1. Semantica storica dell'alfabetizzazione: scrivere come gesto civico
Nel Trecento italiano, cronisti come Dino Compagni e Giovanni Villani consideravano la scrittura come un atto di responsabilità intergenerazionale. Non si trattava di “salvare” la memoria, ma di fondare una comunità attraverso l’esercizio della narrazione. Come osserva Zabbia, la scrittura assolveva a un dovere civico: trasmettere ciò che è stato perché possa ancora essere. Questa dimensione deontica della scrittura è stata oscurata dal successivo processo di professionalizzazione e tecnicizzazione dell’alfabetizzazione.
Le microstorie di scrittura popolare fra Medioevo e prima età moderna mostrano un paesaggio più complesso e stratificato: l’artigiano che firma un contratto, il contadino che incide un nome su un muro, il tessitore che scrive versi in volgare non partecipano a un processo di apprendimento tecnico, ma esercitano un diritto alla parola, rivendicano un’agenzia. Non è la competenza che conta, ma la presenza.
Il passaggio alla modernità istituzionalizza e separa: la scrittura diventa segno di esclusione, e l’illetterato moderno non è più chi non ha accesso, ma chi è escluso dalle forme legittime del discorso. L'alfabetizzazione, da pratica comunitaria, si trasforma in requisito selettivo.
2. Il pensiero cinese e l'epistemologia del vuoto
Il confronto con la scrittura classica cinese permette di relativizzare il paradigma occidentale. Come ha mostrato Jullien, il pensiero cinese non conosce una metafisica dell'essere, né una logica dell'identità. La scrittura non è definizione, ma evocazione; non è argomentazione, ma risonanza.
Il Neiye, testo del IV secolo a.C., non enuncia tesi, ma propone un'esperienza: "acquieta i pensieri, contempla la Via". La calligrafia diventa forma di meditazione, gesto che esprime un ordine interiore. Anne Cheng descrive questo processo come pensiero "a spirale", che non possiede l'oggetto ma lo circumnaviga, lo evoca, lo lascia affiorare.
Questa epistemologia della reticenza, della sottrazione, è il rovescio speculare del logocentrismo occidentale. Là dove il logos definisce, la scrittura taoista trasforma. Là dove la parola argomenta, il segno cinese induce un movimento. Non è solo un'altra scrittura, ma un'altra idea di verità.
3. Linguaggio, potere e resistenza: egemonie semantiche
La riflessione sulla scrittura non può eludere la sua dimensione politica. Ogni ordine sociale è sostenuto da un ordine discorsivo, e quest'ultimo è sempre l'effetto di una lotta per l'egemonia. Le teorie di Gramsci trovano oggi una inquietante conferma: la guerra, oggi, si combatte sul piano semantico. Il Counterinsurgency Field Manual dell'esercito americano descrive con chiarezza la necessità di costruire "narrazioni dominanti". L'ideologia non è più mascheramento, ma progettazione discorsiva.
Negli anni Ottanta, la rivoluzione neoliberale ha operato una risemantizzazione sistematica del lessico politico: "libertà", "efficienza", "responsabilità" sono stati svincolati dalla giustizia sociale e ricondotti a una logica mercantile. Wendy Brown parla di "rivoluzione silenziosa", in cui il potere muta il significato delle parole senza mai dichiararsi.
Contro questa egemonia semantica, si stagliano le scritture marginali: i graffiti, le cronache locali, i diari popolari. Non sono documenti folklorici, ma atti di resistenza. Tracciano una genealogia della disobbedienza simbolica, del rifiuto di un ordine linguistico imposto.
4. Verso una semiotica della differenza
Una semiotica critica della scrittura deve partire dalla differenza, non dall'universalità. Ogni scrittura è un atto politico in quanto prende posizione all'interno di un campo di visibilità e legittimità. Scrivere non è solo comunicare, ma agire: produrre un mondo, intervenire in esso, modificarne la griglia simbolica.
Oggi, la scrittura digitale moltiplica le forme testuali ma ne svuota la densità. La velocità divora la memoria. Si scrive molto, ma si dimentica di scrivere. In questa accelerazione, la scrittura perde la sua funzione testimoniale, si dissolve nell'oblio dell'istante.
Riattivare una scrittura pensante significa restituirle una funzione etica. Come per i cronisti medievali e i maestri taoisti, scrivere può ancora essere un esercizio di presenza, di trasformazione, di cura.
Conclusioni
Scrivere è sempre un gesto situato. La scrittura non è neutra, ma inscritta in relazioni di potere, in epistemologie, in genealogie. Confrontare pratiche differenti – occidentali e orientali, egemoniche e subalterne – non è un esercizio di erudizione, ma un atto critico. Decostruire l'ideologia della scrittura come trasparenza significa riappropriarsi della sua potenza generativa.
In un mondo dominato da algoritmi narrativi e da economie del segno, ripensare la scrittura come atto responsabile è una necessità. Come scriveva Tullio De Mauro, "chi possiede la parola, possiede il mondo. Ma chi ne conosce le radici, possiede anche il dubbio".
E il dubbio, oggi, è l'ultima forma di libertà.
Bibliografia
Cheng, A. (2000). Storia del pensiero cinese. I. Dalle origini allo "studio del Mistero". Einaudi.
Compagni, D. (1986). Cronica. A cura di G. Porta. Garzanti.
La testimonianza autobiografica e partecipe di Dino Compagni offre una visione interna dei conflitti civili nella Firenze del XIII-XIV secolo. Il suo stile diretto e personale rende la scrittura uno strumento di impegno morale e politico.
De Mauro, T. (2011). Storia linguistica dell'Italia unita. Laterza.
Brown, W. (2013). Stati murati, sovranità in declino. Laterza.
Jullien, F. (1996). Trattato dell'efficacia. Einaudi.
Villani, G. (1991). Nuova Cronica. A cura di G. Porta. Einaudi. Opera monumentale della storiografia medievale, la Cronica di Villani documenta con metodo e rigore la vita fiorentina e italiana fino alla peste del 1348. La sua attenzione ai dati economici e sociali prefigura un approccio quasi moderno alla narrazione storica.
Zabbia, M. (2019). I cronisti fiorentini e la scelta del volgare. In Les chroniques et l'histoire universelle France et Italie (XIIIe-XIVe siècles). Classiques Garnier.
Eco, U. (2017). Come si fa una tesi di laurea. La nave di Teseo.
U.S. Army (2006). FM 3-24/MCWP 3-33.5 – Counterinsurgency Field Manual. Department of the Army and the Marine Corps. Manuale strategico pubblicato dall’esercito statunitense, in cui si riconosce esplicitamente l’importanza della costruzione di “narrazioni dominanti” nei contesti di guerra asimmetrica. Disponibile online