governato la rete negli ultimi tre decenni. Questo modello è oggi ridimensionato, messo in discussione, alterato, a rischio collasso.

Il Web fino a ieri era costruito su un semplice accordo tra produttori di contenuti e proprietari di siti web (blog, ecc.) con Google. In cambio della possibilità lasciata a Google di sbirciare gratuitamente i loro siti web, il motore di ricerca funzionava da mediatore del traffico verso di essi. Fino a ieri quasi il 70% delle attività Internet era originato da motori di ricerca (90% appannaggio di Google). L’arrivo delle IA generative ha portato Google all’introduzione di AI Overviews (20-5-2025) e di AI Mode, due modalità alla base di un terremoto sismico per Internet e i suoi molteplici universi non ancora assimilato. AI Mode sostituisce in blocco tutte le ricerche e regala all’utente una sua risposta strutturata. Primi effetti registrati: AI Overview ha fatto diminuire drasticamente il ricorso ai link derivati dalla ricerca (-30/70%, con zero click per il 60% dei link), AI Mode potrebbe renderli inutili. Gli effetti non sono solo per gli utenti ma per tutti coloro che sul modello di business di Google avevano costruito i propri. 

Lo Tsunami noto a tutti come IA (Claude, ChatGPT, Gemini, Perplexity, ecc.)

La responsabilità delle trasformazioni in atto è da collegarsi all’espandersi globale dello Tsunami IA. Uno Tsunami destinato a cambiare profondamente e per sempre la struttura stessa di Internet e il come viene utilizzata. In realtà l’IA non è la sola responsabile, da tempo è in atto un sommerso ma emergente disincanto (un mio personale punto di vista su cui scrivo da alcuni anni) verso il “mondo” della tecnologia.

Lentamente ma in costante emergenza si sta manifestando un diffuso malessere, per ora forse per molti ancora inconscio, ma già radicato, per gli effetti della tecnologia nella vita di ognuno. Senza entrare in considerazioni di ordine filosofico, psicologico o sociologico, il malessere si manifesta innanzitutto in mutati comportamenti nell’uso delle piattaforme social e di Internet in generale. I social media più frequentati soffrono di una frammentazione crescente delle loro audience, che si traducono in un calo costante nella condivisione dei link. Stanno crescendo approcci alternativi come i falò digitali (STULTIFERANAVIS si considera uno di questi falò apparsi in Rete) e i “fediverse”[i] (STULTIFERANAVIS è alla ricerca di realtà con cui federarsi), che sembrano attrarre un numero crescente di persone, per le loro caratteristiche sociali più che social:

  • la cultura della comunità, dell’accoglienza e della moderazione locale (legata a ogni entità federata);
  • il rapporto diverso con i contenuti che possono essere usufruiti senza l’intervento di filtri o algoritmi finalizzati a generare viralità;
  • i feed sono cronologici per favorire conversazioni più autentiche e meno legate alla componente performativa (nessuno è motivato/a a diventare un influencer);
  • la valorizzazione e il rispetto degli spazi altrui;
  • la minore tossicità in circolazione;
  • la prevalenza di comportamenti anti-consumistici e anti-commerciali;
  • l’etica contraria alla pubblicità e alla monetizzazione;
  • il dono e la gratuità come valori;
  • la maggiore responsabilità individuale.

Non possiamo essere passivi osservatori di ciò che sta cambiando su Internet e nei nostri modi di vivere gli spazi virtuali e digitali, dobbiamo accrescere conoscenze, conoscenza, consapevolezza, assumere nuove responsabilità, fare delle scelte.

Ave “Motori di ricerca tradizionali”: “morituri te salutant”

A quanto detto sopra si può oggi affiancare la crisi dei motori di ricerca, la loro prevedibile possibile dipartita. Lo testimonia non tanto quello che Google sta dicendo, ma quello che in realtà sta già facendo. In modo forse sorprendente, ma inevitabile, perché l’IA può incidere realmente e in fretta sui suoi modelli di business (il modello del click che è il reale prezzo che l’utente paga quando usa il motore di ricerca) e quindi sui suoi fatturati e guadagni.

Il fare di Google (Alphabet) oggi è auto-esplicativo di quanto l’azienda sia sempre stata molto attenta a preservare i propri vantaggi e guadagni, costruiti sulla vendita di servizi vincenti, che coinvolgono miliardi di persone. Questa cautela sembra essere venuta meno per colpa di ChatGPT et similia (i loro servizi a pagamento possono sostituire quelli basati sui click di Google), della rapidità con la quale si sono diffuse le IA generative e della loro certificata responsabilità nel crollo delle ricerche Web, attraverso i motori di ricerca alla Google Search (coinvolta e responsabile è soprattutto la generazione di quelli che potremmo chiamare “i nativi delle IA”, siano essi giovani o adulti). 

Il cambiamento è in atto, sembra essere graduale, ma potrebbe anche accelerare, trasformandosi in una tempesta, uno tsunami. Google ha prima introdotto AI Overviews sulla pagina del suo motore di ricerca e poi introdotto AI Mode, che tutto sembra essere tranne che una semplice sperimentazione o una fase di test. 

“It’s the End of the Web as We Know It (And I Feel Fine)” 

Come stanno i siti web?

C’è chi ritiene che i siti web nel prossimo futuro diventeranno un lusso per pochi, c’è chi si sofferma sul cambiamento che oi loro proprietari saranno obbligati a introdurre, per poter comunicare e destare interesse verso i molteplici agenti IA alla ricerca costante di dati e informazioni. Cambiamenti che potrebbero tradursi in: maggiori dati strutturati, codice limitato al massimo, niente grafica, tante informazioni ben organizzate, markup perfetto, API accessibili, database bel strutturati e puliti. In sintesi, siti web che non mirano a farsi leggere da utenti o raggiungere da link che gli utenti hanno trovato, ma anche pensati pensati per alimentare IA, sempre a caccia di novità, facilitando loro la ricerca, il ritrovamento, la lettura, l’analisi di nuove informazioni, valutabili dalle IA come utili per costruire output e soluzioni da regalare agli utenti, che a loro si rivolgono per i loro bisogni e problemi.

Web search was built on the back of links. AI search is built on the back of information.

Il dibattito in corso: alcune riflessioni

Per me buona parte del dibattito in corso su che fine faranno i siti web è capzioso, in parte anche manipolatorio e mistificatorio. Per capirlo è sufficiente verificare le narrazioni sul tema di molti che negli ultimi decenni hanno guadagnato e costruito una loro professionalità come esperti SEO. La capziosità sta nel pensare e vendere l’idea (falsa e falsificata nell’esperienza di molti) che il motore di ricerca permettesse di arrivare a tutti i siti web e che senza SEO ci fossero minori possibilità che questo accadesse. Oggi è già in costruzione una nuova narrazione, forse altrettanto falsa, che vede la SEO al servizio delle IA (nascerà forse una AEO – AI Engine Optimization? Ci affideremo a nuovi paradigmi come quelli di Cloudflare[ii] basati sul “pay-per-crawl[iii]?), in modo da permettere loro di intercettare meglio nuovi contenitori (siti?) su cui applicare i loro algoritmi estrattivi e predatori.

Il punto di partenza dell’analisi è condivisibile da tutti: morti i motori di ricerca per come li abbiamo conosciuti e usati (morti anche i loro modelli di business) la maggior parte delle ricerche non genererà più traffico, tanto meno visibilità ai siti web della rete. L’utente abbandonerà i motori di ricerca tradizionali, porrà le sue domande a una IA la quale andrà alla ricerca di tutti i siti web (quelli che sopravviveranno) per recuperare le informazioni che le serviranno per costruire e dare all’utente una risposta o la soluzione a un problema. L’utente se ne starà dentro la stanza aquario delle IA, non avrà bisogno di alcun click, tanto meno di andare a visitare il sito web a cui il link suggerito è puntato.

Se questa è la strada già tracciata, che fine faranno l’esperienza visiva, l’estetica e il design che rendono speciale un sito web, che fine faranno la sua storia, la sua specificità redazionale e narrativa, l’esperienza utente che è in grado di regalare? Come e cosa fare per affrontare un cambiamento, anche cognitivo, nella testa delle persone, che hanno già deciso che la loro nuova esperienza online è quella fornita dalle piattaforme di IA? Come resistere a tendenze emergenziali in atto che sono assimilabili a quelle che hanno caratterizzato l’affermarsi delle piattaforme di Amazon, Uber, AirBnb, ecc. Che convenienza può avere farlo? Soprattutto pensando a un paesaggio che in pochi anni è completamente mutato? I negozi sono ormai scomparsi (140000 le chiusure in Lombardia solo nel 2025), le edicole sono morte, dimenticate e trasformate in tutt’altro, i punti vendita dei libri espongono gadget, pupazzi e prodotti vari, ci mancano i detersivi, che arriveranno, ecc. Ma soprattutto come fare a convincere moltitudini di persone di quanto sia importante fare una scelta senza delegarla alle IA e senza annegarla nel “così fan tutti”?

Tutto è destinato a cambiare: in meglio o in peggio?

Trascurando l’ovvietà che chi ha (avrà) un’idea vincente nella testa, con una storia da raccontare e la traduce in un progetto web, non dovrà temere l’invisibilità, è un fatto che termini come traffico organico, conversioni, posizionamento, ecc. dovranno essere ripensati, riposizionati e valutati diversamente. Il traffico è destinato a diminuire, bisognerà inventarsi nuovi modi di stare online e nuovi modelli di business, che siano anche sostenibili e/o remunerativi. Chi deciderà di stare online con un proprio sito web dovrà volerlo, crederci, investirci, senza alcuna certezza di un riscontro economico, reputazionale, di visibilità.

Internet già oggi non è più né libera né democratica, domani potrebbe essere anche centralizzata e autocratica, sempre più omologata, governata da tecno-monarchi e tecno-capitalisti, proprietari di tecnologie IA, impegnati a trasformare la Rete delle reti in una enorme struttura di dati e di informazioni, pensate, organizzate e strutturate per interagire con le interfacce e le logiche IA e sfamare il loro bisogno costante e crescente di alimentazione.

Il cambiamento potrebbe essere graduale. In una prima fase potrebbero sussistere insieme due modalità diverse di stare online: la prima pensata per interfacciare in modo amichevole e “ruffiano” gli agenti IA, la seconda per proporre una storia, un progetto, una identità, una narrazione, il tutto collegato a una marca e ai suoi marchi, a un progetto o a una iniziativa, a una persona o a un gruppo di persone, a un’azienda o a una organizzazione.

La tendenza emergente in atto però sembra indicare una strada già disegnata: la macchina-IA è destinata a prendere il sopravvento, l’umano a perdere terreno, anche per i costi insostenibili (i siti web di domani dovranno essere diversi nel loro layout, design e interfaccia, ma anche nelle logiche e nel codice interno dell’applicazione) che approcci diversi potrebbero comportare. Il sito individuale e identitario rischia di non poter competere e di diventare un lusso esperienziale, estetico (l’umano ha bisogno di bellezza ma se non rende?), narrativo, e valoriale che solo pochi potranno permettersi.

Il rischio che a rimanere a galla possano essere solo i siti web di realtà che possono fare della gratuità la loro strategia identitaria è alto. Venendo meno i sistemi (modelli) di monetizzazione attuali, chi vorrà investire in contenuti che non generano guadagni, ma servono soltanto ad alimentare i canali di raccolta dati delle IA?

Gli editori stanno mettendo a disposizione i loro contenuti facendoseli pagare dalle varie piattaforme di IA in circolazione, lavorando probabilmente in questo modo alla loro attuale continua crisi, ma cosa ci guadagnano gli autori, i produttori di contenuti, di conoscenze e conoscenza che oggi usano ancora Internet e le sue piattaforme per la loro condivisione, per farsi conoscere, ecc.?

La domanda va inserita poi nelle pratiche online, che da sempre prevedono un utilizzo “gratuito” e/selezionato di servizi e non possono in ogni caso essere allargate a una miriade composita e differenziata di sottoscrizioni a pagamento. A fare la differenza per chi continuerà a stare online sarà la capacità di tenere bassi i costi, ma molte realtà medio/piccole oggi online vedranno sparire le loro opportunità di guadagno (sottoscrizioni, modelli pubblicitari, pop-up, pop-over[iv] , ecc.) e quindi di sopravvivenza.

“Disruption disrupts, and that includes real people with real jobs and real lives, unfortunately.”

Chi si è sempre occupato di SEO si sta già preparando a muoversi verso quella che potremmo chiamare AEO (AI Engine Optimization) ma come potranno reagire gli autori a cui verrà chiesto di adattare i loro pensieri, parole e testi ai desiderata dei meccanismi estrattivi delle IA? Facile prevedere che abbiano veri e propri conati di vomito e di rigetto! E poi, considerando la sostanziale differenza tra un semplice link informativo e un contenuto ricco di conoscenze, di conoscenza e di saperi, quali potrebbero essere i criteri di monetizzazione applicabili? E cosa dire dei contenuti di esperti, di specialisti, ecc.?

Da ripensare saranno anche i modelli di business costruiti sulla pubblicità e sui click che si porta appresso. Che il futuro sia fatto da un calo di click non è detto, nasceranno e si imporranno nuovi meccanismi che sostituiranno i click con qualcosa di diverso, ma neppure tanto diverso. Non è detto infine che si impongano modelli alternativi, come quelli che oggi sono raccontati come “fediversi”, modelli che potrebbero aprire a una nuova era di Internet e del web. E la cosa, se succedesse, potrebbe avere risvolti postivi.

L’era delle macchine è già qui

Mentre il cambiamento è in atto, tutti si devono oggi confrontare con effetti diversi: in rete, sulle piattaforme social, ovunque online è tutto un proliferare di contenuti non prodotti da esseri umani ma da bot, chatbot, agenti di IA, che non solo sono dediti alle attività redazionali ma anche alla promozione e alla diffusione dei prodotti (editoriali, video, grafici, ecc.) che generano, sempre più indistinguibili da quelli umani.

Questa proliferazione sta mutando il modo con cui le persone sperimentano e interagiscono con le piattaforme che utilizzano.

A entrare in crisi è la fiducia sulla propria capacità umana di distinguere ciò che è generato dalle IA e ciò che è ancora un prodotto dell’umana intelligenza, capacità e creatività. Se la distinzione è impossibile per quale motivo una persona dovrebbe impegnarsi nella produzione di qualcosa che in futuro sarà sempre meno riconoscibile come associabile a un essere umano? Nasceranno (in realtà già ci sono) influencer IA? Passeremo da una Internet frequentata da esseri umani incarnati e dai loro profili digitali a una Internet delle macchine abitata da agenti IA e da chatbot? Per alcuni analisti questa previsione si potrebbe realizzare entro pochi anni, già oggi il traffico umano sta rallentando anche se le “impressioni”, ma senza click, stanno aumentando. La minore frequenza potrebbe essere una conseguenza positiva di IA che anticipano bisogni e desideri umani, fornendo loro ciò che vogliono in base alle loro conoscenze sulle preferenze degli utenti, e agiscono anche al posto loro.

Alcune considerazioni finali

Come detto nell’introduzione di questo testo, quello sulla sorte dei siti web è un dibattito minore, all’interno di quello più ampio sulle IA. Un dibattito comunque affascinante, perché è all’origine della natura stessa del web. Non è un caso che l’attenzione al tema sia alta, il dibattito sia grande, l’interesse elevato, anche perché inerente ai modelli di business di chi sta in rete per guadagnare o farsi notare. 

All’origine del dibattito c’è la diffusa percezione che gli assistenti delle varie IA generative possano cambiare radicalmente il modo con cui gli utenti accedono alle informazioni online, compromettendo sia i creatori di contenuti (perdita di traffico, minori entrate pubblicitarie, pochi incentivi a creare contenuti di qualità) sia i motori di ricerca (in realtà la loro trasformazione dai link alle risposte dirette – snippet - è in atto da tempo).

I motori di ricerca, in primo luogo quello di Google, ha già intrapreso una strada segnata da tempo: l’adeguamento alle nuove tecnologie che poteranno alla morte del motore di ricerca tradizionale, basato sui link, e all’affermazione di motori di ricerca costruiti sulla logica delle IA e dei loro modi di accedere e condividere le informazioni online. Questo passaggio cambierà tutto e segnerà la nascita di una nuova Internet, diversa da quella attuale, più centralizzata e meno distribuita, più privata e meno pubblica, più autocratica e meno democratica, più chiusa e meno aperta.

Più del motore di ricerca per me è più interessante la riflessione in corso sulla sorte dei siti web. Forse chi prevede una fine già segnata per i siti web, per colpa della rivoluzione delle IA, sta esagerando, di sicuro il panorama digitale sta attraversando una trasformazione profonda, paradigmatica, pone domande esistenziali, oltre che metodologiche, filosofiche e strategiche.

Le domande che ai più interessano sono probabilmente economiche, legate alla “disruption” delle ricerche “zero-clicks” dei modelli di business attuali costruiti sul motore di ricerca, i suoi link e le visualizzazioni delle pagine, alla saturazione dei contenuti considerando la capacità e velocità delle IA nel generarne di nuovi, al mutamento rapido e diffuso dei comportamenti degli utenti, già tutti dediti a integrare e a dialogare con le IA e dimentichi dell’esistenza dei motori di ricerca tradizionali.

Chi possiede oggi un sito web e può permettersi di investirvi o vuole farlo evolvere è chiamato oggi a fare scelte radicali e coraggiose, o a sposare scelte alternative non facili ma che potrebbero contribuire alla nascita di una Internet diversa, più simile a quella delle origini, e a modi di stare online diversi da quelli oggi diffusi.

Facile prevedere che molti si limiteranno a integrare le IA per usarle come strumento finalizzato alla produttività, al guadagno e all’automazione. Chi potrà permetterselo potrebbe puntare a costruire contenitori, “data hub” pensati per alimentare le IA facilitando l’accesso e il consumo di contenuti, definendo nel farlo forme contrattuali remunerative con i proprietari delle IA. Chi si è fin qui occupato di SEO dovrà evolvere verso l’ottimizzazione dei contenuti al servizio della IA (AIO).

A fare la differenza sarà però la capacità, di chi insisterà nell’avere un proprio progetto web originale online, di generare un valore unico per l’utente, attraverso esperienze utente diverse dalle attuali, comunitarie e collaborative, nuove forme di interazione e partecipazione, visioni, strategie e approcci alternativi a quelli delle IA.


Bibliografia


Note

[i] Il fediverse (da "federation" + "universe") è una rete di server social interconnessi che comunicano tra loro usando protocolli standard aperti, principalmente ActivityPub. Funziona così: invece di avere un'unica piattaforma centralizzata come Facebook o Twitter/X, il fediverse è composto da migliaia di server (istanze) indipendenti gestiti da persone, organizzazioni o comunità diverse. Ogni istanza può avere le proprie regole, moderazione e focus tematico, ma gli utenti di istanze diverse possono comunque seguirsi e interagire tra loro. I vantaggi principali dei Fediverse sono la decentralizzazione (nessuna azienda controlla tutto), la portabilità dei dati, maggiore controllo sulla privacy, e la possibilità di scegliere comunità con regole di moderazione che rispecchiano i tuoi valori. I vantaggi principali sono la decentralizzazione (nessuna azienda controlla tutto), la portabilità dei dati, maggiore controllo sulla privacy, e la possibilità di scegliere comunità con regole di moderazione che rispecchiano i tuoi valori.

Le piattaforme più popolari nel fediverse includono:

  • Mastodon (simile a Twitter/X)
  • Pixelfed (simile a Instagram)
  • PeerTube (simile a YouTube)
  • Lemmy (simile a Reddit)

[ii] Cloudflare è una grande azienda tecnologica americana che fornisce servizi di infrastruttura internet, principalmente per migliorare le prestazioni, la sicurezza e l'affidabilità dei siti web. I suoi servizi principali: CDN (Content Delivery Network) – distribuzione dei contenuti dei siti web attraverso una rete globale di server, Protezione DDoS – protezione da attacchi informatici che cercano di sovraccaricarli con traffico falso per renderli inaccessibili, DNS - servizi DNS veloci e sicuri, Web Application Firewall (WAF) – Filtraggio del traffico dannoso e protezione da vulnerabilità comuni. SSL/TLS gratuito - certificazioni di sicurezza per crittografare le connessioni. Come funziona: Quando si visitaun sito che usa Cloudflare, in realtà ci si connette prima ai server di Cloudflare, che fanno da intermediario tra te e il server originale del sito. Questo permette di filtrare attacchi, cachare contenuti e ottimizzare le prestazioni.

[iii] Il pay-per-crawl è un modello di business emergente nel contesto dei dati web e dell'intelligenza artificiale, in cui i proprietari di siti web fanno pagare gli operatori che vogliono scansionare (crawl) i loro contenuti. Invece di permettere il crawling gratuito da parte di bot e crawler (come quelli dei motori di ricerca o delle aziende di AI), i proprietari di siti richiedono un pagamento per ogni accesso o per volumi di dati raccolti. Questo può avvenire attraverso API a pagamento, abbonamenti, o sistemi di micropagamenti. Con l'esplosione dell'AI generativa, aziende come OpenAI, Google, Anthropic e altre hanno bisogno di enormi quantità di dati testuali per addestrare i loro modelli. Molti editori, creatori di contenuti e proprietari di siti si sono resi conto che i loro contenuti hanno valore commerciale e stanno cercando di monetizzarli, soprattutto dopo aver visto le loro opere utilizzate senza compenso. Alcuni editori stanno già facendo accordi diretti con aziende di AI (come il New York Times o Reddit), mentre altri stanno implementando blocchi tecnici ai crawler non autorizzati. Il file robots.txt, tradizionalmente usato per suggerire quali bot possono accedere, sta diventando più restrittivo. C'è tensione tra il modello tradizionale di web aperto (dove i contenuti sono liberamente accessibili) e la necessità dei creatori di essere compensati. Alcuni vedono il pay-per-crawl come protezione legittima della proprietà intellettuale, altri come minaccia all'apertura di internet.

[iv] Il popover (o pop-over) è un elemento dell'interfaccia utente che appare "sopra" il contenuto principale di una pagina web o applicazione, solitamente in risposta a un'azione dell'utente. Appare sopra il contenuto esistente senza spostare o modificare il layout della pagina sottostante, spesso ancorato a un elemento specifico (come un pulsante o un'icona). Mostra informazioni aggiuntive, opzioni, menu o dettagli relativi all'elemento che l'ha attivato. Ad esempio, cliccando su un'icona informativa potrebbe apparire un popover con una spiegazione. È pensato per essere dismisso facilmente (cliccando fuori, premendo ESC, o su un bottone di chiusura). Non è invasivo come un modal dialog che blocca l'intera pagina.

Pubblicato il 16 dicembre 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

http://www.stultiferanavis.it