Come ha scritto Jerome Lanier, il problema non è che l’Intelligenza Artificiale ci distruggerà (mai pensato neppure io), questo non avverrà mai, in fondo gli umani hanno trapassato numerose fasi evolutive grazie alla loro creatività e specificità. Il vero problema è che l’IA, agendo per chi la produce, voglia metterci al guinzaglio, sotto controllo, per guidarci, convincendoci della sua “intelligenza”, efficienza, rapidità, anche di pensiero e di apprendimento, potenza. Nel fare questo opera nell’evidenziare, attraverso lo storytelling che anima, la nostra inadeguatezza a fare altrettanto, a convincerci della necessità di farci mettere sotto protezione.
E qui sta il vero pericolo!
Come ha scritto Jerome Lanier, il problema non è che l’Intelligenza Artificiale ci distruggerà (mai pensato neppure io), questo non avverrà mai, in fondo gli umani hanno trapassato numerose fasi evolutive grazie alla loro creatività e specificità. Il vero problema è che l’IA, agendo per chi la produce, voglia metterci al guinzaglio, sotto controllo, per guidarci, convincendoci della sua “intelligenza”, efficienza, rapidità, anche di pensiero e di apprendimento, potenza. Nel fare questo opera nell’evidenziare, attraverso lo storytelling che anima, la nostra inadeguatezza a fare altrettanto, a convincerci della necessità di farci mettere sotto protezione. E qui sta il vero pericolo!
Affidandoci ciecamente alla intelligenza artificiale e abusandone, come si sta già facendo con ChatGPT, non si allontana il rischio della sesta estinzione, la si potrebbe anche accelerare. La cecità si intravede da tempo nei comportamenti di moltitudini di individui (cosa dicono i content writer e i produttori di contenuti sulla ChatGPT?), anche dei più acculturati, dei media, di molti filosofi e intellettuali (ma dove sono ormai?). È la cecità ben raccontata da Saramago ambientata in un paese nel quale all’improvviso una persona diventa cieca. La sua cecità è così contagiosa da rendere tutti ciechi. Diventati ciechi, l’unica cosa che distingue i protagonisti del libro è la voce, il loro fisico non conta, il passato nemmeno, forse neppure la loro psicologia, sono anche senza nome, con l’eccezione dell’insignificante Josè. Contano solo perché si muovono e agiscono all’interno di un mondo di ciechi.
“La cecità stava dilagando, non come una marea repentina che tutto inondasse e spingesse avanti, ma come un'infiltrazione insidiosa di mille e uno rigagnoli inquietanti che, dopo aver inzuppato lentamente la terra, all'improvviso la sommergono completamente.” - La cecità di Josè Saramago
Ciechi ci vuole anche, con il nostro complice contributo, l’intelligenza artificiale soprattutto quando è usata passivamente e acriticamente. E oggi quanti sono coloro che la usano in questo modo? L’uso che ne facciamo ci sta isolando, rendendo reciprocamente incomprensibili, incapaci di dialogare forse anche di pensare, defocalizzati dalle tante crisi che alimentano lo storytelling disfattista sulla sesta estinzione ma anche dalla sua realtà potenziale e già in fieri, psichicamente malati (parliamo più con ChatGPT o con Alexa che con il vicino di pianerottolo).
Più la tecnologia diventa sofisticata e più abbiamo la possibilità di fare danni maggiori, in primo luogo a noi stessi, alla nostra umanità. Ne abbiamo già una evidenza concreta nel come è cambiata Internet, in cosa si sono trasformati i motori di ricerca, nel ruolo tecno-magico da noi assegnato agli algoritmi, in cosa abbiano prodotto le piattaforme social, veri e propri agenti di manipolazione, disinformazione e misinformazione. Questi cambiamenti ci hanno visto complici compiacenti e succubi, agenti della manipolazione (fake news, post-verità, ecc.) di cui siamo autori e vittime al tempo stesso.
Tutte le nostre azioni sembrano aver preparato l’ambiente perfetto per la presa di controllo di un’entità come l’intelligenza artificiale. Il mondo globalizzato di oggi in realtà è diventato sempre più monolitico e gerarchizzato, più facile da essere governato e dominato. Lo è il mondo interiore ormai soggetto a quello che Umberto Galimberti ha definito l’inconscio tecnologico (così fan tutti!). Lo è anche quello lavorativo ormai regalato alle piattaforme per la consegna domicialiare, l’housing, la logistica, la produzione, con il solo obiettivo di produrre profitto a scapito della dignità e del benessere del lavoratore.
“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.” - La cecità di José Saramago.
Come esseri umani abbiamo già perso molta della nostra autonomia, anche di pensiero. E’ come se ci fossimo arresi:
- come cittadini che non credono più che un altro mondo sia possibile,
- come esseri sociali e comunitari che preferiscono i social all’incontro fisico e al contatto,
- come pensatori capaci di costruire utopie e che oggi prediligono immergersi nelle distopie elargite dalle serie televisive di Netflix,
- come individui che non lottano più per avere personalità distinte ma corrono felici verso il conformismo di massa e l’agglutinamento generalizzato del “tutti uguali”,
- come entità esistenziali che hanno rinunciato a vivere da essere umani per lasciarsi funzionare ed essere sempre più simili a una macchina…oggi sempre più “intelligente”.
Comprendere l’essenza di essere umani è ciò che oggi può fare la differenza. La comprensione passa dalla (tecno)consapevolezza, dalla coscienza di essere speciali (le macchine non hanno e mai avranno una coscienza umana), dalla #interiorità, anche in forma di #spiritualità, dalla capacità di fare delle scelte utili a sfuggire al controllo della tecnologia (Sarà ancora possibile? Molti ne dubitano!) per renderla utile a scopi umani, al loro servizio.
Nel mondo che l’intelligenza artificiale mira a rendere abitato da ciechi, per tornare all’apologo di Saramago, conviene forse partire da ciò che la cecità determina: non si vede ma si continua a sentire. Privati dalla vista e dalla potenza delle immagini, obbligati a ricercare il silenzio dentro di noi per prestare attenzione e poter meglio interagire con i rumori del mondo esterno, si potrebbe riscoprire l’importanza degli altri a partire dalla specificità delle loro voci e dei loro timbri vocali che ne denotano le differenze. Nella realtà attuale satura di rumori e surplus informativi abbiamo difficoltà a prestare ascolto, a dare il giusto nome alle cose. Nel mondo reso cieco dall’intelligenza artificiale prestare attenzione alla voce dell’altro potrebbe essere il primo passo per sentirsi in compagnia di altri, nella consapevolezza che nessuno di noi è mai solo.
Usiamo in modo intelligente ChatGPT ma ricordiamoci sempre di dialogare, interrogare, ascoltare e interagire con persone in carne e ossa.
“Hey Alexa, svegliami tra tre ore, voglio verificare quanti commenti ha ricevuto la mia ultima mind saw!”