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Non rinunciare a pensare - a pensare avendo sotto gli occhi il presente, ma senza frontiere. Reagire all'invito oggi così pressante che ci impone uno spazio angusto: limitare il pensiero dell'umano alla situazione in cui accanto a un umano sta la macchina. Questo non è pensare all'umano, è pensare alla relazione umano-macchina. Se pensiamo così, liberamente, possiamo osservare una archeologia, una genealogia. Possiamo vedere come la cultura digitale si fonda su un travisamento o un abuso della cultura giovanile degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Da quella cultura emerse un pensiero antiautoritario, che ora è paradossalmente riciclato come legittimazione dell'autorità della macchina. La macchina sostituisce genitori assenti. Solo con un pensiero che viene prima della macchina e che va oltre la macchina e che prescinde dalla macchina si va oltre il pensiero che oggi domina.

Le rivolte giovanili degli Anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, cosa significavano?

Era una ribellione contro il mondo dei padri incapaci di affetti, sempre seduti in trono al centro della scena; contro un autoritarismo ingiusto; contro la repressione degli istinti, la castrazione dei desideri; contro caste che replicavano sé stesse; contro un potere freddo e lontano; contro una società totalmente organizzata; contro una tolleranza che in realtà negava spazi di libertà; contro una economia dell'abbondanza, che però costringeva a passivi consumi; contro un pensiero occidentale, imperialista, antropocentrico e quindi irrispettoso degli altri, della natura e di ogni forma di vita...

Abbiamo poi visto però crescere una reazione – per molti versi motivata. Si è cominciato a sentir dire: troppa libertà, troppa tolleranza; i giovani hanno bisogno di guida, di autorità, di regole, di polso fermo genitoriale e docente.

Troppa orizzontalità, si diceva. Ci vuole verticalità, si diceva.

Oggi, il confuso pensiero che canta e legittima la novità digitale usa, per invitare alla Disruption, per chiamare al cambiamento, al rifiuto del vecchio mondo, argomenti che stavano alla base delle rivolte giovanili degli Anni Sessanta e Settanta. Si pretende di legittimare la nuova cultura digitale -che è in realtà più che una cultura, una ideologia- usando come argomenti la critica dell'autoritarismo, dell'antropocentrismo; inneggiando all'innovazione e al progresso come allontanamento dal mondo dei padri privi di affetto e negatori di libertà e desideri...

Ma è appunto un pensiero contorto e ingannevole. Autocontraddittorio, perché il pensiero nuovo che finge di proporre un andar oltre il mondo vecchio conduce invece ad accettare passivamente tutto ciò che i giovani negli Anni Sessanta e Settanta avevano tentato di rifiutare.

All'eccesso di orizzontalità si risponde così con il trionfo della più bieca verticalità.

Viene meno l'invito a diventare adulti, sostituito dalla proposta di una perenne dipendenza da genitori meccanici.

Alla carenza di libertà, di spazi di azione, di tensione verso la conoscenza si risponde con l'autorità più bieca e lontana: l'autorità implicita nelle piattaforme, nel cloud; si risponde con lo spazio digitale totalmente organizzato ed in ogni istante controllato; si risponde con la macchina che risponde ad ogni domanda, e che anche impone il modo in cui le domande possono essere formulate.

Ciò che è accaduto è che i padri hanno continuato ad essere assenti, ma ora sono stati sostituiti per via tecnica. Viene meno l'invito a diventare adulti, sostituito dalla proposta di una perenne dipendenza da genitori meccanici.

Il ruolo del genitore è affidato all'Intelligenza Artificiale.

Pubblicato il 28 luglio 2025

Francesco Varanini

Francesco Varanini / ⛵⛵ Scrittore, consulente, formatore, ricercatore - co-fondatore di STULTIFERA NAVIS

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