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Una recensione del libro di Mary Roach: Replaceable You: Adventures in Human Anatomy, che combina rigore scientifico, sensibilità narrativa e aperture filosofiche significative. Il testo fornisce un viaggio di esplorazione del corpo umano fatto con rigore scientifico, curiosità irriverente e una profonda sensibilità per le implicazioni etiche e filosofiche della medicina moderna. In questo libro l’autrice affronta il tema di cosa significhi essere umani in un'epoca in cui sempre più parti del nostro corpo possono essere sostituite, riparate o reimmaginate?


In tempi nei quali i progressi della bioingegnaria, della medicina rigenerativa e della chirurgia dei trapianti stanno ridefinendo i confini tra naturale e artificiale, tra sé e altro-da-sé, la tesi centrale di Roach (Replaceable You: Adventures in Human Anatomy) è che la sostituibilità del corpo non sia semplicemente una questione tecnica o medica, ma sollevi interrogativi fondamentali sulla natura dell'identità corporea e sulla relazione fenomenologica tra coscienza e materialità somatica.

In un periodo di tecno-ottimismo collegato alle meraviglie allucinatorie delle IA, il volume merita attenzione, non solo per la sua capacità divulgativa, ma per il modo in cui riesce a intrecciare narrazione scientifica e riflessione filosofica implicita, rendendo accessibile a un pubblico ampio questioni che attraversano neuroscienze, etica medica e fenomenologia del corpo vissuto.

Il libro si presta a una lettura facilitata grazie alla sua struttura e organizzazione: capitolo per capitolo, ognuno con una propria narrazione autonoma, si è portati in modo sistematico a scoprire diverse regioni anatomiche e sistemi corporei, dalla pelle agli organi interni, dal sistema cardiovascolare a quello nervoso.

Evitando la sistematicità che sempre caratterizza i manuali medici e scientifici, il libro assume la forma di un viaggio, guidato dalla curiosità e dalla risonanza emotiva delle storie individuali raccontate, in compagnia di casi clinici, tecnologie innovative o momenti di svolta nella storia della medicina dei trapianti.

Ne deriva un percorso che non segue sentieri lineari ma è strutturato su una gerarchia implicita di complessità esistenziale: si parte dalle sostituzioni relativamente "semplici" (protesi, innesti cutanei) per arrivare alle questioni più problematiche legate al trapianto di organi vitali, e alle speculazioni sul futuro della neurochirurgia e dell'interfaccia cervello-macchina.

Questa strategia narrativa rivela una consapevolezza filosofica sottile: Roach sembra suggerire che la sostituibilità non sia uniforme, ma si articoli secondo una scala di intimità ontologica che va dall'esterno (la pelle, le articolazioni) all'interno (il cuore, il cervello), dove la sostituzione mette in gioco dimensioni sempre più profonde dell'identità personale.

Non è un caso che l’approccio sembra essere di tipo fenomenologico, nel tentativo di tenere separata la tensione che sempre esiste tra corpo-oggetto e corpo vissuto (a compendio segnalo la mia recensione sul libro Nati Cyborg di Claudio Paolucci). La sostituzione di parti corporee in questo approccio non viene mai vista come una semplice operazione meccanica o tecnologica, ma sempre come legata a qualche forma di rinegoziazione del rapporto tre-riflessivo che ciascun essere umano intrattiene con il proprio corpo incarnato. Un esempio particolarmente efficace riguarda il capitolo dedicato ai trapianti di mano: Roach descrive casi in cui i pazienti, pur avendo recuperato funzionalità motorie, riferiscono una persistente sensazione di estraneità rispetto all'arto trapiantato. L’esempio illustra come la protesi o l'organo trapiantato debbano essere "incorporati" (embodied) attraverso un processo che non è riducibile alla sola guarigione fisiologica, ma richiede un'integrazione nel tessuto esperienziale del soggetto. Ciò vale a maggior ragione per il trattamento delle tecnologie protesiche avanzate che interessano il cervello e che sembrano suggerire il superamento in atto del confine che separa l’organico dall’artificiale. Anche in questi nuovi ambiti si ricerca e di pratiche tecno-mediche il dispositivo protesico non è semplicemente uno strumento esterno, ma diventa parte dell'orizzonte percettivo del soggetto, andando a modificare il suo essere-nel-mondo. Nel caso di trapianti di organi vitali poi subentra anche la dimensione etica che porta l’autrice a riflettere sulle implicazioni legate alla donazione (donatore) e al ricevimento (paziente). Implicazioni che fanno emergere gratitudine ma anche inquietudine legata al fatto di ospitare organi di altri dentro di sé. Una inquietudine che sembra suggerire di non sottovalutare la complessità della nostra identità corporea: noi non siamo solo la nostra coscienza, ma anche la nostra carne, e quando quella carne viene parzialmente sostituita, qualcosa nella nostra auto-percezione necessariamente cambia.

Roach è brava nel trasformare questioni tecniche complesse in narrazioni che suggeriscono una riflessione etica e filosofica più profonda. La scrittura dell’autrice poi possiede una qualità letteraria in grado di elevare il testo al di là della semplice divulgazione scientifica. A rendere interessante il libro motivandone la lettura è anche il suo tessuto narrativo coinvolgente, la condivisione di una ricerca esplorativa condotta attraverso interviste con chirurghi, pazienti, bioingegneri, storici della medicina, ecc., poi ci sono i racconti delle visite ai laboratori di ricerca, alle sale operatorie, ai centri di riabilitazione (con il limite che queste visite sono collegate a contesti prevalentemente angloamericani). Interviste e visite arricchiscono in modo imprevedibile il bagaglio di informazioni, non sempre e mai facilmente reperibili su Internet.

Interessante del libro di Roach è anche l’uso calibrato dell’umorismo come dispositivo pedagogico usato anche per rendere accessibili argomenti che potrebbero sembrare ostici. Con questo approccio stilistico l’autrice si trasforma in una guida curiosa ma non onnisciente, sempre disponibile a fare domande ingenue e a condividere, anche con auto-ironia, momenti di disagio o di perplessità.

Navigando tra il rendere le tematiche accessibili e la precisione scientifica, il rischio della semplificazione è sempre dietro l’angolo, ma la Roach evita il gergo tecnico quando possibile e mai sacrifica l’accuratezza. Il risultato è che il testo può essere letto con profitto sia da un pubblico generalista, sia da lettori con background scientifici. Peccato che su molti punti critici, forse per non perdere lettori, l’autrice non prenda mai una posizione netta.

Ciò che risulta interessante della scrittura di Roach è il suo sentirsi coinvolta che la porta a raccontare i suoi processi di apprendimento, i pregiudizi da cui parte e a condividere le sue reazioni emotive. Così facendo è come se stesse sposando un approccio fenomenologico che evita le astrazioni per costruire narrazioni sempre situate, vissute, incarnate. In questo modo è come se ammettesse che non esiste alcuno sguardo neutrale sul corpo, perché chi osserva è sempre già un corpo.

I limiti del libro, come già accennato sopra, stanno nella visione prevalentemente occidentale, per non dire anglo-americana, sbilanciata verso altri contesti geografici e culture del mondo, ma anche ambiti nei quali ciò che è stato scoperto e raccontato non potrebbe avere alcuna storia, per motivi economici (le protesi costano, le tecnologie devono essere operative, i laboratori o le cliniche devono esistere) e disuguaglianze sanitarie. Altro limite è come viene trattata la questione di genere, razza e classe in relazione alla medicina dei trapianti, è come se mancassero vicinanze conoscitive o intellettuali a femministe del calibro di Judith Butler o Elizabeth Grosz.

In conclusione, il libro è raccomandabile a un pubblico ampio e non specialistico. La narrazione che regala è avvincente e ben documentata, la ricchezza di spunti favorisce ulteriori riflessioni teoriche, i tanti casi raccontati offrono l’opportunità di riconsiderare le dimensioni esperienziali e esistenziali della pratica clinica.


StultiferaBiblio

Pubblicato il 29 dicembre 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

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