Peters scrive: "La mia paura, e penso sia ben fondata, riguarda la 'fase finale' dell'automazione che avviene con lo sviluppo del machine learning e del deep learning che minaccia teoricamente la 'disoccupazione tecnologica', ma anche un insieme ancora più selvaggio di disuguaglianze emergenti" (Peters, 2019).
Un teorico del knowledge socialism che ammette la propria paura. Che riconosce i limiti delle sue speranze. Questa onestà è rara nel dibattito accademico, dove prevale l'ottimismo tecnologico o il catastrofismo apocalittico. Peters sceglie invece la vigilanza critica: guardare in faccia le trasformazioni strutturali senza nascondersi dietro facili consolazioni.
Per comprendere dove siamo, Peters ricostruisce la genealogia dell'automazione attraverso quattro ondate successive. La prima ondata, nel secondo dopoguerra, ha visto la scomparsa dei lavori d'ufficio quando le macchine ATM furono introdotte nel 1969 come parte del processo iniziale di finanziarizzazione. La seconda ondata, negli anni '80, ha automatizzato il settore dei servizi con la digitalizzazione della finanza, l'automazione dei mercati azionari e il fenomeno dell'high-frequency trading.
La terza ondata è arrivata nei primi anni 2000 con quello che Peters chiama "capitalismo algoritmico" associato al global finance capitalism. La quarta ondata, quella in cui siamo immersi ora, riguarda l'automazione della conoscenza e della ricerca, sviluppatasi rapidamente con la crescita del "platform capitalism" e l'ascesa del capitalismo basato su algoritmi con motori di ricerca, big publishing e industrie delle metriche (Peters et al., 2011; Peters, 2012, 2013a, b, 2017a).
Il deep learning rappresenta l'aspetto più recente dell'AI che ha sperimentato accelerazione e breakthrough tecnologici. Questa fase ha la capacità di automatizzare e aumentare la cognizione umana (Peters, 2017a, b).
Peters costruisce il suo argomento intrecciando Marx e Foucault. Riprende il "Frammento sulle macchine" di Marx (1978), quel piccolo passaggio dei Grundrisse diventato centrale per i teorici del capitalismo cognitivo. Marx presenta uno scenario futuro dove l'uso di macchine e conoscenza nella produzione si espande. La produzione ruota più attorno alla conoscenza che allo sforzo fisico. Le macchine liberano gli umani dal lavoro, il ruolo del tempo di lavoro diretto nella vita si riduce al minimo. Il tempo libero prolifera.
Ma questo salto tecnologico porta la possibilità di uno sviluppo sociale su scala massiccia. Liberati dalla subordinazione fisica ai mezzi di produzione, i lavoratori crescono intellettualmente e cooperativamente. Questo "general intellect" generato liberamente si reinserisce, diventando la forza produttiva principale (Peters et al., 2020).
Foucault, dalla sua parte, non ha detto molto sul capitalismo come sistema internazionale se non attraverso commenti di sfuggita. La sua interpretazione del neoliberalismo rimane comunque un contributo fondamentale. Foucault non ha anticipato la formalizzazione, matematizzazione e compressione che avvenne sotto i processi di finanziarizzazione in quello che Peters chiama "capitalismo algoritmico" (Peters 2017a, b).
Se la sostituzione infinita del lavoro è il motivo trainante della trasformazione del lavoro nel passaggio da forme industriali a postindustriali di capitalismo con le sue ondate di automazione basate su robotizzazione, allora il deep learning può essere considerato la metafora chiave nella trasformazione della conoscenza in dati e informazione, e il machine learning che può aumentare e sostituire i sistemi di produzione della conoscenza umana con algoritmi e grandi dataset (Peters, 2019).
Goodfellow, Bengio e Courville (2016), autori del primo libro di testo sul deep learning, commentano: "La vera sfida dell'intelligenza artificiale si è rivelata risolvere i compiti che sono facili da eseguire per le persone ma difficili da descrivere formalmente - problemi che risolviamo intuitivamente, che sembrano automatici, come riconoscere parole parlate o volti nelle immagini".
La loro soluzione permette ai computer di apprendere dall'esperienza e comprendere il mondo in termini di una gerarchia di concetti, con ogni concetto definito in termini della sua relazione con concetti più semplici. Raccogliendo conoscenza dall'esperienza, questo approccio evita la necessità che gli operatori umani specifichino formalmente tutta la conoscenza di cui il computer ha bisogno.
Morris et al. (2017) riportano il notevole "take-off" dell'intelligenza artificiale e con questa rinascita anche il ritorno della machinery question posta quasi duecento anni fa nel contesto della Rivoluzione Industriale. L'analisi ottimista della stampa mainstream nel 2016 documenta la pubblicazione di diversi rapporti USA e UK che suggeriscono che "l'AI è arrivata" e offre "enorme potenziale per business e governo più efficienti ed efficaci".
Gli economisti citati accolgono l'AI per i guadagni di produttività. Ma uno studio di Oxford che si basa sui recenti progressi in machine learning e robotica mobile stima che il 45% delle occupazioni americane sarà automatizzato nei prossimi 20 anni (Frey & Osborne, 2017).
In un mondo dove il reddito si sta disaccoppiando dall'educazione e dal lavoro, e il capitalismo neoliberale ha portato a una crescente concentrazione della ricchezza (Piketty, 2014), è probabile che le disuguaglianze sociali ed educative accelerino e proliferino quando uguaglianza ed eccellenza dominano le agende delle politiche educative occidentali.
Peters traccia quello che chiama "uno scenario di lavoro oscuro": nell'era del deep learning - la fase finale dell'automazione - lo stato sociale basato sulla piena occupazione potrebbe sembrare un passato strano e romantico quando lavoro, ritiro del lavoro e politica del lavoro andavano insieme e avevano qualche forza in un'era industriale.
In retrospettiva e dalla prospettiva del capitalismo algoritmico in pieno svolgimento, lo stato sociale e la piena occupazione potrebbero sembrare mere aberrazioni storiche (Peters, 2019).
Questa visione mi inquieta profondamente. Perché costringe a confrontarsi con una possibilità reale: che le "possibilità radicali aperte" del knowledge socialism possano essere schiacciate dalla concentrazione algoritmica del potere. Che la peer production e la collaborazione orizzontale restino nicchie mentre il capitalismo cognitivo domina attraverso piattaforme proprietarie, algoritmi brevettati, enclosures digitali.
Ma Peters stesso ammette di essere "più cauto e più scettico" di un decennio fa riguardo alle opportunità per il knowledge socialism. La vigilanza critica, ancora una volta, prevale sulle facili certezze.
Nella prossima e ultima tappa dell'itinerario, affronteremo proprio questo: le perversità e gli anti-pattern del knowledge socialism. Le domande scomode che dobbiamo porci.
Bibliografia
Foucault, M. (1980). Power/Knowledge: Selected Interviews and Other Writings, 1972-1977. Trans. C. Gordon. New York: Vintage.
Frey, C. B., & Osborne, M. A. (2017). The Future of Employment: How Susceptible are Jobs to Computerisation? Technological Forecasting and Social Change, 114, 254-280.
Goodfellow, I., Bengio, Y., & Courville, A. (2016). Deep Learning. Cambridge, MA: MIT Press.
Marx, K. (1978). The Grundrisse. In R. Tucker (Ed.), The Marx-Engels Reader (pp. 221-293). New York: W.W. Norton.
Morris, K., Schenloff, C., & Srinivasan, V. (2017). Guest Editorial: A Remarkable Resurgence of Artificial Intelligence and its Impact on Automation and Autonomy. IEEE Transactions of Automation Science and Engineering, 14, 407-409. https://doi.org/10.1109/TASE.2016.2640778
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Peters, M. A., & Bulut, E. (Eds.). (2011). Cognitive Capitalism, Education, and Digital Labor. New York: Peter Lang.
Peters, M. A., Besley, T., Jandrić, P., & Zhu, X. (Eds.). (2020). Knowledge Socialism: The Rise of Peer Production: Collegiality, Collaboration, and Collective Intelligence. Singapore: Springer. https://doi.org/10.1007/978-981-13-8126-3
Piketty, T. (2014). Capital in the Twenty-First Century. New York: Belknap Press.