Alcuni credono che questi universi abbiano assunto la forma distopica orwelliana del Grande Fratello (la psicopolizia di 1984), altri che in questi universi ci si senta bene perché distopicamente programmati, cerebralmente e cognitivamente, e per l’assunzione quotidiana del Soma Huxleyano (Il mondo nuovo), che porta ad accettare senza critiche le gerarchie e i poteri che in questi universi tecnocratici si sono ormai instaurati.
E se queste realtà distopiche a cui tutti possono fare facilmente riferimento, anche senza avere letto i libri che le descrivono e le raccontano, fossero meno inquietanti della realtà che si va prefigurando?
E se più inquietante fosse un mondo come quello attuale. Un mondo non letterario ma Reale. Un mondo nel quale si fa sempre più fatica a distinguere gli esseri umani dagli agenti e dagli artefatti robotizzati e automatizzati, la verità da ciò che è falso, il virtuale dal fattuale, le narrazioni dalla realtà?
È come se vivessimo tutti dentro mondi futuri come quelli che hanno alimentato l’immaginazione depressa, anfetaminica e schizofrenica di Philip K. Dick. Sono mondi nei quali si fa ormai fatica a comprendere le entità che li abitano, nei quali si fa parte di nicchie ecologiche ingannevoli chiamate piattaforme, adattate ad arte per lo sfruttamento “trasparente” di chi vi sta dentro, nei quali gli algoritmi e le intelligenze artificiali generative hanno preso il sopravvento e hanno imparato a scrivere libri falsi, a ingannare chi li usa e a trarre vantaggio dal bisogno indotto che in essi hanno introiettato.
E non finisce qui.
Questi mondi si sono popolati e sono stati colonizzati da bot, da macchine (algoritmi, piattaforme, applicazioni, ecc.) automatizzate progettate per il commercio online, per i sistemi finanziari, per la mobilità, per l’ospitalità e moltissimo altro.
Le utopie (Francis Bacon, Tommaso Campanella, Thomas More, Charles Fournier, Robert Owen, Saint Simon, Babeuf, ecc.) sembrano ormai morte e sepolte, a prevalere sono distopie che raccontano di mondi autoritari e disumanizzanti, esito di uno sviluppo tecnologico malato perché ingiusto e scorretto.
Più che ai libri che hanno suggerito film di culto come Blade Runner, Minority Report, The Truman Show,per comprendere il mondo distopico nel quale forse già ci troviamo, di Philip Dick bisognerre leggere il libro Redenzione immorale. Ambientato nel 2114 descrive personaggi già presenti nel nostro mondo, anche se in altra forma.
A far pensare a questo testo è il diffondersi di autocrazie e forze politiche populiste e autoritarie, che sembrano prepararsi al governo di un mondo generato da guerre apocalittiche e future catastrofi. In questo mondo futuro, già qui, ci sono piccoli robot e coorti di miliziani, (osservanti delle leggi sulla sicurezza) alla costante ricerca di trasgressori della legge che vengono processati da tribunali popolari condominiali e, se condannati, inviati in resort per la salute mentale o in esilio su pianeti (Altro mondo) extraterrestri.
Il mondo distopico di oggi, mediale, paranoico, malato e schizofrenico, non ha bisogno di esercizi di fantasia. Si manifesta nella precarietà lavorativa e nella paura di perdere il posto di lavoro, vive dentro guerre e crisi continue, personali, di coppia, sociali, economiche, politiche, ecc. Quello di Philip Dick aveva in più esperienze extrasensoriali, il disallineamento tra realtà e finzione, la presenza di figure aliene e entità metafisiche, supercomputer al comando del pianeta, sempre dentro una sensazione di morte capace di cambiare il senso del tempo. Ma forse anche tutto ciò fa già parte della nostra esperienza attuale.
Sicuramente Philip Dick con tutta la sua opera fantascientifica “paranoica” si è rivelato un grande precursore. Ha anticipato i tempi e la realtà di un mondo tecnologico sempre più autoritario e disumanizzante, assimilabile a quello che di questi tempi ha visto, magnati delle Big Tech americane prendere il potere con la prospettiva di tenerlo a lungo, in spregio alla democrazia.
Anche la proliferazione di immagini create da IA, le esperienze comuni sempre più virtuali, dentro pseudo-mondi e metaversi nei quali non è più possibile (af)fidarsi delle informazioni che si ricevono, sono una anticipazione Dickiana. Anticipazioni dettate dalle sue ossessioni e inquietudini personali, che tanto assomigliano oggi alle ansie e alle paure, ai disturbi psichici e alle malattie mentali, alle ossessioni e alle inquietudini correnti, di moltitudini di persone, molte delle quali determinate dalla perdita di contatto con la realtà, sempre più manipolata (dai media, dalla politica, da algoritmi, ecc.) e impossibile da verificare.
Basti pensare al libro Simulacri che racconta degli Stati Uniti d’America e d’Europa, governati da un androide, che è poi come pensare a ciò che sta emergendo nella politica tecnocratica di questi tempi. Il mondo attuale sempre più diviso tra élite privilegiate di supericchi e moltitudini (folle, greggi) di poveri e meno privilegiati, assomiglia a quello raccontato nel libro La penultima verità, un mondo di finzione e di irrealtà, che interessa anche la sfera interiore, mondi paralleli fittizi ai quali ci è ormai rassegnati per l’incapacità a usare la fantasia, l’immaginazione, la creatività umane, per dare un senso alla realtà.
Oggi la nostra immaginazione è stata regalata alle intelligenze artificiali generative, la nostra fantasia alle serie televisive, la nostra creatività si perde dentro i tanti mondi simulati che abitiamo con le nostre identità artificiali, non proprio corrispondenti alle nostre identità incarnate e umane.
Per capire cosa stia succedendo, per comprendere in che mondo viviamo, la lettura dei testi di Philip Dick potrebbe fornire alcuni spunti e strumenti di riflessione. Più di ciò servirebbe però la capacità, ormai perduta, di elaborare pensiero critico, utile a discernere l’informazione della conoscenza, per “prendere coscienza” e aumentare la propria (tecno)consapevolezza, ma soprattutto per assumersi le proprie responsabilità individuali, anche etiche, impegnandosi nel porsi delle domande, nel mettere in discussione la realtà e il potere che l’ha intrappolata, fare delle scelte, agire.