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Una parola chiave è la consapevolezza, perché senza questa qualità non c’è gentilezza. . La consapevolezza non la si può insegnare, diventa una scelta di vita che crea, e costruisce nell’autoconsapevolezza e genera nell’etero consapevolezza il proprio modo di rapportarsi con il mondo. Senza attenzione, senza presenza non può esserci consapevolezza e l’attenzione va allenata .


Credo che ciascuno di noi in un qualche momento della sua vita sia arrivato a fare o anche solo a farsi domande come:

“Perché non mi ascolti?”

“Perché mi ignori?”

“Perché non ti premo?”

“Perché non ti interesso?”

“Perché non sono importante per te”

“Perché non mi tratti bene?”

E potremmo continuare a ricordare altre domande su questo stile, perché queste domande, ma soprattutto le risposte alle stesse, generano quel sottile dispiacere che alla lunga mina ogni tipo di relazione. L’autostima crolla, finiamo a non credere più a quei legami affettivi in cui si dà per scontato il “Ti voglio bene”, a cui però spesso può non seguire il “Ti tratto bene, ti considero, ti ascolto, sei importante per me, mi premi!”

Come possiamo accostare a tutto ciò la parola “arte”?

L'etimologia della parola arte sembra derivi dalla radice ariana ar- che in sanscrito significa andare verso, ed in senso traslato, adattare, fare, produrre. Questa radice la ritroviamo nel latino ars, artis. Originariamente, quindi la parola arte aveva un'accezione pratica nel senso di abilità in un'attività produttiva, la capacità di fare armonicamente, in maniera adatta.

Ed è questo aspetto della gentilezza che ci preme divulgare. Perché nella capacità di fare possiamo includere ogni nostro comportamento che parte dal linguaggio che usiamo, dalla nostra modalità di ascolto. Alla base troviamo sicuramente gli atteggiamenti di fondo che includono la nostra capacità di formulare pensieri consapevoli, il nostro impegno a ben governare le nostre percezioni.

Il libro si apre con l’analisi di verbi e parole il cui significato testimonia quanto si possa intervenire sul piano relazionale per vivere relazioni gentili.

Una parola chiave è la consapevolezza, perché senza questa qualità non c’è gentilezza. Abbiamo iniziato a scrivere di gentilezza per dare voce a una sofferenza sottile che a più riprese e in più contesti avevamo incontrato: quella che nel mondo formativo viene chiamata disconferma. Questo fenomeno si verifica quando le persone vengono non ascoltate, ignorate, fatte sentire non importanti, non all’altezza, in qualche maniera escluse. Impegnati ad abitare il senso della possibilità, era necessario trovare antidoti a questo fenomeno e per trovarli era necessario lavorare sulla persona, considerando anche l’ipotesi che, se spesso ci capita di subire disconferme, succede anche purtroppo che le agiamo. Anche perché una delle ragioni più frequenti perché questo accada è appunto l’inconsapevolezza.

Poi abbiamo riflettuto su tre verbi: creare, costruire, generare gentilezza.

Nella fase del creare la persona riesce a riconoscersi protagonista del modo in cui fa esperienza di quello che gli accade. Ha la possibilità di creare una sua modalità gentile di parlare, di ascoltare, anche di pensare, di percepire e di agire. Prende coscienza e in qualche modo crea la sua responsabilità, seconda parola essenziale nel processo relazionale, nell’accezione di response ability; cioè, la sua abilità a rispondere a quello che sta accadendo nella sua vita. Può sperimentare di poter creare gentilezza anche nel suo dialogo interno e può riconoscere così i benefici del trattarsi bene,

Create queste basi può iniziare a costruire gentilezza. La persona inizia a darsi degli obiettivi, a voler avere sempre risultati più appaganti. Come se avesse realizzato che solo su queste fondamenta ha la possibilità di costruire qualcosa di importante nella sua vita.

Raggiunta questa fase nasce il desiderio di condividere con altri questa visione, inizia la ricerca di quelle persone con cui è possibile generare gentilezza.

E l’atto del generare ci riporta al senso di dare vita a un essere umano e, con tutta l’incertezza che sappiamo questo atto comporta, si coltiva la passione per l’esistenza, per le relazioni umane. Si acquisiscono più punti di vista, anche nuovi rispetto a quelli con cui fino a quel momento si era guardato alla vita. Si trova il coraggio per esplorare sentieri di gentilezza nei quali si possono incontrare risorse rigeneranti e in questa ricerca si riconoscono tanti punti luce, che come ha avuto modo di dire Grazia Francescato, proprio per onorarli occorre unire in costellazioni.

La costellazione della gentilezza può avere tanti nomi e noi nel nostro lavoro ne abbiamo potuto creare più di una. All’interno del nostro libro abbiamo raccolto contributi delle persone che generosamente hanno aderito a testimoniare la loro luce e hanno scritto dei loro vissuti nei diversi contesti. Sono insegnanti che si occupano della fascia da zero a sei, ma anche dei ragazzi alle superiori, sono medici che nel loro lavoro hanno realizzato che la loro opera veniva valorizzata dall’ingrediente della gentilezza e che, se questa modalità non comporta in diversi casi la guarigione, sicuramente garantisce la cura. Sono professionisti, consulenti o cittadini che nella loro attività, potremmo affermare nella loro vita hanno messo al centro la relazione, la relazione gentile e per questo hanno anche dato vita a progetti nei quali ci si prende cura del neonato, poi del suo sviluppo e, nella fase più delicata, dell’accompagnamento alla conclusione della vita. Così abbiamo a realtà importanti come il Centro Studi per la Democrazia Affettiva con Renato Palma come fondatore e presidente, che promuove un sistema di relazioni tra pari, il rispetto delle differenze e delle preferenze Bimed con il Presidente Andrea Iovino che porta valori come etica e gentilezza alle migliaia di insegnanti in tutto Italia, come fornitore accreditato dal Ministero della Pubblica Istruzione; poi Il cinema insegna con Virginio De Maio che usa la metafora cinematografica come possibilità di riflessione. O il progetto singolare Vidas che si occupa dell’accompagnamento al fine vita.

Per noi è prioritaria la traduzione in pratica del prezioso valore della gentilezza; per questo da anni, dopo esserci occupati di creare, costruire, generare gentilezza nella nostra attività di formatori, counselor, psicologi e nelle nostre vite personali, abbiamo dato vita a “i lunedì della gentilezza” generati insieme alle direttrici delle biblioteche principali con le quali collaboriamo, ma anche con tutte le persone che in questi anni hanno a loro volta creato, costruito gentilezza a qualunque titolo.

Tutti loro testimoniano buone pratiche e, nel nostro libro abbiamo voluto dare risalto a questo mettendo anche alla fine di ogni capitolo il suggerimento di una buona pratica.

Ci sono delle parole che a volte possono risultare abusate con il rischio di svuotarle del contenuto prezioso che ciascuna di loro esprime.

Molti dei nostri percorsi includono l’importanza delle parole e per alcune ci piace curarne proprio l’approfondimento desiderato.

Consapevolezza, da cui è partita questa nostra riflessione, cum sapere, sapere insieme. Mette radici in uno spazio intimo di grande significato. Non si limita all’essere informati in maniera superficiale, non è una questione intellettuale. Mette radici profonde nella persona, si armonizza con le qualità della stessa e dà forma all’etica, alla modalità esistenziale, rendendo tutto molto autentico proprio perché frutto di un continuo accudimento e soprattutto di un’accurata sintonizzazione con il proprio divenire.

La consapevolezza non la si può insegnare, diventa una scelta di vita che crea, e costruisce nell’autoconsapevolezza e genera nell’etero consapevolezza il proprio modo di rapportarsi con il mondo.

Quale è la qualità che può favorire questo processo? L’attenzione e anche qui l’accezione con cui usiamo questa parola prende origine dall’etimologia ad-tendere, tendere verso. Quando noi tendiamo verso qualcosa, siamo attenti, o più significativamente, siamo presenti.

La parola attenzione ci riporta spesso a situazioni scolastiche, “non sta attento” o a situazioni di pericolo, “attento, non ti fidare”.

Ma l’attenzione fornisce tutte quelle modalità per le quali diventiamo consapevoli di quello che producono i nostri pensieri, di quali parole usiamo, di quali sensazioni stiamo esplorando e poi della nostra relazione con gli altri con il mondo.

Senza attenzione, senza presenza non può esserci consapevolezza e l’attenzione va allenata perché le distrazioni possono portarla laddove non desideriamo averla.

Significativa la traduzione di attenzione nella lingua ebraica: “sim lev”, metti il cuore!

In ogni nostro percorso di evoluzione condividiamo un’esperienza sulla base della quale assegniamo anche piccole pratiche quotidiane per garantire la presenza ad ogni atto che spesso compiamo “senza consapevolezza”.

Nella coerenza di una autenticità non possiamo certo intervenire su come le persone poi declineranno nella loro vita consapevolezza e attenzione. E qui nasce il concetto di responsabilità che quasi sempre arriva come peso, come dovere proprio per quell’uso comune che di questo termine si è fatto. La percezione si ammorbidisce quando trasformiamo la parola in response ability, quindi in abilità a rispondere, come specificato sopra. Allora le persone iniziano a riconoscere qualche loro abilità a rispondere e comprendono che è l’esercizio costante di queste abilità che permette loro di uscire dal circolo vizioso della reattività, dove è facile lamentarsi, sentirsi vittima, denunziare impotenza e fallimento. E, diremmo con orgoglio, si ritrovano, quasi magicamente, nel circolo della proattività dove è indispensabile partire dall’assunzione delle proprie response ability e da lì sviluppare un percorso propositivo che permette di cercare nuove strade, nuove alleanze. Partire dal presupposto di amarsi e accettarsi per poter amare gli altri. Ma anche di mollare la presa, lasciare andare, perdonare e accettare il risultato in un circolo virtuoso di autentica gentilezza.

Ci piace concludere con la metafora del colibrì che racconta che un giorno, nella foresta, scoppiò un grande incendio.

Tutti gli animali, i grandi animali, di fronte all’avanzare delle fiamme, scappavano terrorizzati, mentre il fuoco distruggeva ogni cosa.

Un piccolissimo colibrì si tuffò nelle acque del fiume. Dopo aver preso nel becco una goccia d’acqua, la lasciò cadere sopra la foresta invasa dal fumo.

Il fuoco non se ne accorse neppure e proseguì la sua corsa sospinto dal vento.

 Il colibrì, però, non si perse d’animo e continuò a tuffarsi per raccogliere ogni volta una piccola goccia d’acqua che lasciava cadere sulle fiamme.

La cosa non passò inosservata.

A un certo punto il leone lo chiamò e gli chiese: “Cosa stai facendo?”. L’uccellino gli rispose: “Cerco di spegnere l’incendio, faccio quello che posso!”

Ecco noi ci auguriamo di fare come il piccolo colibrì e sentiamo che le persone con cui condividiamo la ricerca di gentilezza riescono a sentire che possono anche loro attivarsi come questo piccolo operoso uccellino.

Lo stormo dei colibrì è sempre più numeroso, la costellazione dei colibrì sta prendendo sempre più forma.

Non tutti sanno come si conclude la metafora e questo può veramente nutrire la speranza: altri piccoli animali vedendo l’impegno del colibrì si unirono a lui amplificando l’intenzione. E a questa vista i grandi animali si rammaricarono molto del loro agire ed il leone disse al piccolo colibrì: Oggi abbiamo imparato che la cosa più importante non è essere grandi e forti, ma pieni di coraggio e di generosità. Oggi tu ci hai insegnato che anche una goccia d’acqua può essere importante e che «insieme si può» spegnere un grande incendio.”

Ecco che la parola insieme torna ad essere protagonista della gentilezza, anche da piccoli colibrì.

Il pensiero di Renato Palma può essere la giusta cornice per quanto abbiamo condiviso fino a qui:

“Pensare che il mondo può essere migliore a partire da noi non è un sogno. È un progetto.

Pensare che ognuno di noi può essere il motore del miglioramento, non è un’utopia.

È un impegno, che richiede energia e affetto.

L’energia e l’affetto si prendono dai sogni, dalle utopie e dalle buone relazioni che sappiamo accudire”



Anna Maria Palma

Professional Counselor

Coach di intelligenza emotiva

Socia fondatrice del Centro Studi per la Democrazia Affettiva che promuove un sistema di relazioni tra pari, il rispetto delle differenze e delle preferenze

Iscritta al R.I.C.A Registro Italiano Counselor AssoCounseling

Relatrice in convegni e seminari.

Numerosi articoli e pubblicazioni sulla qualità delle relazioni e il benessere organizzativo. Gli ultimi 6 libri sul tema della gentilezza.

 

Pubblicato il 11 giugno 2025

Anna Maria Palma

Anna Maria Palma / Professional Counselor, Emotional Intelligence Coach, Consulente, Ambasciatrice Gentilezza

palma@annamariapalma.eu http://www.annamariapalma.eu