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L'articolo di Owen Matson 'Rethinking Meaning in the Age of AI', apparso qui sulla 'Stultifera Navis', pone questioni molto interessanti.
Nell'Age of AI macchine rimodellano gli ambienti in cui prendono forma il senso, il giudizio e la responsabilità umani. Ma l'obbligo etico rimane legato a forme di vita capaci di rispondere.
Per rispondere è necessario lasciar perdere la fumosa filosofia che giustappone oggi umani e macchine, tendendo a considerarli inscindibili, chiusi insieme in una scatola.
Serve uscire dalla scatola. Tornare alla saggezza umana. Vedremo allora che la responsabilità della situazione presente non ricade solo sui tecnici che progettano e sviluppano, né solo su legislatori e politici, chiamati a dettare norme. La responsabilità ricade su ogni cittadino, che è chiamato a capire, a tenersi lontano dal pensiero in scatola, e a pensare da sé. La responsabilità ricade su ognuno di noi.

Il pensiero espresso da Owen Matson nell'articolo Rethinking Meaning in the Age of AI, qui su Stultifera Navis, è acuto. 

Ma mi sembra chiuso in una scatola. Leggendo le sue parole mi chiedo: perché ce ne stiamo chiusi in una scatola? Perché consideriamo solo il pensiero formulato all'ombra di quella cosa cui diamo il nome immaginifico nome di intelligenza artificiale?

Pensiero in scatola

Ci contentiamo di un pensiero che sta chiuso in una scatola. Un pensiero formulato tramite lessico oscuro, oltretutto. Le fonti autorevoli prese in considerazione sono quelle che stanno dentro la scatola. Se ci si avventura a citare qualche pensatore fuori dalla scatola, si citano sempre i soliti, Deleuze, Derrida, magari qualcuno come Latour - ma sempre letti alla luce delle chiavi di lettura vigenti nella scatola.

Si rimestano sempre gli stessi concetti: 'agency', 'non umano', 'sistemi sociotecnici'... Qualcuno subito aggiunge anche: coevoluzione uomo-macchina...

Quasi a voler rimuovere il fatto che siamo umani, siamo cittadini che si interrogano, e cercano sempre -ieri oggi e e domani- spazi di azione.

Perché tutta questa enfasi?

Perché tutta questa enfasi nel parlare di novità? Perché questo guardare sempre meno a noi stessi, e sempre più alla presenza sulla scena di macchine che chiamiamo 'intelligenze artificiali'?

Tu sei un essere umano, io sono un essere umano, non esiste né per te né per me la possibilità di osservare il mondo dal punto di vista di un pipistrello. Né dal punto di vista di una macchina. La posizione di osservatore esterno che guarda dall'alto e dal di fuori il gioco di uomini e macchine è illusoria. Già lo sforzarsi di immaginare di guardare il mondo da questa posizione è una elusione della responsabilità implicita nell'essere umano.

I complessi sistemi sociotecnici nei quali ci troviamo ad abitare possiamo osservarli solo dal punto di vista dell'essere umano. Quando Matson dice: "il significato viene sempre più generato all'interno di sistemi tecnici che preformattano il giudizio", dice una cosa verissima.

Ma è forse questa una novità dell'Era Digitale? Certo è la condizione in cui viviamo oggi, ma può ben essere letta così: il capitalismo speculativo, orientato a preformattare il giudizio, finanzia lo sviluppo di macchine atte a preformattare il giudizio

Dire che "i sistemi non umani partecipano al significato" è un'ovvietà. Anche il dire che la responsabilità ricade su "coloro che progettano, implementano e legittimano" "macchine che preformattano il giudizio" è una ovvietà.

I concetti di 'agency' e 'non umano' (un non umano volutamente indefinito) o sono inutili, o sono strade aperte apposta per confondere le acque.

Ripensare o continuare a pensare

Matson inizia con una premessa: 'Rethinking Meaning in the Age of AI'.

Gli propongo di cambiare la premessa con quest'altra: 'Continuare (come sempre) a cercare il senso anche nell'Era dell'AI'.

Solo fuor dalla scatola il pensiero, gli dico, si sviluppa senza senza vincoli legati allo 'spirito del tempo' e alle contingenze. Il 'Rethinkg in the Age of AI' chiude il pensiero in una scatola.

Matson precisa che quando scrive: “nell'era dell'IA”, si riferisce "a una condizione strutturale in cui il significato viene sempre più generato all'interno di sistemi tecnici che preformattano il giudizio". Una condizione che Matson intende criticare.

Sono d'accordo con lui. Ma non si può pensare a come uscire dalla scatola con un pensiero capace di manifestarsi solo dentro la scatola.

Vengono in mente le parole di Nietzsche quando diceva: siamo avvinti in catene. Ma ci siamo così abituati che non vediamo più le catene. Sappiamo vedere solo le ultime catene.

Ecco: la condizione digitale è forse l'ultima catena. Vediamo solo quella.

Condizione umana

La condizione strutturale che viviamo oggi non è che una variante delle condizioni strutturali che noi umani abbiamo vissuto e vivremo.

Si esce dalla scatola solo se torniamo a considerare la condizione umana. Nella sua ampiezza e nella sua profondità. Con parole libere. Senza cadere nella scelta riduttiva di chi cerca parole buone per parlare allo stesso modo, con la stessa precisione, di noi umani e di quelle macchine che abbiamo oggi sotto gli occhi.

Guardare alla macchina e alla nostra relazione con la macchina finisce per essere un modo per non guardare a noi stessi.

Etica

Le intenzioni di Matson sono encomiabili. Si preoccupa perché "le procedure istituzionali, i giudizi amministrativi e le decisioni quotidiane" dipendono sempre più da queste macchine che chiamiamo intelligenze artificiali.

Il pensiero nella scatola è orientato a mostrare una scena dove appaiono alla pari umano e non umano. E dove un non umano rimodella gli ambienti in cui prendono forma il senso, il giudizio e la responsabilità umani.

Matson vede giustamente questa situazione preoccupante da un punto di vista etico.

Onestamente, e non si può che essere d'accordo, eccepisce: "l'obbligo etico rimane legato a forme di vita capaci di rispondere".

Chi può assumersi, alla luce della filosofia della scatola, della filosofia nella scatola, responsabilità

E qui, per fortuna, gliene rendiamo merito, esce dalla scatola. E dice: la responsabilità ricade su "coloro che progettano, implementano e legittimano le distinzioni tecniche che ora condizionano il giudizio in anticipo".

Giusto. Ma non basta. La responsabilità ricade certo sui tecnici che progettano e sviluppano. Ma non solo su di loro. La responsabilità non ricade nemmeno solo su legislatori e politici, chiamati a dettare norme. La responsabilità ricade su ogni cittadino, che è chiamato a capire, a tenersi lontano dal pensiero in scatola, e a pensare da sé. La responsabilità ricade su ognuno di noi.

Ognuno di noi può cercare da sé di uscire dalla scatola. Può sbeffeggiare le vuote espressioni esoteriche che riempiono tanto i Journal scientifici come le chiacchiere su Linkedin, pieni di panzane del tipo: 'coevoluzione uomo-macchina'.

Ognuno di noi, in base alla propria saggezza, può scegliere come muoversi in questa cosiddetta Era dell'AI.

Non da soli. La Stultifera Navis è un modo di muoversi insieme.

Pubblicato il 22 dicembre 2025

Francesco Varanini

Francesco Varanini / ⛵⛵ Scrittore, consulente, formatore, ricercatore - co-fondatore di STULTIFERA NAVIS

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