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Da un punto di vista politico, le architetture civili sono frutto del senso di responsabilità personale e sociale di progettisti che si considerano prima che tecnici, cittadini appartenenti ad una comunità, eredi di una storia, viventi in una cultura. Dalla posizione del cittadino, il progettista sviluppa strumenti per la cittadinanza attiva e per la partecipazione.

Questo testo è nato nel quadro di riflessioni condivise con Luca Barbieri e Giuseppe Vincenzi, che qui ringrazio. Insieme a loro, nell'ambito della associazione Assoetica (www.assoetica.it), si sta ragionando sui Registri Digitali Distribuiti. Per i fruttosi scambi sugli stessi argomenti ringrazio anche Antonio Iacono.

Lasciate che ci sia una grande assemblea, senza paura della libertà

- Percy Bysshe Shelley, The Masque of Anarchy 

Annotare, e se possibile, permanentemente registrare, affinché tutte queste vite possano essere ricordate. Per l'avvento di quei giorni migliori, quando, più in là,

 

Sommario[1]

Ciò che oggi chiamiamo digitale può essere forse meglio detto tornando ad usare il termine informatica. E' forte l'esigenza di cogliere il senso dell'informatica, intesa come strumento politico.

Da un lato l'informatica può essere osservata come strumento di sovranità, dall'altro come insieme di strumenti nelle mani dei cittadini, al servizio della libertà civile.

A partire da una lettura critica dei concetti di informazione, dato e database, elementi basilari dell'informatica come potere, si guarda in questo testo all'emergere e all'affermarsi, a partire dalla metà del Ventesimo Secolo, di strumenti informatici al servizio della libertà civile.

Si osserva come poi questi strumenti, rovesciando gli intenti dei progettisti e l'iniziale uso, hanno finito per essere volti nel loro contrario: nuovi strumenti di controllo sociale.

Si sostiene quindi l'esigenza politica di nuovi strumenti di libertà civile. 

Esistono due modi nettamente diversi di intendere l'informatica e le tecnologie digitali. 

L'informatica come potere

Un primo modo consiste nell'intendere i costrutti digitali -computer, smartphone, sistemi, piattaforme, servizi, software e app- come mezzi che sono allo stesso tempo:

  • In grado di condizionare e vincolare le libere scelte degli esseri umani; mezzi dotati di proprie regole indiscutibili alle quali i cittadini, ridotti ad utenti, debbono sottostare.
  • Autonomi, sempre più indipendenti nel loro funzionamento dall'agire e dal pensare degli esseri umani.[2]

Per questa via:

  • I tecnici e gli imprenditori digitali si allontanano dal loro essere cittadini tra i cittadini, e appaiono invece come gli esponenti chiave di una che detiene il potere. Le tecnologie digitali appaiono così come il motore di una crescente divaricazione sociale: da un lato ricchezza, dall'altro povertà; da un lato sovranità, dall'altro sudditanza.
  • I cittadini ridotti a sudditi-utenti sono spinti a vivere e a lavorare in luoghi digitali imposti come sostituti dei luoghi naturali. Ai cittadini non è data la possibilità di contribuire né alla costruzione dei luoghi digitali, né alla definizione delle regole che nei luoghi digitali vigono.
  • Si apre la strada verso una situazione dove gli esseri umani si trovano obbligati a convivere con entità digitali dotate di propria autonomia ed 'intelligenza'.[3]

L'informatica come servizio

Un differente modo di intendere l'informatica e le tecnologie digitali vede ogni costrutto digitale come strumento creato da esseri umani ed usato da esseri umani. Esseri umani agenti e pensanti, viventi nel mondo, presenti con il proprio corpo, legati tra di loro da relazioni sociali. Consapevoli del proprio agire politico. 

Ogni costrutto digitale, in questo caso, resta un 'utensile' nelle mani dell'essere umano.[4] 

In entrambi i casi l'informatica contempla il necessario lavoro di tecnici specialisti.

Ma nel primo caso i tecnici digitali si pongono come esperti esterni, che creano mondi per gli altri esseri umani, abbassati da cittadini a passivi utenti. Nel secondo caso i tecnici digitali mantengono invece la consapevolezza del loro appartenere alla comunità sociale, del loro essere anch'essi cittadini del mondo. 

Stante il primo modo di intendere l'informatica si pone un problema che tocca le basi dello stesso concetto di 'legge'. Perché le leggi veramente vigenti sono le leggi -i vincoli sociali, le norme di comportamento- espresse in forma di software, applicazione, algoritmo.

Software, applicazioni, algoritmi, sono documenti scritti in un codice noto solo ai tecnici e destinati ad istruire una macchina a funzionare in un certo modo. Cosicché per conoscere ciò che è scritto in codice digitale, il cittadino deve affidarsi a macchine e a tecnici specialisti.

In questa situazione, il processo di produzione normativa stabilito da Costituzioni e giurisprudenza è svilito. Così come è svilito il ruolo del giurista nel suo studio e nella sua interpretazione del diritto. 

Stante il secondo modo di intendere l'informatica, invece, la vita sociale e civile restano intatte.

I documenti sono scritti in tramite linguaggi alfabetici ed ideografici pensati da esseri umani per esseri umani.

Gli esseri umani, riuniti in quanto cittadini in comunità sociali, continuano ad essere i produttori di regole di convivenza civile e di norme.

Qui, insomma, i costrutti digitali  sono intesi come mezzi per esercitare più pienamente i diritti ed i doveri impliciti nella cittadinanza. Lo sviluppo dei costrutti digitali è teso in ogni caso innanzitutto ad uno scopo: offrire la possibilità ad ogni cittadino di essere più partecipe, più attivo. 

Possiamo affermare sinteticamente che l'informatica intesa nel primo modo tende ad edificare una nuova realtà dis-umana, astratta, logico-formale. Mentre l'informatica intesa nel secondo modo -che possiamo chiamare informatica umanistica- si presenza come risorsa alla portata di ogni cittadino, come servizio civile.[5]

La caratteristica distintiva dell'informatica intesa nel primo modo è l'attenzione al dato. La caratteristica distintiva dell'informatica intesa nel secondo modo come, è l'attenzione al documento

Imperialismo del dato

I tecnici informatici hanno buon gioco a dire che 'i dati sono sempre esistiti'. E' vero, la natura e l'agire umano generano fatti. Questi fatti, in un momento dato sono ormai dati. E poi, certo, ciò che ormai dato è base per ragionamenti e calcoli.

Ma va ricordato che il termine, in latino ed in ogni lingua moderna, significa semplicemente 'cosa data', e cioè immagine della 'cosa' fissata in un dato momento. L'origine del concetto di dato e di  data, sta nella formula medievale littera data. Il dato è ciò che è scritto nella lettera che non può essere più modificata, perché ormai consegnata al messaggero. Eppure il dato, se registrato un attimo prima o un attimo dopo, sarebbe differente. Il dato comporta l'illusoria fissazione, per sempre, dell'attimo fuggente. Il dato conservato non porta con sé le notizie relative alla sua produzione. La consegna al messaggero è affidamento ad un sistema tecnico: oggi il dato è affidato alla macchina, validato dalla macchina digitale. 

Solo nel 1946 si afferma il senso “transmittable and storable computer information”. Dunque il dato è figlio della informazione, così come è definita da Claude Shannon.[6] Shannon, ingegnere delle telecomunicazioni, vuole innanzitutto misurare il costo di trasmissione di un messaggio lungo un canale. Shannon vede dati che viaggiano lungo un canale. Per lui sono irrilevanti sia l'essere umano che pensa cosa dire, e dice, sia l'essere umano che ascolta e capisce. Nel modello di Shannon, l'essere umano è assente. 

Il dato è il frutto dell'umana esperienza. Questo è vero anche quando i dati sono generati da sensori che 'leggono' fenomeni naturali, o registrano il funzionamento di una macchina. Anche in questo caso è in gioco il pensare e l'agire umano: il modo di rilevare e registrare il fenomeno è frutto di una  scelta umana.

L'esperienza è la fonte della umana conoscenza. Ma il dato è presentato come astratto, separato dal processo che l'ha generato; sottratto all'essere umano che ne è produttore.

La conoscenza nasce con un destino: la condivisione con altri esseri umani. Ma se la conoscenza è ridotta a flusso di dati, la socializzazione è gravemente limitata. I dati, codificati in modo da essere recepiti dalla macchina, sono comprensibili solo per i tecnici che ne conoscono la codifica. 

I dati sono conoscenza frammentata. La storia del trattamento informatico dei dati, incentrata sull'uso di uno strumento detto database, può essere descritta osservando tre fasi.

In una prima fase il dato, frammento sottratto al suo contesto originario, è validato in base alla sua coerenza con un 'Data Model'. Il modello dei dati è stabilito a priori, arbitrariamente, da una autorità. L'autorità è una figura politica, o un manager, che ragionano in base a strategie; o più comunemente il tecnico informatico, che ragiona in base a considerazioni operative, tendendo a scartare i dati di più difficile gestione. 

Insomma: la coerenza formale con uno standard determina l'accettabilità ed il valore del dato.

In una seconda fase si tenta di connettere tra di loro i dati conservati in diversi database. Essendo infatti ogni database dotato di un proprio Data Model, è difficile una visione di insieme.

Il senso di queste attività sono ben espresse da due definizioni.

La prima è Data Mining: scavare nella miniera dei dati; accettare di considerare i dati come materiale alla rinfusa, ritenendo irrilevante la loro coerenza con un qualsiasi modello dei dati; considerare i dati come materia prima nella ricerca di raggruppamenti significativi.

La seconda definizione è Knowledge Discovery in Databases (KDD). Definizione interessante perché sottolinea il senso della ricerca, della tensione verso una possibile scoperta, lontano da ogni certezza logico-formale; interessante, anche, perché chiama in causa il concetto di knowledge, conoscenza: proprio il concetto che in informatica si vorrebbe sostituire con il concetto di informazione.[7]

Ma ecco poi l'avvento di una terza fase. Al posto di Data Mining e di Knowledge Discovery in Databases si dice: Data Analysis. Data Mining e Knowledge Discovery in Databases sono termini che parlano di un lavoro umano, lavoro empirico, fondato sull'esperimento, teso alla ricerca di una sintesi. I dati, frammenti scomposti di conoscenza, abbisognano di ricomposizione. Serve 'metterli insieme'. Ricordiamo che il greco synthesis ci parla appunto di 'mettere insieme', 'ricomporre', e vede il contrario nella Analysis, 'scomposizione'.

Il passaggio da Data Mining e Knowledge Discovery in Databases alla Data Analysis costituisce un nuovo allontanamento dall'umana ricerca di senso tramite esperimenti; un nuovo allontanamento dall'umana conoscenza. Ed un ritorno, invece, all'approccio logico-formale.

Con la Data Analysis, il lavoro umano si riduce alla stesura o all'uso di algoritmi: procedimenti standard, insieme di istruzioni. Nello studiare le grandi masse di dati, Big Data, più che alle capacità del ricercatore, più che al suo acume, ci si affida al calcolo automatico, alla mera potenza di calcolo del computer. Il futuro della Data Analysis non appare infatti affidato ad esseri umani ma al Machine Learning: alla capacità delle macchine di apprendere a leggere autonomamente i dati. 

Sia i manager, sia i politici di professione e i governanti e i rappresentanti eletti dai cittadini sono succubi di tecnici e esperti. Tecnici e esperti dicono: Data Driven Strategy. Fatevi guidare dai dati.

In ogni caso, si tenta di imporre per via di autorità tecnico-scientifica l'idea della certezza del dato. Dovremmo invece ricordare che:

  • I dati non sono mai tutti i dati. Anche quando si ha accesso a Big Data, non si dispone mai di tutti i dati che descrivono un fenomeno. Di fronte ai dati che ci sono, dovremmo sempre chiederci: quali dati mancano? Dove sono nascosti gli altri dati? Dobbiamo sempre tener presente il confine sfumato tra ciò che chiamiamo dato e ciò che chiamiamo rumore. Chiamiamo rumore i dati che non sappiamo o non vogliamo vedere.[8]
  • I dati non sono mai abbastanza buoni. La qualità dei dati è sempre carente. I dati che usiamo presentano sempre lacune, carenze, difetti.
  • I dati devono essere interpretati. Torna quindi in ogni caso in gioco l'umana capacità di formulare ipotesi e di cercare sintesi. E se si vedono limiti nella capacità umana di leggere i dati, dovremo considerare che l'interpretazione dei dati di cui è capace la macchina è figlia essa stessa di un progetto umano. Siamo noi essere umani a scrivere gli algoritmi. Se poi ci affidiamo ciecamente alla crescente, autonoma capacità della macchina ad interpretare i dati -Machine Learning-, dovremo riconoscere di aver accettato di vivere in un mondo dove è venuta meno la presenza agente e pensante di noi esseri umani.

Si parla di esattezza del dato. Ma poiché i dati sono difettosi, incompleti, e debbono essere in ogni caso interpretati, si tratta di una comoda illusione.

Si parla di univocità del dato. Ma cercare l'univocità è rinunciare ad altre voci, considerandole rumore. 

La libera scelta di documentare

Al concetto di dato possiamo opporre il concetto di documento. La radice indeuropea dek parla di 'ricevere mentalmente', 'apprendere'. Da qui in il verbo docere e il documentum. Il documento è un mezzo che permette di tramandare la memoria di un fatto. E in senso più stretto è l'atto giuridico che si concreta in una scrittura. Scrittura umana, realizzata tramite un codice aperto ad ogni essere umano, leggibile senza mediazione di macchine. Tramite documenti gli esseri umani condividono le conoscenze che ognuno di loro ha prodotto.[9]

Mentre il dato esiste a prescindere dall'agire umano, il documento è il frutto del consapevole agire e pensare. 

Dati e piattaforme sono mezzi per condizionare e vincolare le libere scelte degli esseri umani. Abbandonando la via del dato, possiamo seguire la via del documento.

Il documento è il frutto della umana conoscenza, ed è il modo per conservare l'umana conoscenza.

La radice indoeuropea gn-/gen-/gne-/gno- parla di ‘accorgersi’, ‘apprendere con l’intelletto’, ‘sapere qualche cosa’, e quindi: ‘conoscere’.

Da qui il sanscrito janati, ‘conosce’. In greco gignoskein, ‘conoscere’, gnosis, ‘conoscenza’. In latino co-gno-sco (dove co- sta per ‘con’, e -sco sta per ‘cominciare a’); gnarus, ‘che conosce’; notio, notitia, ‘conoscenza’. Per questa via si arriva al tedesco moderno können, ‘sapere’, ‘potere’; e kennen, ‘conoscere’. E in inglese a know, ma anche l’ausiliario can, ‘sapere’, ‘potere’.

A knowledge, ‘act, state or fact of knowing’, si arriva (nel 1200) aggiungendo a cnawan -leacan, che ci parla dell’idea di ‘procedimento’, ‘messa in pratica’.

C’è quindi, come già nel latino cognosco (‘comincio ad accorgermi’), un senso dinamico: conoscenza come flusso, forza in continua evoluzione; un senso costruttivo: non una struttura già data, ma una struttura vista nel suo farsi, nel suo continuo ristrutturarsi. La conoscenza, infatti, non esiste a priori; può essere solo colta nel suo divenire. Non è mai già data

I dati sono conoscenza impoverita, perché sottratta agli esseri umani che la producono, e sottoposta invece agli schemi e al controllo dei proprietari delle piattaforme.

Dalla stessa radice indoeuropea da cui deriva conoscenza, derivano la notizia ed il narrare.

Ecco dunque, opposto al dato, il documento

Tramite il racconto, la narrazione -e cioè la stesura del documento contente notizie- noi esseri umani perpetuiamo e condividiamo la conoscenza. Il momento chiave non è quello in cui viene data la lettera al messaggero, non è il momento in cui il dato è accettato in un database. Il momento chiave è quello in cui l'essere umano enuncia: fa cenno, annunzia agli altri esseri umani il proprio pensiero. Il documento è la traccia, la registrazione scritta della umana volontà di condividere le proprie conoscenze, e quindi di stabilire relazioni, patti.

Il dato: sorveglianza e controllo da parte di una autorità. Il documento: relazione tra attori sociali. 

I documenti è in origine privato: appartiene al dominio della persona che li produce. Ma è pubblicato: messo a disposizione di altre persone, in considerazione della partecipazione comune ad un lavoro, ad un processo, ad un progetto. La scelta di pubblicare non discende da un obbligo - norma di legge o vincolo organizzativo - ma dalla consapevolezza che alla rinuncia all'esclusiva disponibilità del proprio documento corrisponde la possibilità di accedere ai documenti prodotti da altre persone. 

Il documento non esclude né sostituisce il dato, ma lo comprende. Il documento conserva il dato inserito nel quadro che ne racconta l'origine e ne definisce il senso, nel contesto che ne permette la comprensione.

Alla luce del concetto di documento, il concetto di dato può essere ricondotto alla sua giusta proporzione.

Si intende comunemente il dato come misura quantitativa, espressa in numeri. Esiste ovviamente la necessità, in determinate situazioni, di descrivere un fenomeno tramite dati numerici. Ma il dato ha senso perché esiste un documento che spiega il suo significato. I dati contabili acquistano senso nel quadro di un documento detto bilancio. Un codice digitale scritto da un programmatore è comprensibile solo se accompagnato da una adeguata documentazione. 

Solo nel quadro del documento acquistano senso i concetti di esattezza ed univocità del dato.

Il dato è esatto -corretto, giusto, preciso- solo se tale è definito tale in un documento. Il dato univoco è solo uno dei dati di cui possiamo disporre. E' solo il frutto di una delle voci che potrei ascoltare. Si potrà scegliere di volta in volta quale voce ascoltare.

Nel tentativo di descrivere un qualsiasi fenomeno aziendale, posso ascoltare la voce della produzione, del marketing, della logistica, della contabilità...  Se,  per esempio, ho lo scopo di scrivere un documento detto bilancio, ascolterò la voce del contabile. Ma solo il coro di voci di tutti gli attori sociali coinvolti descrive una azienda. Possiamo immaginare ognuno di questi attori come autore di un documento. Possiamo immaginare ogni comunità professionale come autrice di documenti. L'azienda è l'area di convergenza di queste descrizioni. 

Il dato sono in fondo estrazioni sintetiche del contenuto di un documento.

Il documento ha sempre un autore umano. Se è il documento è conservato e diffuso come anonimo, ciò accade per scelta dell'autore, o della comunità a cui l'autore appartiene.

Si può dire che esiste una buona organizzazione quando esiste una rete di documenti che la descrive. 

Architetture civili

Ricollocato il dato nel documento, possiamo concepire architetture digitali civili

Da un punto di vista tecnico, si tratta in prima approssimazione di reti di documenti scritti in un codice digitale aperto alla comprensione umana, tramite la quale gli esseri umani possano condividere conoscenze. Reti in continua evoluzione, che ogni essere umano può alimentare, aggiungendo documenti, ed alla quale ogni essere umano può attingere, fruendo dei documenti al momento esistenti. Reti dove i documenti sono consapevolmente prodotti da esseri umani, che di volta in volta sceglieranno di apparire in quanto autori o restare anonimi, e definiranno eventuali limitazioni alla fruizione. Reti dove i documenti saranno connessi l'uno con l'altro, nella loro interezza. Ed anche dove porzioni di un documento saranno connesse con porzioni di altri documenti. Reti all'interno della quale sia possibile muoversi, attraverso appositi strumenti – dei quali il primo esempio è il 'motore di ricerca'.[10] 

Da un punto di vista politico, le architetture civili sono frutto del senso di responsabilità personale e sociale di progettisti che si considerano prima che tecnici, cittadini appartenenti ad una comunità, eredi di una storia, viventi in una cultura. Dalla posizione del cittadino, il progettista sviluppa strumenti per la cittadinanza attiva e per la partecipazione.

Partecipazione in diversi sensi - ne elenchiamo qui a mo' di esempio solo alcuni: partecipazione alla produzione sociale di conoscenza; partecipazione alla produzione di norme di legge; partecipazione al governo di istituzioni pubbliche o imprese private; partecipazione a processi organizzativi e flussi di lavoro. 

Internet

Tecnologie militari sono riconvertite per uso civile, tra la fine degli Anni Quaranta e l'inizio degli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra queste un sistema aperto ed inclusivo di reti di computer: una inter-net, Rete di Reti, non gerarchica, basata su nodi in continuo interscambio reciproco, retta da protocolli pubblici e trasparenti.[11]

I protocolli di Internet sono l'esempio più evidente di come il funzionamento tecnico di una architettura informatica può essere fondato su regole semplici, e universalmente note. Qui i progettisti offrono un servizio alla comunità, alla cittadinanza globale.

Si tratta di una architettura pubblica. C'è qui discontinuità, una significativa novità, che riguarda la stessa definizione del pubblico: l'architettura non è di proprietà di uno o più enti; non è detenuta da uno Stato nazionale o da un ente internazionale. Potremmo dire: è common, bene comune.

Eventuali norme emanate da Stati nazionali o organismi internazionali, tese a regolare l'uso di Internet, a sanzionare abusi, a difendere diritti civili, vengono solo dopo. A valle dell'ormai provata efficacia della dell'architettura, capace di autoregolazione.

Inizialmente sono connesse tra di loro reti militari, di enti di ricerca e di università. La Rete di Reti si rivela però presto il mezzo tramite la quale i cittadini, tramite i loro computer personali, disponibili a partire dagli Anni Settanta, possono accedere ai computer, detti server, che ospitano documenti. 

E' il substrato, l'infrastruttura, delle architetture civili che oggi possiamo progettare. 

e-Mail

E' la più diffusa architettura civile resa possibile da Internet. Forse per la sua stessa enorme diffusione sottovaluta e misconosciuta: la stessa facilità d'uso dell'e-mail, e l'abitudine a servirsene, portano a dimenticare la sua profonda novità.

Ogni Stato, ogni organizzazione aveva, fino all'avvento dell'e-mail, considerato necessario dotarsi di un proprio servizio postale. L'e-mail, vera architettura civile, cancella questa esigenza.

L'e-mail, resa possibile da Internet, si basa su un protocollo pubblico. Il servizio tecnico di veicolare i messaggi è svolto dalla rete acefala e non soggetta a controlli che è Internet. Lo scambio di messaggi avviene in assenza di enti terzi dediti ad offrire garanzia o esercitare controllo. Un servizio di posta universale è così garantito ad ogni cittadino. Si può vedere qui l'abilitazione ad una cittadinanza attiva universale. Ogni cittadino può, presso un serverche funge da provider, aprire un proprio indirizzo. Abilitandosi così ad una prima basilare forma di cittadinanza digitale: la possibilità di scambiare messaggi con  ogni altro cittadino dotato di un proprio indirizzo. C'è in questa abilitazione una grande novità: il cittadino si abilita da solo in base ad una semplicissima procedura.

La novità dell'e-mail, il suo rilievo politico, sta innanzitutto in questo: il sistema funziona in assenza di terze parti trusted third parties: terze parti garanti della certezza del servizio.

Con il proprio computer e con la propria e-mail il cittadino è più libero. Due o più cittadini possono interagire senza che siano necessario l'intervento di un terzo.

Il terzo è qualsiasi persona che non ha partecipato con la sua volontà alla formazione di un atto giuridico. Naturalmente, questo atto giuridico può essere civile, processuale, commerciale o di qualsiasi altra natura. 

Bulletin Board System (BBS)

Internet permette l'incontro di appartenenti a comunità professionali, gruppi di interesse, appassionati di un hobby o seguaci di un gruppo rock. Sono inizialmente 'bacheche' alle quali si appendono documenti di notizie. Dalle BBS nascono Liste di iscritti a discussioni collettive.

Raggiungono via via maggior diffusione tra la fine degli Anni Settanta e l'inizio degli Anni Novanta del secolo scorso.

Le BBS sono aperte autonomamente da cittadini dotati di conoscenze tecniche. Hackers della prima  ora: cittadini che usano la tecnica per raggiungere un obiettivo o superare un ostacolo. Il gusto di andare oltre gli standard previsti dagli stessi progettisti degli strumenti che essi usano, porta a creare spazi di cui si teorizza l'estranietà, l'autonomia rispetto alla stessa sovranità degli Stati nazionali. Spazi per una nuova possibile cittadinanza.[12] 

World Wide Web

Su Internet si appoggia l'architettura civile che resta caso esemplare: il World Wide Web.

E' importante coglierne la storia: la visione di ciò che il computer può permettere porta a concepire, negli anni in cui termina la seconda guerra mondiale, una evoluzione nel modo di pensare di condividere il frutti del pensiero. La visione dell'architettura di documenti interconnessi è già chiara negli Anni Sessanta. Il World Wide Web è a disposizione dei cittadini dagli Anni Novanta.[13]

Web si traduce con tessuto. Testo, ricordiamolo, discende da tessere. Ogni testo è porzione di un testo più grande. La grande tela che insieme tessiamo.

Il World Wide Web è una Rete di documenti, aperta ed in continua evoluzione: nuovi documenti si aggiungono in ogni istante, altri possono essere cancellati.

E' una Rete universale: accoglie e lega tra di loro qualsiasi documento, quali che siano la fonte e l'argomento trattato. Lo scopo dichiarato al momento della sua apertura è duplice: rendere semplice l'accesso alla Rete di Documenti; rendere semplice la progressiva aggiunta di nuovi documenti.

Il World Wide Web si fonda su un codice aperto. La sua architettura è affidata alla cura di una Organizzazione non Governativa: World Wide Web Cosortium (W3C), cui partecipano enti pubblici e privati di diversi Paesi. In base ad una procedura chiaramente esplicitata, il W3C emana gli standard e le norme in base alle quali l'architettura funziona e si evolve. Gli standard e le norme sono chiamati Recommendation, raccomandazioni. L'espressione stessa è significativa dello spirito che presiede alla nascita del Web. Non regole che cercano la propria forza in norme di legge emanate dagli Stati nazionali, non norme proposte da organismi internazionali come le Nazioni Unite, ma raccomandazioni proposte da una comunità ai propri membri. Si fa leva insomma sulla convenienza degli attori a condividere regole che garantiscono il funzionamento di una risorsa comune.

Il World Wide Web prefigura una sorta di democrazia digitale universale, Al primario scopo: rendere possibile ad ogni cittadino l'accesso a documenti, si aggiunge un secondo scopo: permettere ad ogni cittadino di produrre documenti. Il Web mostra così come i ruoli sociali di autore e lettore possono fondersi in un unico ruolo: in effetti la prima caratteristica della cittadinanza può essere vista in questo duplice ruolo. Il cittadino contribuisce alla scrittura delle leggi e le rispetta. Il cittadino produce conoscenze ed accede a conoscenze. 

Wiki

Il Word Wide Web è la base per il Wiki, un Quick-Web[14], dove comunità riunite per via digitale possano scrivere insieme. Il testo è il frutto del lavoro collettivo di una comunità di pari. La scrittura collaborativa è il modo per collegare esperienze e sedimentare conoscenze.

Il Wiki si articola come rete di documenti. Caratteristica distintiva del Wiki è la facilità con cui le pagine possono essere create e aggiornate, mantenendo aperta in ogni caso la possibilità di commentare e modificare ogni testo.

Come nel World Wide Web, sempre nuove connessioni (link) tra documenti e singole parole comprese nei documenti possono essere scoperte e aggiunte. A differenza del World Wide Web, Rete universale, omnicomprensiva, il Wiki è una rete locale e dedicata: strumento di lavoro e di coesione sociale di una comunità, di un gruppo di persone appartenenti a una organizzazione o impegnate in un progetto.

Il Wiki  permette, o forse anche suggerisce l'anonimato. La tendenza, già presente nel  World Wide Web, a ridurre la distanza tra i ruoli di autore e lettore, nel Wiki cresce notevolmente.

Nel Wiki si tende a considerare irrilevante il singolo autore, perché l'autorevolezza di un documento è frutto non del nome dell'autore, ma del sovrapporsi di interventi sullo stesso testo di autori diversi: revisioni, correzioni, tagli aggiunte, riscritture. Aspetto essenziale del Wiki è che di ogni testo resta accessibile non solo l'ultima versione, frutto del sovrapporsi delle scritture, ma anche la traccia dei  singoli interventi sul testo, e delle versioni precedenti del testo.

Il Wiki mostra dunque come la conoscenza è prodotto sociale: cresce e si migliora attraverso la cooperazione. 

Wikipedia nacque come esperimento volto a dimostrare la possibilità di edificare, tramite il Wiki, una estesa rete di documenti.

Una enciclopedia è una raccolta di voci. Nella stesura di una voce, l'avvicinamento alla retta conoscenza è affidato ad una singola persona, battezzata come autorità. Ma l'autore della voce è in ogni caso condizionato dalla propria formazione, dall'appartenenza ad una scuola, dal momento storico e dal contesto culturale nel quale scrive. Il cittadino, costretto nel ruolo di lettore, soggiace all'autorità indiscussa dell'autore della voce.

Wikipedia mostra le virtù di una via diversa: la voce dell'enciclopedia non ha autore. L'anonimato è il velo dietro il quale può muoversi ogni cittadino, al quale è affidata la responsabilità di condividere le proprie conoscenze. Si può infatti presumere che ogni cittadino conosca un qualche argomento meglio di chi ha scritto la voce dell'enciclopedia riguardante quell'argomento.

Ha un grande valore, pratico e simbolico, la possibilità, offerta ad ogni lettore, di modificare il testo che sta leggendo. In  base ad un invito alla partecipazione che possiamo sintetizzare così: 'Se trovi una voce di Wikipedia che secondo me non va bene, intervieni, fai il possibile per migliorarla'. Siamo così invitati a ricordare che i vantaggi conoscitivi portati ad ognuno dalla lettura di una voce dell'enciclopedia, meritano, anzi esigono, una controprestazione: il contributo alla scrittura di quella stessa voce.[15] 

Alla apparente certezza del dato corrisponde l'intrinseca fragilità del documento, affidato alla cura umana. La voce di Wikipedia può essere modificata da chiunque. Le modifiche possono anche essere errate, volutamente ingannevoli, censorie. Ma si assume che a fronte di un intervento che danneggia la qualità della voce, ne seguiranno altri che torneranno ad accrescere la qualità della voce. Si assume insomma che, se offerta al cittadino la possibilità di agire responsabilmente, e se si sono evitati controlli 'automatici', affidati ad automatismi del software o ad algoritmi, la comune volontà di costruire un archivio di conoscenze affidabili prevale sui tentativi di inganno e di manipolazione.

Le piattaforme wiki, con le loro caratteristiche di semplicità architetturale e di apertura all'azione sociale, si mostrano come alternative ai Social Network - dove vige un'autorità che condiziona, controlla, e infine deresponsabilizza gli esseri umani. 

Blockchain

Un ulteriore esempio di architettura civile è la Blockchain. E' il frutto di una filosofia tecnico-politica che emerge verso la fine degli Anni Ottanta del secolo scorso.

Erano gli anni in cui, sullo strato connettivo offerto da Internet, si affermava la posta elettronica, e si andavano definendo le raccomandazioni che presiedono al funzionamento del World Wide Web. Si aprivano così per ogni cittadino nuovi spazi di libertà: la possibilità di stabilire relazioni, di produrre documenti e di accedere ai documenti prodotti.

Ma già in quegli anni, risultava chiaro agli occhi di giovani informatici, programmatori abilissimi, dotati anche di una coscienza politica, che le nuove libertà digitali sono solo una faccia della medaglia. La macchina -personal computer, tablet, smartphone- che è di proprietà del cittadino, e lo accompagna in ogni momento della vita, dal momento in cui è connessa alla Rete Globale, è il mezzo tramite il quale ogni cittadino è osservato, sorvegliato, controllato. Ogni comportamento può essere tracciato; la vita stessa diviene così una fonte di dati che finiscono per essere  ricchezza nelle mani di grandi imprese, player globali, nuove Terze Parti operanti fuori dalle possibilità di controllo degli stessi stati nazionali e degli organismi internazionali.

Le libertà civili, così, sono svincolate dal diritto, e soggette all'arbitrio di detentori di un potere fondato sulla tecnica.

Quei giovani programmatori erano esperti di crittografia. Usano quindi raffinati sistemi di cifratura per fornire la risposta politica. "Privacy is necessary for an open society in the electronic age". "Privacy in an open society requires cryptography".[16] La crittografia, usata da Stati, Forze Armate, Servizi di Intelligence, e da grandi imprese private, può essere usata come mezzo per proteggere il campo delle libertà civili di ogni cittadino.

La manifestazione più compiuta di questo pensiero è l'architettura che conosciamo come Blockchain. Appare in pubblico nel momento più acuto della crisi finanziaria - scoppio della bolla immobiliare, crisi dei mutui subprime, fallimento della banca Lehman Brothers: il 31 ottobre 2008 appare su un sito Web il paper firmato da Satoshi Nakamoto: Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System.[17]

Se siamo costantemente sorvegliati, torneremo liberi solo indossando una maschera. Un finissimo uso della crittografia garantisce dunque ad ogni cittadino, nel progetto di Satoshi Nakamoto, la maschera dell'anonimato. Così, a sottile conferma delle intenzioni, anche 'Satoshi Nakamoto' è una maschera: gli autori del progetto scelgono di restare anonimi.

Il progetto mira a liberare il cittadino dal controllo assoluto, e spesso arbitrario, di ogni Ente Centrale, pubblico o privato. Il primo terreno sul quale si vogliono aprire nuovi spazi di libertà è lo spazio economico.

Il bitcoin è la criptomoneta che permette scambi di beni e servizi -transazioni- in cambio di un corrispettivo, senza dover ricorrere alla mediazione di una trusted third party: in senso stretto un istituto bancario, in senso lato un insieme di autorità, alle quali è affidato il compito di garantire la correttezza della transazione. Blockchain è l'architettura sottostante. Ogni transazione è registrata in un documento.

Non c'è bisogno di terze parti, perché le transazioni sono validate dagli stessi cittadini coinvolti nella transazione. Ognuno di loro, accompagnato del proprio Personal Computer, è un nodo della Rete che registra e conserva le transazioni. Al posto della Terza Parte stanno potenti algoritmi crittografici: esemplare caso di tecnologia al servizio della cittadinanza attiva.

Blockchain è architettura Peer-to-Peer. Nell'architettura Client/Server -così è nel caso del Web e di Wikipedia- si osservano due funzioni: il Server conserva dati e documenti, il computer del cittadino è un client. Dall'architettura Client/Server, come la storia dimostra, si scivola verso le architetture fondate sul Cloud: reti di Server, governate da una Terza Parte, conservano tutti i dati e tutti i documenti. L'accesso alla conoscenza è così condizionato dalle regole di accesso stabilite dalla Terza Parte. Gli accessi di ogni cittadino al Cloud sono noti alla Terza Parte. Le modalità di accesso finiscono per essere a loro volta dati, che restano nel dominio della Terza Parte.

Nella architettura Peer-to-Peer, invece, il computer del cittadino è un nodo della Rete che svolge al contempo le funzioni di Client e di Server.

Nella Blockchain, ogni documento, registrazione di una transazione, si accoda alla catena dei documenti riguardanti le transazioni già avvenute. Ovvero, tutti documenti vanno a costituire un Ledger, registro, continuamente alimentato. L'intero registro è ricostruibile da ogni nodo della Rete. Ogni cittadino può in ogni istante accedere a tutti i documenti che lo riguardano. 

Nel paper di 'Satoshi Nakamoto' si insiste sul concetto di onestà. L'architettura è fondata sul principio che un nodo -un cittadino accompagnato dal proprio computer- non validerà una transazione a cui ha partecipato, se la ritiene truffaldina. Il nodo disonesto potrà ugualmente tentare di validare la transazione. Ma la sua validazione genererà una nuova catena di documenti. Ma il sistema resterà sicuro, perché “la catena onesta crescerà più velocemente e supererà qualsiasi catena concorrente”. 

Si può quindi parlare di una democrazia dei computer accesi. Una Rete Politica, dove la polis è l'insieme dei cittadini attivi, ognuno dotato di un proprio computer.

C'è qui una novità politica: siamo abituati a ritenere che il cittadino è tale se è iscritto ad una anagrafe, è tale se fornisce anticipatamente notizie su di sé. Siamo abituali a ritenere che la cittadinanza sia sancita da un Ente Pubblico.

Con la Blockchain, invece, la cittadinanza appare come diritto originario, che non esige nessuna pubblica dichiarazione. Il cittadino, così, non è costretto ad inchinarsi previamente ad una autorità, ma è libero di esprimere momento dopo momento, la volontà di una azione.[18]

In considerazione dell'azione che intende svolgere, di volta in volta il cittadino, dichiarerà quello che serve, a chi serve, nel momento in cui serve.

Degenerazione

Le architetture civili continuano a mostrare la propria efficacia. Eppure sono soggette al rischio di degenerazione. Perdono i caratteri originari mutandosi in peggio. La storia di Internet, del World Wide Web, di Wikipedia e delle Blockchain mostra come questi costrutti, nati nel dominio dell'informatica come servizio, sotto la spinta di interessi economici e politici, finiscono per tradursi in strumenti dell'informatica come potere.

L'élite si riappropria degli spazi di libertà, trasformando la libertà in norme vincolanti, e gli spazi aperti all'azione in luoghi dominati ed osservati. La sudditanza prende il posto della cittadinanza attiva. 

Internet, Rete di Reti dove ogni attore sociale -sia il cittadino, sia lo Stato, sia la grande Corporation- accede a parità di condizioni, nel rispetto degli stessi protocolli, è soggetta a continue pressioni tese a trasformarla in strumento di Broadcasting . All'one-to-one si sostituisce l'one-to-many. L'architettura che ha mostrato di essere base adeguata per la Freedom of speech, libertà di parola, è divenuta strumento sul quale si appoggiano servizi commerciali monopolistici e progetti di manipolazione dell'opinione pubblica. 

L'e-mail nasceva come luogo di scambi epistolari, di libera scelta dei propri corrispondenti. E' però divenuto luogo di invasione della sfera privata, di pressione mercantile, di truffe. 

Le BBS nascono come luoghi di incontro di gruppi sociali, comunità. Luoghi gestiti direttamente dai membri parlano liberamente tra di loro, da pari a pari. Troviamo al loro posto sistemi di messaggistica e Social Network, fondati su un codice chiuso, del tutto fuori dal controllo degli utenti. Luoghi dove i partecipanti sono vittima di controllo, bombardamento pubblicitario ed estrazione di dati personali. 

ll World Wide Web si offriva in origine come mezzo per pubblicare e connettere tra di loro testi di fonti diverse. Testi scritti da esseri umani per essere letti da esseri umani.

Ma poi è accaduto che il Web si trasformasse in luogo dove ciò che è scritto nel Web è destinato ad essere letto, prima che da esseri umani, da algoritmi che decidono quale testo è importante e quale meno. Il Web è luogo dove software  pubblicano software, e algoritmi agiscono al di fuori di qualsiasi intervento umano; fino all'avvento di software che non solo sostituiscono gli esseri umani, ma ingannano gli esseri umani fingendosi umani.[19] 

Il Web 2.0 prometteva inizialmente di rendere più facilmente accessibile ad ogni cittadino la scrittura, la connessione dei testi tra di loro, l'accesso ai testi.[20] A questo scopo si sovrapposero al Web piattaforme, luoghi dove la pubblicazione e la condivisione dei testi risultasse più semplice.

Caso esemplare sono i Social Network, da Facebook a WhatsApp. Piattaforme dove, a differenza delle BBS, del World Wide Web e del Wiki, le regole che governano accesso, pubblicazione, e lettura sono stabilite d'autorità e soggette a proprietà privata.

Presto il Web 2.0 si è manifestato come piattaforma dove dietro l’opportunità di pubblicare e condividere si nasconde l’appropriazione da parte dei proprietari della piattaforma dei testi pubblicati dai cittadini.

I testi sono codificati e conservati secondo regole stabilite dai proprietari della piattaforma, al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei cittadini. In ultima analisi i testi prodotti dai cittadini sono ridotti a dati.

In aggiunta, va detto che l'uso della piattaforma è concesso ai cittadini solo a valle di una profilazione. Il cittadino è costretto a descriversi secondo criteri definiti dal proprietario della piattaforma. Questa autodescrizione vincolata, in sé fonte di dati e tradimento della privatezza, finisce per essere imposta al cittadino stesso come propria immagine, a cui il cittadino è spinto ad adeguarsi.

Con l’occasione vengono raccolti dati personali.

Infine, l'ultimo prezzo per l'uso della piattaforma, in apparenza gratuita, è, per ogni cittadino, l'essere costantemente osservato nel suo agire. E questo agire è fonte, istante dopo istante, di nuovi dati.

Insomma: da una raccolta di documenti a un ammasso di dati. 

Wikipedia nasce come luogo dove l'autore è anonimo, la distanza tra autore e lettore è minimizzata, e la possibilità di scrivere è aperta ad ogni cittadino.

Ma la storia mostra come con Wikipedia nasce una nuova élite: la comunità di coloro che si iscrivono ad un nuovo club: il club di coloro che non solo scrivono le voci di Wikipedia, ma definiscono norme redazionali, giudicano e corregge le voci pubblicate, pretendendo di appellarsi ad una scienza che non è frutto di ricerca, conoscenza, esperienza, ma è affermazione di potere appoggiato su un sapere dato per già codificato e stabilito.

Questa posizione è ferita gravissima alla cittadinanza attiva. La presenza di esperti legittimati da una istituzione disabilita i cittadini, portandoli ad affidarsi a questi esperti. I cittadini sono quindi portati a svalutare le proprie conoscenze, considerandole inferiori alle affermazione degli esperti. Gli esperti, per converso, sono portati a fondare la propria autorità non su ricerche, esperienze vissute in prima persona, conoscenze acquisite, ma invece sull'appartenenza al gruppo degli esperti legittimati.[21] 

Bitcoin nasce come moneta destinata a corrispondere il controvalore di un bene ceduto. Ma finisce per essere strumento in mano a soggetti che considerano le criptovalute le monete che più comodamente permettono speculazioni finanziarie e tesaurizzazioni occulte. 

Nelle intenzioni dei precursori programmatori Cyperpunk e Cipherpunk, e nel progetto di 'Satoshi Nakamoto', l'anonimato è garanzia di libertà civile offerta ai cittadini in un contesto politico, e digitale, di costante sorveglianza e di appropriazioni di dati personali. A questa apertura alla cittadinanza finisce per sostituirsi la chiusura su sé stessa di una comunità professionale di portatori di interessi: tecnici e imprenditori e fornitori di servizi specializzati, per i quali la Blockchain non è architettura civile, ma invece supporto al business, ed in sé oggetto di business.

Così la validazione delle transazioni, nell'originale progetto di 'Satoshi Nakamoto' affidata ad un algoritmo che garantisca neutralità, passa ad essere affidata a meccanismi stabiliti dagli stakeholder interessati alla Blockchain intesa come business.

E così, infine, all'architettura fondata su nodi equipollenti finiscono per sostituirsi architetture che sono sostanzialmente piattaforme proprietarie dove un dominus detta regole. Cosicché i partecipanti alla Rete tornano ad essere utenti di servizi predeterminati.

Blockchain nasce con l'intento di sostituire l'affidamento ad una Terza Parte con una catena di comportamenti onesti e responsabili. Ma appare alla fine come nuovo potente strumento in mano a Terze Parti. 

Blockchain nasce come luogo dove più degli attori umani stabiliscono accordi e conducono gli accordi a buon fine. Ma finisce per essere mezzo per rendere automatica l'esecuzione di contratti.

Bitcoin e Blockchain nascono come strumenti di socializzazione per esseri umani, ma finisce per essere luogo dove l'organizzazione funziona in assenza di esseri umani. 

Serve perciò una progettazione orientata a mantener vivi gli aspetti originari -politici, sociali, etici- delle architetture digitali civili. Serve, di fronte ad ogni degenerazione ed appropriazione indebita di una architettura civile, ripartire dall'origine proponendone di nuove.

NOTE


[1]   Questo testo è nato nel quadro di riflessioni condivise con Luca Barbieri e Giuseppe Vincenzi, che qui ringrazio. Insieme a loro, nell'ambito della associazione Assoetica (www.assoetica.it), si sta ragionando sui Registri Digitali Distribuiti. Per i fruttosi scambi sugli stessi argomenti ringrazio anche Antonio Iacono.

[2]   Francesco Varanini, Macchine per pensare. L'informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, Guerini e Associati, 2016.

[3]   Francesco Varanini, Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale. E perché conviene trasgredirle, Guerini e Associati, Milano, 2020.

[4]   Vannevar Bush, “As We May Think”, The Atlantic Monthly (Boston), 176, july 1945; ora in James M. Nyce, Paul Kahn (eds.), From Memex to Hypertext: Vannevar Bush and the Mind’s Machine, Academic Press, Boston 1991.

     Douglas Engelbart, Augmenting Human Intellect: A Conceptual Framework, Summary Report Prepared for Direction of Information Science Air Force Office of Scientific Research, Stanford Research Institute, October 1962. Vedi in Randall Packer, Ken Jordan (eds.), Multimedia. From Wagner to Virtual Reality, W.W. Norton & Company, New York, 2001.

[5]   Francesco Varanini, Macchine per pensare. L'informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, Guerini e Associati, 2016.

[6]   Claude E. Shannon, "A Mathematical Theory of Communication", The Bell System Technical Journal, Vol. 27, pp. 379-423, 623-656, July, October, 1948.

[7]   Francesco Varanini, “Presentazione”, in Alberto F. De Toni, Andrea Fornasier, La guida al Knowledge Management, Il Sole 24 ore, Milano, 2012.

[8]   Claude E. Shannon, "A Mathematical Theory of Communication", cit.. Heinz Von Foerster, “On Self-Organizing systems and their Environment”, in Marshall C.Yovits, Scott Cameron, Self-Organizing Systems, Pergamon Press, New York, 1960.

     Heinz von Foerster, “On Self-Organization and Their Environments”, in M.C. Yovits and S. Cameron (eds.), Self-Organizing Systems, Pergamon Press, London, 1960 [Comunicazione all'Interdisciplinary Symposium on Self-Organizing Systems, 5 maggio 1959, in Chicago, Illinois].

     Edgar Morin, L'événement-Sphinx”, Communications, 18, 1972; trad. it. “L'evento Sfinge”, in Edgar Morin, Teorie dell'evento, Bompiani,  Milano, 1974.

     Francesco Varanini, “I limiti dell'informazione”, Dieci chili di perle, 2009, www.diecichilidiperle.blogspot.com/2009/07/i-limiti-dellinformazione_28.html.

     Francesco Varanini, Macchine per pensare, cit.. Francesco Varanini, “Dal minimalismo al barocco. Quattro storie tra informatica e letteratura”, Mondo Digitale, XV, 73, dicembre 2017.

[9]   Jurij M. Lotman, 'Il diritto alla biografia', in La semiosfera, Marsilio, Venezia, 1985.

[10] Francesco Varanini, “Il programmatore e l’archivista. Elogio dell’Information Retrieval”, Sistemi & Impresa, anno 38, 9, novembre 1992.

[11] J. C. R. Licklider and Welden E. Clark, “On-line man-computer communication”, AIEE (The Institute of Electrical and Electronics Engineers)-IRE (The American Institute of Electrical Engineers) '62 (Spring), Proceedings of the May 1-3, 1962, Spring Joint Computer Conference May 1962.

     J. C. R. Licklider, “Memorandum For Members and Affiliates of The Intergalactic Computer Network”, Advanced Research Projects Agency (ARPA), Washington D.C., april 23, 1963.

[12] Bruce Sterling, The Hacker Crackdown: Law and Disorder on the Electronic Frontier ,Bantam Books, New York, 1992; trad. it. Giro di vite contro gli hacker, Shake, Milano, 1993. - John Perry Barlow, “A Declaration of the Independence of Cyberspace”, February 8, 1996.

[13] Theodor H. Nelson, "A File Structure for the Complex, the Changing and the Indeterminate." ACM Proceedings of the 20th National Conference, Association of Computing Machinery, New York, 1965. 84-100., “A File Structure for the Complex, the Changing, and the Indeterminate”, Proceedings of the ACM 20th National Conference, 1965.

     Theodor H. Nelson, Literary Machines, The Report on, and of, Project Xanadu concerning word processing, electronic publishing, hypertext, thinkertoys, tomorrow’s intellectual revolution, and certain other topics including knowledge, education and freedom, Swarthmore (Pa) 1981 (dattiloscritto, pubblicato in proprio); Literary Machines, Swarthmore (Pa) 1990; Literary Machines, The Report... 93.1, Mindful Press, Sausa- lito (Ca) 1993 (ultima edizione); trad. it. Literary machines 90.1: Il Progetto Xanadu, Muzzio, Padova 1992 (traduzione della versione 90.1, 1990).

     Tim Berners-Lee, Robert Cailliau, Jean-François Groff, Bernd Pollermann, “World-Wide Web: The Information Universe”, Internet Research, Vol. 2 No. 1, January 1992, pp. 52-58. Tim J. Berners-Lee, Robert Cailliau and Jean-François Groff, “The world-wide web”, Computer Networks and ISDN Systems 25, 1992, pp- 454-459.

[14] Bo Leuf, Ward Cunningham, The Wiki Way: Quick collaboration on the Web, Addison-Wesley Professional, Boston, 2001.

     Ward Cunningham, Michael W. Mehaffy, “Wiki as Pattern Language”, in Proceedings of the 20th Conference on Pattern Languages of Programs. (PLoP'13), Monticello, Illinois, USA (October 2013), 2014.

[15] Jonathan Zittrain, The Future of the Internet, Yale University Press, 2008, Part II: After the Stall, 6: The Lesson of Wikipedia.

     Francesco Varanini, "Se trovo una voce di Wikipedia che secondo me non va bene, faccio quello che posso per migliorarla", Dieci chili di perle, 2009, https://diecichilidiperle.blogspot.com/2009/07/se-trovo-una-voce-di-wikipedia-che.html.

[16] Timothy C. May,  The Crypto Anarchist Manifesto, www.activism.net/cypherpunk/crypto-anarchy.html, 22 novembre 19929 [scritto alla metà del 1988, quindi diffuso nelle Hackers Conferences e su varie liste].

     Eric Hughes,  A Cypherpunk's Manifesto, https://www.activism.net/cypherpunk/manifesto.html, 9 marzo 1993.

[17] Satoshi Nakamoto: Bitcoin, A Peer-to-Peer Electronic Cash System, Cryptography Mailing List, www. metzdowd.com, 31 ottobre 2008.

[18] Francesco Varanini, “La fiducia in sé stessi. Verso la cittadinanza attiva ed il lavoro responsabile”, Persone & Conoscenze, 143, 2020.

[19] Francesco Varanini, Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale, cit., Prima Legge.

[20] Francesco Varanini, “Web 2.0: cosa è in mano di chi”, Persone & Conoscenze, 29, aprile 2007.

[21] Ivan Illich, Disabling Professions, Marion Boyars, New York, 1977; trad. it. Esperti di troppo, Erickson, Gardolo, 2008.

     Francesco Varanini, Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale, cit., Terza Legge.

Francesco Varanini

Francesco Varanini / ⛵⛵ Scrittore, consulente, formatore, ricercatore - STULTIFERA NAVIS co-founder

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Questo testo è nato nel quadro di riflessioni condivise con Luca Barbieri e Giuseppe Vincenzi, che qui ringrazio. Insieme a loro, nell'ambito della associazione Assoetica (www.assoetica.it), si sta ragionando sui Registri Digitali Distribuiti. Per i fruttosi scambi sugli stessi argomenti ringrazio anche Antonio Iacono.

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Vannevar Bush, “As We May Think”, The Atlantic Monthly (Boston), 176, july 1945; ora in James M. Nyce, Paul Kahn (eds.), From Memex to Hypertext: Vannevar Bush and the Mind’s Machine, Academic Press, Boston 1991.

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     Eric Hughes,  A Cypherpunk's Manifesto, https://www.activism.net/cypherpunk/manifesto.html, 9 marzo 1993.

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Francesco Varanini, “Web 2.0: cosa è in mano di chi”, Persone & Conoscenze, 29, aprile 2007.

Ivan Illich, Disabling Professions, Marion Boyars, New York, 1977; trad. it. Esperti di troppo, Erickson, Gardolo, 2008.