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Un pensiero critico ridotto a feticcio e simulacro è il mezzo oggi usato per celebrare il nuovo Moloch: la cosiddetta 'intelligenza artificiale'.

C'è un confine sottile tra l'incapacità di essere più chiari e l'uso artato nell’oscurità

Quando si affrontano temi complessi e nuovi è difficile essere chiari. Anzi impossibile. Mancano le parole per dirlo. Si è stupiti da quello che si vede e si sente e si percepisce e si cerca di esprimere lo stupore. Ci si trova a dover reiventare il senso delle parole per scrutare l'oscuro.

Si cerca la luce che illumina il buio. Si cerca di svelare quello che è nascosto. Il tentativo è oscacolato dalla carenza di parole adeguate. 

Heidegger cercò di intendere il senso della tecnoscienza che cresceva nella prima metà del Ventesimo Secolo. 

Ne parlò in un modo del quale si può dire: 'non riusciva ad essere più chiaro'.

Foucault, Deleuze, Derrida seguono la stessa strada. Ma si inizia a notare un certo autocompiacimento; un certo uso immotivato del parlare oscuro.

Nella sua lettura americana, il pensiero Foucault-Deleuze-Derrida finisce presto ad essere mistificato, fuso in un pastone detto French Theory. 

Così il pensiero che muovendosi a tentoni cercava luce nelle tenebre diventa merce intellettuale disponibile per usi mercantili. 

Il pensiero critico si volge in materia buona per edificare apologie.

Il triste esito che sotto i nostri occhi è l'uso di un pensiero critico ormai ridotto a feticcio e simulacro come mezzo per celebrare il nuovo Moloch: la cosiddetta 'intelligenza artificiale'.

Pubblicato il 18 dicembre 2025

Francesco Varanini

Francesco Varanini / ⛵⛵ Scrittore, consulente, formatore, ricercatore - co-fondatore di STULTIFERA NAVIS

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