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Immagina un tempio immenso, fatto di server, cavi e silicio. Al centro, un altare. Non c’è una divinità con sembianze umane, né un simbolo sacro tradizionale. Solo un database. Immenso, in costante crescita. Ogni clic, ogni like, ogni battito del nostro cuore misurato da uno smartwatch è un’offerta sacrificale a questa nuova divinità: il Dataismo.


Cos’è il Dataismo?

Il Dataismo è la filosofia emergente che pone i dati al centro della comprensione del mondo. In questa visione, non sono più le teorie o le ideologie a guidarci, ma la raccolta e l’analisi di enormi quantità di dati. È una fede nella neutralità dell’informazione, nella verità che si nasconde tra righe di codice e milioni di osservazioni.

Chi aderisce a questa visione non ha bisogno di domande: ha solo bisogno di dati. Perché, come disse Chris Anderson su Wired già nel 2008:

“Con una quantità sufficiente di dati, i numeri parlano da soli.”

Una profezia che oggi sembra essersi avverata.


L’Era in cui i Numeri Sussurrano Verità

Viviamo in un’epoca in cui i numeri ci osservano. O forse dovremmo dire: ci svelano. I dati raccolti dagli smartphone, dalle videocamere, dai sensori intelligenti sono diventati lo specchio della realtà, spesso più fedele delle percezioni umane stesse.

Durante la pandemia, ad esempio, nessun modello teorico aveva previsto la corsa isterica alla carta igienica. I dati, invece, sì. Hanno mostrato picchi di acquisto inspiegabili, che a posteriori hanno raccontato molto su ansie, impulsi e fragilità collettive.

Ed è qui che il dataismo si insinua: dove la razionalità fallisce, l’algoritmo prevede.


Lo “Schematismo Latente del Reale”

La realtà, ci suggerisce il dataismo, è fatta di schemi. Alcuni palesi, altri nascosti. La scienza ha sempre cercato di afferrarli con le teorie, ma ora i dati sembrano svelarne di nuovi, invisibili all’occhio umano.

Il “schematismo latente” è proprio questo: l’idea che sotto la superficie del caos si celino ordini segreti, riconoscibili solo attraverso l’analisi profonda delle tracce digitali che lasciamo. I dati diventano così la lente per scrutare l’invisibile, il modo per penetrare la complessità del mondo reale.


L’Intelligenza Artificiale: Dalla Teoria al Culto del Dato

Un tempo, i sistemi di traduzione automatica si basavano su regole grammaticali scritte da linguisti. Oggi, Google Translate “impara” dai milioni di traduzioni fatte nel mondo reale. Non parte da una teoria: parte dai dati.

È la rivoluzione data-centrica dell’Intelligenza Artificiale. In passato costruivamo modelli e poi cercavamo i dati per convalidarli. Ora costruiamo modelli partendo dai dati stessi. E più dati abbiamo, più il modello “capisce”.

Questo cambiamento ha travolto non solo la tecnologia, ma anche le scienze umane, l’economia, la medicina. Oggi ogni disciplina che vuole evolversi è costretta a inginocchiarsi davanti al trono dei dati.


Il Lato Oscuro del Dataismo: Il Prezzo della Libertà

Ma ogni religione ha i suoi dogmi. E il dataismo ha i suoi sacrifici.

Nel nome dell’efficienza, stiamo consegnando pezzi della nostra libertà. Il nostro tempo, le nostre emozioni, persino i nostri pensieri più intimi vengono tracciati, analizzati, archiviati. Senza opporre resistenza, ci stiamo trasformando in profili comportamentali. In pattern.

I rischi non sono immaginari:

  • Perdita di privacy: ogni click racconta qualcosa di noi. E tutto viene memorizzato, spesso senza che lo sappiamo.
  • Manipolazione dell’opinione pubblica: i dati possono essere selezionati e confezionati per rafforzare ideologie, polarizzare dibattiti e creare bolle informative.
  • Riduzione della complessità umana: emozioni, relazioni, passioni… tutto si traduce in numeri. Ma ciò che conta davvero è misurabile?
  • Delegare agli algoritmi: lasciamo che siano loro a decidere chi assumere, chi merita un prestito, chi è affidabile. Ma chi ha scritto quell’algoritmo?

Tre volti del Dataismo: quando i dati diventano ideologia

  1. Il Capitalismo Predittivo: aziende come Amazon, Google o Meta ci “leggono dentro”, anticipano i nostri desideri, orientano le nostre scelte.
  2. La Biopolitica Digitale: la medicina usa i dati per prevenire malattie. Ma quanto siamo lontani da una società in cui la genetica decida il nostro destino?
  3. Il Governo Algoritmico: previsioni di crimine, gestione del traffico, assegnazione di risorse: le scelte pubbliche si basano sempre più su ciò che dicono i dati. Ma i cittadini possono ancora partecipare?

Infosfera e Dataismo: due volti della stessa rivoluzione informazionale

L’infosfera, concetto sviluppato dal filosofo Luciano Floridi, rappresenta l’ambiente globale dell’informazione, comprendente sia il mondo digitale che quello fisico, dove ogni entità è vista come un “inforg” (organismo informazionale) che interagisce e contribuisce alla rete informativa . In parallelo, il dataismo, come descritto da Yuval Noah Harari, promuove l’idea che l’universo e la vita siano flussi di dati, e che il valore di qualsiasi fenomeno o entità sia determinato dal suo contributo all’elaborazione dei dati .WikipediaWikipedia+1blog.bancolombia.com+1

Entrambi i concetti riconoscono l’informazione come elemento fondamentale della realtà contemporanea. Nell’infosfera, ogni interazione, sia essa umana o tecnologica, contribuisce alla costruzione di un ambiente informativo condiviso. Il dataismo, dal canto suo, attribuisce un valore quasi sacro ai dati, considerandoli la chiave per comprendere e ottimizzare ogni aspetto dell’esistenza.

Questa convergenza tra infosfera e dataismo evidenzia una trasformazione culturale profonda: dalla centralità dell’individuo alla centralità dell’informazione. In un mondo sempre più interconnesso, dove le decisioni sono guidate dall’analisi dei dati e le identità si costruiscono attraverso le tracce digitali, comprendere questa sinergia diventa essenziale per navigare le sfide etiche e sociali dell’era digitale.

Umanesimo Digitale o Teocrazia del Dato?

Il dataismo è una forza potente. Può svelare verità, migliorare vite, prevenire catastrofi. Ma può anche ridurre l’uomo a una collezione di bit. La domanda non è solo tecnica, è profondamente etica:

Vogliamo vivere in un mondo spiegato solo dai numeri?

Per questo, oggi più che mai, serve un nuovo Umanesimo Digitale, capace di mettere la persona — con la sua imperfezione, la sua libertà, il suo spirito critico — al centro del processo decisionale.

I dati possono illuminare, ma non devono dominare. Solo un equilibrio tra algoritmo e coscienza può garantire un futuro in cui l’informazione non sia una gabbia, ma uno strumento di emancipazione.


👁‍🗨 Fonti e ispirazioni:

  • Chris Anderson, “The End of Theory”, Wired, 2008

  • Yuval Noah Harari, Homo Deus

  • Zuboff, The Age of Surveillance Capitalism

  • Rifkin, La società a costo marginale zero

  • Blog Umanesimo Digitale, https://umanesimodigitale.info

Pubblicato il 16 maggio 2025

Franco Bagaglia

Franco Bagaglia / Docente Universitario. Umanesimo Digitale. Specialista formazione e sviluppo AI e competenze digitali presso Acsi Associazione Di Cultura Sport E Tempo Libero

franco.bagaglia@libero.it https://umanesimodigitale.info