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In questo saggio, esploro la figura del project manager come agente etico e osservatore sistemico. Partendo da un’esperienza maturata in ambiti ad alta intensità operativa, l’autore sviluppa una riflessione che intreccia pensiero orientale, scienze cognitive e filosofia pratica. Il progetto emerge così non come sequenza tecnica, ma come forma del fare che esige presenza, discernimento e responsabilità relazionale. Una lettura necessaria per chi intende la leadership non come imposizione, ma come tensione trasformativa.


Gestire un progetto non significa soltanto orchestrare compiti e cronoprogrammi. È piuttosto un’esperienza esistenziale, un atto complesso e situato, in cui si intrecciano intenzione, contesto e relazione. La pianificazione diventa gesto riflessivo; la decisione, un equilibrio instabile tra urgenza e comprensione.

Ho iniziato questo mestiere da ufficiale dell’Aeronautica Militare. Lì, il progetto non era un piano, ma una postura. Variabilità, pressione, coordinamento immediato: erano questi i veri strumenti. In seguito, operando in Marina, Esercito e nelle istituzioni pubbliche, non ho mai smesso di riconoscere la natura fluida e relazionale del lavoro progettuale. Il progetto non si governa con schemi fissi, ma si accompagna come una bicicletta: se ti fermi, cadi.

Il riferimento aristotelico al habitus — ciò che siamo in quanto lo pratichiamo costantemente — illumina una verità operativa: la leadership non si dichiara, si esercita. E l’esercizio è per definizione ripetitivo, paziente, situato. L’agire diventa conoscenza incarnata, e la conoscenza, a sua volta, si rinnova solo nel fare.

Da questa prospettiva, il Kaizen assume i contorni di un’epistemologia operativa. Non è una tecnica, ma un atteggiamento. Rifiuta l’illusione del progetto perfetto, abbraccia il divenire. La trasformazione non è evento, ma processo continuo. Ogni gesto, anche il più trascurabile, può essere migliorato. Ogni nodo, se osservato con attenzione, rivela possibilità di scioglimento.

Il gemba walk, pratica centrale nel pensiero Kaizen, è gesto fenomenologico: recarsi là dove le cose accadono non per controllare, ma per capire. Percepire dove scorre il valore e dove si blocca. Il manager non dirige: facilita. Non impone: ascolta. È un operatore del contesto, non del comando.

Tuttavia, il contesto non è fatto solo di processi. È fatto soprattutto di persone.

«Siamo la media delle cinque persone con cui trascorriamo più tempo»: non è un principio scientifico, ma una metafora potente. Le presenze ci modificano. Alcune ci nutrono, ci sollecitano, ci elevano. Altre ci prosciugano, ci trattengono, ci spengono. Anche questo è project management: discernere. Non è egoismo, ma cura di sé, per poter essere di valore anche per gli altri. Scegliere con chi lavorare, quanto ascoltare, a quali conflitti non rispondere: sono scelte progettuali, non psicologiche. Ogni relazione ha un costo, ma anche una promessa. Sta a noi decidere quali debiti accettare, e quali presenze meritino la nostra.

La vera leadership è una forma di presenza, non di autorità. Un impegno silenzioso a migliorare ciò che c’è, ogni giorno, con la pazienza di chi sa che l’efficacia è figlia della complessità compresa, non della linearità imposta. Il project manager, se degno di questo nome, non è un controllore: è un artigiano del possibile.


Bibliografia ragionata

  1. Aristotele, Etica Nicomachea, trad. C. Natali, Laterza, 1999. ISBN 9788842051877.
    – Per la nozione di habitus come forma virtuosa dell’agire costante.

  2. Fritjof Capra, Il tao della fisica, Adelphi, 1982. ISBN 9788845905030.
    – Per una visione sistemica e non dualista del mondo, che ispira l’approccio fluido al cambiamento.

  3. Noam Chomsky, Linguaggio e problemi della conoscenza, Il Mulino, 1988. ISBN 9788815001783.
    – Per il ruolo del linguaggio nella costruzione della realtà e del potere.

  4. Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, 1977. ISBN 9788845902930.
    – Per una lettura cibernetica e relazionale dei processi cognitivi e comunicativi.

  5. Peter M. Senge, La quinta disciplina. L’arte e la pratica dell’organizzazione che apprende, FrancoAngeli, 1996. ISBN 9788846401371.
    – Per l’idea di apprendimento sistemico come cuore dell’organizzazione e della leadership.

  6. Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita, Laterza, 1963. ISBN 9788842030704.
    – Per la consapevolezza linguistica come responsabilità progettuale.

Pubblicato il 27 maggio 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto