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Una lingua morta continua a essere studiata e analizzata, ma con un atteggiamento diverso rispetto a quello dedicato alla loro progenie, e lo si fa considerando che di queste lingue si hanno solo documenti scritti e non elementi della quotidianità, elementi vivi, autentici, situati nell'effimero che elude le vette della letteratura così come le iscrizioni, pure se infime, sui muri.

Nel libro di Humberto Maturana e Francisco Varela (edizione originale 1972; 1992: 36-37, edizione italiana), "Macchine ed esseri viventi", leggiamo:

"Di norma sono considerati vivi le piante e gli animali, che vengono caratterizzati enumerando le loro proprietà, tra le quali riproduzione ed evoluzione figurano come determinanti; al possesso di tali proprietà è subordinata la condizione di vivente. Ciò nonostante, ogni volta che troviamo queste proprietà in un sistema (concreto o concettuale) costruito dall'uomo, vengono indicate come importanti altre proprietà, con la conseguenza che nessun sistema sintetico viene considerato vivo."

Riflessione

Un parallelismo, benché forzato, rimanendo nel dominio di pensieri dal carattere più speculativo, potrebbe essere quello con le lingue vive e le lingue morte.

Una lingua viva è un sistema dotato, in un certo senso, di un proprio metabolismo, un equilibrio; tale sistema muta nel corso del tempo, sospinto dalle perturbazioni culturali e sociali che, magmatiche, lo rendono dinamico su molteplici livelli, nel tempo e nello spazio: pensiamo solo a quell'insieme di dialetti indoeuropei che, in epoche remote, costituivano ciò che si chiama, per semplificare il concetto, "greco antico".

Una lingua, tuttavia, prima o poi arriva gradualmente a un tale livello di mutamento da essere irriconoscibile rispetto al suo passato: pensiamo stavolta al latino arcaico prima dell'ascesa di Roma nel teatro dei grandi imperi, poi a ciò che si definisce per convenzione "latino classico", quindi "latino volgare" (sarebbe meglio dire "latini volgari", secondo me).

Quando una lingua storico-naturale non è più quella di alcuni secoli prima, come nel caso del greco moderno, o quando si è scissa in lingue diverse, come nel caso delle lingue romanze, gli stadi precedenti sono comunemente definiti "lingue morte".

Una lingua morta continua a essere studiata e analizzata, ma con un atteggiamento diverso rispetto a quello dedicato alla loro progenie, e lo si fa considerando che di queste lingue si hanno solo documenti scritti e non elementi della quotidianità, elementi vivi, autentici, situati nell'effimero che elude le vette della letteratura così come le iscrizioni, pure se infime, sui muri.

Allora ecco che una lingua morta è, forse in modo del tutto inintenzionale, trattata come una macchina: è costruita (e ricostruita), ne "vengono indicate come importanti altre proprietà".

Similmente, lo stesso avviene con le lingue artificiali e pianificate: sono anch'esse delle macchine, se vogliamo.


 

Pubblicato il 03 maggio 2025

Marco Mazzanti

Marco Mazzanti / Linguista specializzato in processi cognitivi Strutture morfosintattiche e pattern ambientali Etologia e Intelligenza Artificiale

m.mazzanti.rabota@gmail.com