Premessa
Gli autori propongono il concetto di "piattaformatizzazione" della società e della realtà, per descrivere la penetrazione delle logiche di piattaforma in tutti i settori della vita sociale: dalla produzione culturale all'educazione, dalla sanità ai trasporti urbani, dalle relazioni personali alla sfera pubblica.
le piattaforme non sono intermediari tecnologici neutri/neutrali che facilitano scambi e interazioni, ma costituiscono infrastrutture programmabili, capaci di riconfigurare attivamente le pratiche sociali
La tesi centrale del libro è che le piattaforme non siano semplicemente intermediari tecnologici neutri/neutrali che facilitano scambi e interazioni, ma costituiscano invece infrastrutture programmabili, capaci di riconfigurare attivamente le pratiche sociali, le relazioni economiche e i valori pubblici secondo logiche proprietarie. Lungi dall'essere semplici mercati delle idee come spazi di espressione democratica, le piattaforme operano attraverso meccanismi che operano sui dati e sulle informazioni, sui comportamenti e sui consumi, sulla selezione algoritmica, con modelli di business, strategie e scelte che privilegiano sistematicamente determinati interessi economici e modelli di comportamento a scapito di altri.
L'opera si distingue per l'attenzione alla tensione tra le logiche delle piattaforme e i valori pubblici delle società democratiche, proponendo un framework analitico per comprendere come questi due sistemi normativi entrino in conflitto e come possano essere rinegoziati attraverso interventi di governance democratica.
Ecosistema e meccanismi delle piattaforme
Van Dijck, Poell e de Waal sviluppano un apparato concettuale sofisticato per analizzare la cosiddetta piattaformatizzazione della realtà. Centrale è la nozione di "ecosistema delle piattaforme" definibile come un insieme interconnesso di piattaforme che non operano isolatamente, ma formano reti di interdipendenza tecnica, economica e normativa. Google, Facebook, Amazon, Apple e Microsoft (i cosiddetti GAFAM) non sono attori separati, ma costituiscono un oligopolio integrato dove dati, le infrastrutture e gli standard tecnici vengono condivisi, scambiati e resi reciprocamente compatibili.
Gli autori identificano tre meccanismi fondamentali attraverso cui operano le piattaforme. La datificazione è il processo attraverso cui aspetti della vita sociale vengono tradotti in dati quantificabili, tracciabili e analizzabili. Ogni interazione viene catturata, immagazzinata e trasformata in risorsa economica. Questo non è un processo neutrale di registrazione, ma una trasformazione attiva, che privilegia ciò che è quantificabile a scapito di dimensioni qualitative, contestuali e non codificabili dell'esperienza umana.
La commoditizzazione descrive la trasformazione di relazioni sociali, pratiche culturali e beni pubblici in merci scambiabili attraverso meccanismi di mercato mediati dalle piattaforme. L'amicizia diventa capitale sociale monetizzabile, l'attenzione diventa risorsa scarsa da catturare e vendere agli inserzionisti, la creatività culturale diventa contenuto da far circolare per generare engagement e dati. Questo processo estende la logica di mercato a sfere della vita precedentemente governate da altre razionalità: reciprocità, espressione artistica, servizio pubblico, solidarietà comunitaria.
La selezione algoritmica è il meccanismo attraverso cui le piattaforme ordinano, filtrano, raccomandano e rendono visibili o invisibili contenuti, persone e opportunità. Gli algoritmi non sono semplici strumenti tecnici ma incorporano valori, priorità e modelli di comportamento desiderati. I feed di notizie privilegiano contenuti che generano engagement emotivo, gli algoritmi di raccomandazione musicale favoriscono determinati generi e artisti, i sistemi di ranking nei marketplace determinano quali venditori prosperano e quali scompaiono. Questa curatela algoritmica è opaca, proprietaria e ottimizzata per obiettivi aziendali piuttosto che per valori pubblici come diversità, qualità informativa o equità di accesso.
Il ruolo delle piattaforme nella produzione culturale
Uno dei contributi più significativi dell'opera è l'analisi dettagliata di come le piattaforme stiano trasformando radicalmente la produzione, distribuzione e consumo culturale. Gli autori esaminano diversi settori, musica, video, giornalismo, editoria, mostrando pattern ricorrenti di disruption e riconfigurazione.
Nel settore musicale, piattaforme come Spotify e YouTube hanno completamente ridisegnato l'economia della produzione culturale. Il modello tradizionale basato sulla vendita di album e diritti d'autore è stato sostituito da un modello di streaming dove il valore viene generato attraverso volumi massivi di ascolti e la monetizzazione dell'attenzione. Gli artisti, particolarmente quelli indipendenti o emergenti, si trovano in una posizione di dipendenza strutturale dalle piattaforme: devono accettare compensi ridottissimi per singolo streaming, devono conformarsi alle logiche algoritmiche di raccomandazione (producendo musica che "funziona" negli algoritmi), e devono competere in un mercato dove la visibilità è determinata da sistemi di ranking opachi e spesso legati a investimenti promozionali piuttosto che a merito artistico.
Van Dijck, Poell e de Waal documentano come questo modello produca una concentrazione del valore: una piccola élite di artisti mainstream cattura la maggior parte dei ricavi, mentre la "long tail" di artisti di nicchia o emergenti fatica a raggiungere la sostenibilità economica nonostante la retorica della "democratizzazione" dell'accesso al mercato. La promessa delle piattaforme di disintermediare l'industria musicale tradizionale e permettere ai creatori di raggiungere direttamente il pubblico si è rivelata parziale: le vecchie gatekeepers (case discografiche) sono state sostituite da nuove gatekeepers (algoritmi delle piattaforme) spesso più opache e meno responsabili verso gli artisti.
Nel campo del video e dei contenuti audiovisivi, YouTube rappresenta il caso paradigmatico. La piattaforma ha effettivamente abbassato le barriere all'ingresso per i creatori di contenuti, permettendo a milioni di persone di produrre e distribuire video. Tuttavia, gli autori mostrano come il modello economico basato sulla pubblicità e sull'engagement abbia prodotto dinamiche problematiche. I creatori devono massimizzare visualizzazioni e tempo di visione per generare ricavi, creando incentivi verso contenuti sensazionalistici, clickbait, o progettati per trattenere l'attenzione piuttosto che per qualità intrinseca o valore informativo.
Il sistema di monetizzazione di YouTube, con le sue soglie di accesso, i suoi algoritmi di demonetizzazione automatica, le sue regole opache e modificabili unilateralmente, crea condizioni di precarietà strutturale per i creatori di contenuti. Molti YouTuber professionisti descrivono una condizione di dipendenza ansiogena dalla piattaforma, dove cambiamenti algoritmici improvvisi possono distruggere overnight fonti di reddito costruite in anni di lavoro. Questa precarietà è amplificata dalla mancanza di alternative reali: YouTube detiene una posizione quasi monopolistica nel video online, rendendo difficile per i creatori diversificare o migrare verso altre piattaforme.
Nel giornalismo e nell'informazione, gli autori analizzano come Facebook e Google siano diventati intermediari (pre)dominanti nella distribuzione di notizie. I publisher tradizionali hanno perso il controllo sulla relazione con il proprio pubblico, diventando dipendenti dagli algoritmi delle piattaforme per raggiungere lettori. Questo ha prodotto diverse conseguenze problematiche: la pressione verso contenuti ottimizzati per la viralità social piuttosto che per accuratezza e profondità; la crisi dei modelli di business giornalistici tradizionali con conseguente riduzione degli investimenti in giornalismo investigativo di qualità; la frammentazione della sfera pubblica in filter bubbles algoritmiche; la difficoltà nel contrastare misinformazione e disinformazione quando le logiche di distribuzione privilegiano engagement emotivo.
Gli autori sottolineano un paradosso fondamentale: mentre le piattaforme catturano la maggior parte del valore economico generato dalla circolazione di contenuti culturali e informativi (attraverso pubblicità e dati), i costi della produzione rimangono largamente esternalizzati sui creatori. Musicisti, videomaker, giornalisti e altri produttori culturali sostengono i costi di creazione, mentre le piattaforme estraggono valore attraverso il controllo dell'infrastruttura distributiva e l'appropriazione dei dati generati dalle interazioni con i contenuti.
Piattaforme e valori pubblici
Una delle intuizioni più importanti di The Platform Society riguarda il conflitto strutturale tra le logiche delle piattaforme e i valori pubblici delle democrazie liberali. Gli autori identificano diversi valori pubblici fondamentali quali accuratezza dell'informazione, privacy, equità di accesso, diversità culturale, responsabilità democratica, che entrano sistematicamente in tensione con gli imperativi economici e tecnici delle piattaforme.
La tensione tra privacy e datificazione è particolarmente acuta. Il modello di business delle piattaforme si basa sulla raccolta massiva di dati personali e comportamentali, mentre il diritto alla privacy è un valore fondamentale delle società democratiche. Le piattaforme hanno sistematicamente eroso le aspettative di privacy e di riservatezza attraverso termini di servizio complessi, dark patterns che rendono difficile proteggere i propri dati, e un ambiente normativo dove il consenso informato è diventato una fiction legale.
Il conflitto tra pluralismo informativo e selezione algoritmica emerge chiaramente nell'analisi della sfera pubblica digitale. Gli algoritmi di raccomandazione e i feed personalizzati ottimizzano per engagement individuale, creando filter bubbles e camere dell'eco che frammentano il discorso pubblico. La diversità di prospettive e l'esposizione a punti di vista differenti vengono sacrificati per massimizzare il tempo trascorso sulla piattaforma e la soddisfazione immediata dell'utente.
La tensione tra equità e concentrazione del potere economico attraversa tutti i settori analizzati. Le piattaforme producono effetti dove pochi attori dominanti catturano la maggior parte del valore, mentre la retorica della "democratizzazione" maschera la creazione di nuove gerarchie e dipendenze. Nel lavoro culturale, questo si traduce in una polarizzazione estrema tra una piccola élite di successo e una massa di creatori precari che faticano a raggiungere la sostenibilità economica.
Van Dijck, Poell e de Waal mostrano come questi conflitti non siano effetti collaterali accidentali ma conseguenze strutturali del design delle piattaforme e dei loro modelli di business. Le piattaforme non sono neutre rispetto ai valori ma incorporano e promuovono attivamente determinati valori (efficienza, crescita, engagement, commodification) a scapito di altri (equità, privacy, diversità, responsabilità democratica).
Valutazione critica e prospettive
Il framework analitico proposto dal libro fornisce strumenti concettuali robusti per analizzare fenomeni complessi. L'approccio ecosistemico, che considera le piattaforme non isolatamente ma come sistemi interconnessi, cattura efficacemente la realtà contemporanea meglio di analisi che si concentrano su singole piattaforme.
La prospettiva comparativa che attraversa diversi settori (cultura, educazione, sanità, trasporti) dimostra la pervasività delle piattaforme e permette di identificare pattern ricorrenti. L'analisi della produzione culturale documenta come le promesse di democratizzazione si siano tradotte in nuove forme di concentrazione del potere e precarizzazione del lavoro creativo.
La dimensione normativa dell'opera, ad esempio l'enfasi sui valori pubblici e sulla necessità di governare democraticamente le piattaforme, è un contributo importante al dibattito su regolamentazione delle piattaforme digitali e policy. Gli autori evitano sia il tecno-ottimismo acritico sia il determinismo tecnologico pessimista, proponendo invece un approccio costruttivo e tecnocritico, riflessivo che riconosce tanto i benefici quanto i problemi delle piattaforme.
L'analisi si concentra principalmente sul contesto europeo e, in misura minore, nordamericano, lasciando meno esplorati contesti del Sud globale dove le dinamiche legate alla diffusione e all'uso delle piattaforme digitali possono assumere forme diverse. La dimensione geopolitica riceve attenzione limitata.
Sul piano delle soluzioni, gli autori propongono principalmente interventi regolativi e di governance pubblica. Non vengono presentate e rimangono meno sviluppate alternative strutturali come piattaforme cooperative, modelli di proprietà pubblica, o forme radicalmente diverse di organizzazione della produzione e distribuzione culturale.
Considerazioni finali
The Platform Society costituisce un contributo fondamentale per comprendere la trasformazione della società contemporanea attraverso la platformization. Van Dijck, Poell e de Waal dimostrano in modo convincente che le piattaforme non sono semplici tecnologie ma infrastrutture che riconfigurano attivamente pratiche sociali, relazioni economiche e valori pubblici secondo logiche proprietarie orientate al profitto.
L'analisi della produzione culturale rivela come le promesse di democratizzazione e disintermediazione si siano tradotte, nella pratica, in nuove forme di dipendenza, precarizzazione e concentrazione del potere. I creatori culturali si trovano intrappolati in ecosistemi dove devono conformarsi a logiche algoritmiche opache, accettare compensi sempre più ridotti, e competere in mercati dove la visibilità è controllata da gatekeepers algoritmici piuttosto che da valutazioni di qualità o merito artistico.
La rilevanza dell'opera è cresciuta negli anni successivi alla pubblicazione, man mano che i problemi identificati dagli autori – dalla misinformazione alla polarizzazione, dalla precarietà del lavoro digitale alla concentrazione del potere economico – sono diventati sempre più centrali nel dibattito pubblico e politico. Le questioni di governance democratica delle piattaforme, di protezione dei valori pubblici, e di regolamentazione degli oligopoli digitali sono oggi al centro di iniziative legislative in Europa (Digital Services Act, Digital Markets Act) e oltre.
Per chiunque si occupi di economia digitale, produzione culturale, media studies, o politiche pubbliche nell'era digitale, The Platform Society offre un framework analitico indispensabile e una documentazione rigorosa di come le piattaforme stiano ridefinendo le strutture fondamentali della società contemporanea. L'opera ricorda che le scelte su come progettare, regolare e governare le piattaforme sono scelte politiche con profonde implicazioni per democrazia, equità e qualità della vita collettiva, e che richiedono quindi deliberazione democratica piuttosto che essere lasciate alle logiche proprietarie delle corporazioni tecnologiche.