Ogni giorno navighiamo nel Web, passando da un sito all'altro, a caccia di notizie, documenti, video; controlliamo la nostra casella di posta elettronica, inviamo SMS e non dimentichiamo di seguire emozioni sui social network più alla moda. Le Rete rende più rapido il lavoro e più stimolante il tempo libero ma, mentre usiamo a piene mani i suoi vantaggi, stiamo forse sacrificando la nostra capacità di pensare in modo approfondito? Abituati a scorrere freneticamente dati tratti dalle fonti più disparate, siamo diventati tutti superficiali?
Che ci piaccia o no, la Rete ci sta riprogrammando a sua immagine e somiglianza, arrivando a plasmare la nostra stessa attività celebrale.
Con stile asciutto e incisivo, lontano sia dagli entusiasmi degli adepti del Cyberspazio, sia dai toni apocalittici dei profeti di sventura, Nicholas Carr ci invita a riflettere su come l'uso distratto di innumerevoli frammenti di informazione finisca per farci perdere la capacità di concentrazione e ragionamento. Questo libro cambierà davvero il modo in cui pensiamo a Internet e alla nostra mente.
Riuscirete a stare lontani dal Web quanto basta per leggerlo?
Autore
Nicholas Carr è uno studioso famoso per essere stato tra i primi a parlare di tecnologia dell’informazione come commodities perché sempre più standardizzata ed economica. Una tesi che ha stupito e irritato molti protagonisti del mercato IT ma ricevuto nel tempo il sostegno di numerosi commentatori. Gli articoli che lo hanno reso famoso sono IT Doesn't Matter pubblicato su Harvard Business Review, The End of Corporate Computing nel MIT Sloan Management Review e Is Google Making Us Stupid? pubblicato su The Atlantic. Nel libro The Big Switch Carr esamina le conseguenze economiche e sociali della crescita di internet e del cloud computing.
Nel suo libro più recente The Shallows, pubblicato nel giugno 2010, Carr ha sviluppato la tesi che Internet effetti negativi sulla cognizione che diminuiscono la capacità di concentrazione e di contemplazione. E’ attivo in rete con il blog Rough Type, tramite il quale ha sviluppato e condiviso il suo pensiero critico verso l’utopia tecnologica e offerto numerose riflessioni critiche anche sulla blogosfera, Wikipedia (suo il termine di Wikicrats) e il web 2.0. Nel gennaio 2008 Carr è diventato membro dell'Editorial Board of Advisors della Encyclopædia Britannica.
Recensione
(Tratta dal libro di Carlo Mazzucchelli: Nei labirinti della tecnologia - Bibliografia ragionata tra nuove e vecchie forme di tecnofilia e tecnofobia!)
Nicholas Carr è famoso per avere decretato l’obsolescenza dell’IT. Con questo suo ultimo libro del 2011 (titolo originale The Shallows: What the Internet Is Doing to Our Brains) l’autore sviluppa ulteriormente le sue riflessioni critiche sull’evoluzione tecnologica in corso per trarne alcune conclusioni che potrebbero cambiare il modo di pensare di molti o quantomeno di quanti non sono disponibili ad associarsi acriticamente al pensiero tecnofiliaco predominante (dal greco τέχνη - technē, "arte, capacità" e φίλος - philos, "amato, caro, amico").
“Cosa si sta nascondendo negli angoli bui di Googleplex? Siamo alla vigilia dell’avvento di una intelligenza artificiale? I nostri dominatori di silicio sono alle porte? Probabilmente no!”
Carr riflette sulla condizione dell’homo technologicus moderno caratterizzata dalla navigazione quotidiana del web, dalla frequentazione di siti e portali alla ricerca di notizie, informazioni, documenti, video e prodotti, dalle attività legate alla gestione della posta elettronica e degli altri strumenti di produttività personali legati alla rete, dall’invio di messaggini e cinguettii e dall’uso di WhatsApp e dall’inseguimento di emozioni e esperienze relazionali negli spazi sociali e abitati della rete. Carr analizza come le nuove tecnologie abbiano reso più rapido il lavoro e più stimolante il tempo libero, ma poi comincia a porsi alcuni interrogativi sugli effetti derivanti dal nostro affidarsi alla tecnologia.
La prima domanda è su quanto siamo condizionati dai benefici e vantaggi che ne deriviamo e su quanto siamo disposti a sacrificare rinunciando al nostro pensiero critico e ad approfondimenti o ulteriori ricerche. L’autore si chiede se e quanto siamo diventati tutti più superficiali a causa della fiducia che accordiamo al motore di ricerca e all’uso che facciamo delle fonti di informazione da esso proposte.
A queste domande Carr risponde sostenendo che ci piaccia o no, la rete ci sta riprogrammando a sua immagine e somiglianza, arrivando a plasmare la nostra stessa attività cerebrale. Con stile asciutto e incisivo, lontano sia dagli entusiasmi degli adepti del cyberspazio sia dai toni apocalittici dei profeti di sventura, Nicholas Carr ci invita a riflettere su come l'uso distratto di innumerevoli frammenti di informazione finisca per farci perdere la capacità di concentrazione e ragionamento.
Il libro è scritto bene e facilita la lettura a tutti coloro che già condividono l’idea che gli effetti della tecnologia sulla nostra vita, mente e cervello, riconoscibili oggi ne anticipano altri che si manifesteranno in futuro e che si tradurranno in cambiamenti profondi nel nostro modo di vivere, di pensare, di percepire noi stessi e di socializzare. Il lettore che non condivide la visione di Carr troverà nel libro numerosi riferimenti storici utili a comprendere come la riflessione critica sull’evoluzione tecnologica non è un fenomeno solo moderno ma ha accompagnato l’intero sviluppo tecnologico della nostra civiltà.
“Internet è l’ultimo medium, in ordine di tempo, ad avere suscitato un simile dibattito. Lo scontro tra entusiasti e scettici della Rete, he negli ultimi vent’anni ha avuto per teatro decine di libri e artiucoli e migliaia di post sui blog, spezzoni video e podcast, si è più che mai polarizzato con i primi che preconizzano una nuova età dell’oro dell’accesso e della partecipazione e i secondi che lamentano l’avvento di nuovi secoli bui di mediocrità e narcisismo. Il dibattito è importante ma poiché dipende da ideologie e gusti individuali è finito in un vicolo cieco. I diversi punti di vista si sono estremizzati, gli attacchi sono diventati personali. ‘Luddita’, dice beffardo l’entusiasta, ‘Filisteo’, replica lo scettico. ‘Cassandra’, ‘Pollyanna’!”
Per dimostrare che non si tratta di una semplice opinione o di semplice teoria, l’autore presenta una carrellata storica dell’evoluzione tecnologica dell’umanità nei secoli evidenziando i cambiamenti manifestatisi come conseguenza delle nuove tecnologie che si sono affermate nel tempo e sono andate a modificare il nostro rapporto con il mondo. Riprendendo riflessioni e il lavoro di altri pensatori, a partire da Socrate e il suo rifiuto della scrittura (nel Fedro di Platone) a Robert Burton e la sua critica del libro, fino a Kubrick e il suo film 2001 Odissea nello spazio (film di fantascienza del 1968 basato su un soggetto di Arthur Clarke) Carr racconta l’impatto sociale ed economico avuto dall'introduzione delle mappe geografiche, dell’orologio, della macchina da stampa e delle nuove tecnologie di epoca recente.
Uno spazio a parte è dedicato al ruolo giocato dal libro, come oggetto e strumento tecnologico, nella rivoluzione scientifica che ha caratterizzato l’arrivo della società moderna e ha plasmato le menti di scienziati e studiosi così come di semplici cittadini e lettori. La rivoluzione del libro ha trovato nuovo impeto nelle tecnologie dell’informazione e nella diffusione della rete. Tecnologie che hanno finito per inglobare e assorbire tutte le altre influenzando lo sviluppo cognitivo delle persone ma modificando anche il loro cervello e DNA preparando la rivoluzione tecnologica attuale fatta da dispositivi mobili sempre connessi, APP, media sociali e social network.
Il timore di Carr nasce dall'evoluzione della nostra mente sempre più simile ad un computer e che gli da “il senso preoccupante che qualcuno o qualcosa stia manipolando il suo cervello, rimappando circuiti neurali e riprogrammandone la memoria”. E’ un timore più grande di quello degli astronauti di Odissea 2001 che nel film alla fine riescono ad avere ragione su HAL perché con la tecnologia noi stiamo in realtà sabotando noi stessi svendendo la serietà della nostra attenzione e concentrazione alla superficialità tipica della navigazione della rete. Una idea non nuova per Carr che già nel libro precedente Google ci sta rendendo stupidi? aveva sostenuto che la semplice esistenza della Rete e il suo uso rende più complicato lo sviluppo di pensiero complesso e il confronto con testi e idee complicate.
Per timore di non vedere condivise le proprie tesi e per evitare le polemiche sorte alla pubblicazione del suo primo libro IT Doesn't Matter, Carr ricorre agli studi di numerosi neurologi e ricercatori che hanno analizzato i cambiamenti prodotti da Internet nella lettura rapida e nell’accesso alla conoscenza ma anche nella produzione di maggiore distrazione (pensiero distratto) e nella diffusione di una comprensione e lettura superficiale. Carr ritrova la causa di ciò nelle specificità stesse delle tecnologie di rete. Internet e le nuove tecnologie favoriscono l’interazione così come l’interruzione continua, la comunicazione e la frammentazione del dialogo, impedisce la concentrazione e genera un surplus cognitivo che impedisce la comprensione approfondita di quanto viene letto o ne rende complicata la conoscenza.
A rischio in rete è anche la nostra memoria, sempre più sostituita da memoria flash, dischi estraibili o fissi e soprattutto memorie distribuite nella nuvola del cloud computing. Fintanto che queste memorie funzionano, viene meno ogni stimolo a sfruttare, sviluppare e accrescere le capacità della memoria di cui siamo stati dotati. Nulla di grave, se non fosse che la memoria umana ha caratteristiche diverse da quella informatica, soprattutto per il ruolo che gioca nello sviluppo di nuove conoscenze e della intelligenza umana.
Secondo Nicholas Carr l’impatto della Rete sulle persone è maggiore di quello già sperimentato con altri oggetti tecnologici come televisione, radio, computer e libro. E’ un impatto essenzialmente negativo che incide sulla nostra intelligenza e sul rapporto che intercorre tra noi e il mondo, tra il sé e la percezione della realtà.
Carr appartiene di diritto alla categoria dei tecnofobi (forse sarebbe meglio dire tecno-apocalittici) moderni perché è interessato alla parte oscura della Rete che tende a sfruttare la malleabilità e plasticità del cervello umano per creare nuovi sudditi, con circuiti riprogrammati costantemente dai gadget tecnologici che utilizzano. Nel libro sono però assenti toni apocalittici e visioni catastrofiste. La sua visione preoccupata del futuro tecnologico che ci aspetta lo porta a profetizzare la corruzione dell’anima ma al tempo stesso a continuare a fare uso della rete e di Internet per trarre vantaggio e benefici dai suoi strumenti tecnologici e applicativi. Carr insiste sugli effetti negativi di Internet sostenendo che superano di gran lunga le sue efficienze e vantaggi. Ne trova le prove nella frammentazione della conoscenza prodotta dai motori di ricerca che invece di mostrarci la foresta o l’albero fermano la loro e la nostra attenzione sulle foglie e i fuscelli e nel fatto che l’assuefazione e la sudditanza alle funzionalità e agli algoritmi di Google sta condizionando anche l’uso che ne facciamo e delimita i nostri bisogni.
Tutto preso dal suo obiettivo di dimostrare quanto Internet possa renderci stupidi, l’autore dimentica di citare i numerosi studi di scienziati e studiosi che hanno evidenziato il lato positivo della Rete e delle tecnologie a essa associate come il videogioco. Studi risalenti al 2009 hanno evidenziato il ruolo positivo che queste tecnologie hanno sullo sviluppo cognitivo, sulle performance di pensiero, sull'attenzione e concentrazione e sullo sviluppo di nuove capacità visuali. Questi studi sembrano comunque meno importanti per Carr della constatazione storica di quanto le nuove tecnologie abbiano cambiato o archiviato quelle precedenti: la scrittura ha messo in crisi la comunicazione orale, la televisione ha obliterato la radio e Internet ha ridotto il nostro interesse nella lettura di libri. Tutta colpa di Internet che cambiando il nostro cervello ci potrebbe rendere stupidi.
Una lettura attenta del libro nella versione italiana svelerà al lettore una curiosità. Il titolo utilizzato nella versione italiana è stato scelto per catturare con la sua provocatorietà nuovi acquirenti e forse nuovi lettori. In realtà Carr si guarda bene dal sostenere che Internet ci rende stupidi. La sua è una riflessione critica pensata per invitare tutti a non dare per scontata la realtà percepita della rete, a scavare più a fondo per superare le realtà virtuali proposte dai protagonisti della rete e dalle sue tecnologie e per prendere consapevolezza dei rischi ma anche delle numerose opportunità che offre: “Il computer connesso alla Rete in quanto medium universale, ovvero un'estensione estremamente versatile dei nostri sensi, della conoscenza e della memoria, è un amplificatore neurale particolarmente potente”.
Il libro di Carr è interessante per la sua contraddittorietà. La sua presenza nella categoria dei tecnofobi è giustificata dalle sue affermazioni spesso apocalittiche e che esprimono il pentimento per avere in passato elogiato la tecnologia e il suo potere. Le numerose contraddizioni che emergono dalla lettura evidenziamo però quanto l’autore ami ancora la tecnologia e quanto vorrebbe contribuire a renderla amabile anche agli altri.
I numerosi riferimenti storico-culturali e dotti ad autori come McLuhan o a grandi registi come Kubrick, alle neuroscienze così come alle grandi rivoluzioni tecnologiche (ad esempio la stampa) che hanno determinato cambiamenti epocali, servono a Carr a mettere in guardia contro il pericolo di sopraffazione della tecnologia e per prevenire le malattie del Web. Peccato che all’analisi, condivisibile e approfondita, Carr non faccia seguire pensieri alternativi e spiegazioni utili a meglio comprendere Internet, il Web e i media sociali nelle loro capacità positive e opportunità.
La contraddittorietà delle posizioni di Carr non nasce solamente dal suo libro ma anche dalla sua costante attività in rete. Pur esprimendo le sue perplessità e preoccupazioni su un uso eccessivo delle tecnologie digitali, Carr continua a consultare feed RSS, a frequentare social network e a usarli per comunicare e condividere idee e riflessioni, a scrivere articoli e a pubblicarli sul proprio Blog, ad ascoltare musica tramite strumenti e servizi come Pandora e a godersi le novità video e filmografiche presenti su YouTube. Tutto questo lo fa sostenendo che non può farne a meno. Un atteggiamento sicuramente condiviso con molti degli autori indicati in questo e-book come tecnofobi o che tali si ritengono.
Il libro di Carr si chiude con un epilogo interessante e che in qualche modo riassume la sua visione attuale. In questo epilogo riporta la storia di Edexcel, un’azienda inglese di test educativi, che ha deciso di usare un sistema di intelligenza artificiale per valutare i test degli studenti e automatizzare la votazione delle prove di esame. Carr mette in dubbio la fattibilità della valutazione perché i computer seguono regole e non sono in grado di dare giudizi, offrono formule ma sono privi di soggettività e saggezza. Nel momento in cui ci si affidasse al computer, sarebbe un punto di non ritorno. Gli elementi umani non sono diventati superflui o fuori moda, servono ad alimentare le menti delle nuove generazioni e non possono essere abbandonati senza prestare attenzione a quello che si sta perdendo.
La storia del software Edxcel (test scolastico basato su intelligenza artificiale) è un espediente per riprendere la citazione del film 2001 Odissea nello spazio e sottolineare il paradosso emergente dalla sceneggiatura che vede gli umani comportarsi in modo meccanico e quasi senza sentimenti e HAL esprimere al contrario sentimenti umani. Lo spegnimento di HAL e la sua sofferenza crescente di fronte all’operazione di smontaggio della sua mente e di spegnimento dei suoi circuiti possono essere il presagio preoccupato di un futuro nel quale potremmo essere ridotti a semplici intelligenze artificiali controllate da altri. Uno scenario nel quale a urlare “Lo sento, lo sento, ho paura.” non sarà più HAL ma chi lo ha creato.
Bibliografia
- Digital Enterprise : How to Reshape Your Business for a Connected World (2001)
- Does IT Matter? (2004)
- The Big Switch: Rewiring the World, from Edison to Google (2008, W. W. Norton)
- "Is Google Making Us Stupid?", articolo per The Atlantic
- The Shallows: What the Internet Is Doing to Our Brains (2010, W. W. Norton)
- Internet ci rende stupidi? (2011, Raffaello Cortina Editore)