Crisi di astinenza
Distanziamento sociale: obbligatorio comportamento virtuoso di elevato valore sociale e personale.
Giusto, ma suona male, come una nota dissonante.
Dovremmo esservi abituati: il modello socioeconomico immanente è basato sul distanziamento sociale; si chiama anche sperequazione: mancanza d'uniformità e equità nella ripartizione delle risorse, il reale motore di tutti i sommovimenti tettonici sociali.
Chiusi in casa molti di noi si sentono in gabbia, riscoprono il bisogno incoercibile di footing, rimpiangono di non avere un cane.
Contemporaneamente, se non viviamo soli, siamo costretti a un maggior contatto con chi abbiamo vicino.
I rapporti di convivenza vengono messi a dura prova.
La dissonanza è nel sentore di qualcosa di essenziale e necessario, difficile da ascoltare e mettere a fuoco perché desueto, ma che siamo costretti a percepire non potendolo più nascondere nei rumori di fondo del consueto fare.
Non è la vicinanza che ci manca.
È la parvenza della vicinanza che viene meno, la sua illusione, che non possiamo più camuffare nel falso movimento quotidiano e forsennato (film di Wenders, 1970).
Il Contatto quando non c’è
Non è solo una legge di mercato.
Quando una cosa diventa rara aumenta il suo valore. In questo caso percepito.
Ci mancano gli sguardi, il colore degli occhi, i gesti rassicuranti e quelli futili, un abbraccio, un solletico, uno sfioramento occasionale.
Il Contatto non è una droga ma un bisogno di fondo essenziale e gratuito. Sin dalla vita perinatale; quando ne traevamo conforto, rassicurazione, senso del limite e di appartenenza.
E da lì rimaneva come regolazione psicobiologia a supporto della nostra vita di relazione adulta, necessaria per godere della prossimità, per sentirsi parte di un gruppo, per collaborare e condividere.
Senza il rumore di fondo del fare forsennato emerge nella sua assenza come bisogno ineludibile.
Dobbiamo ascoltarlo.
La vicinanza è alla base della salute e del benessere, personale e sociale, unico antidoto a distanza e sperequazione.
Si apprende dalla nascita e si coltiva per sempre. Nei gesti, nelle emozioni, nei battiti del cuore e nei processi endocrini sottili.
Sta dentro di noi e porta verso l’altro.
Finirà l’inverno e tornerà il tempo possibile del contatto, ma necessiterà ancora del silenzio e della sosta, per non essere riseppellito dalla cacofonia.
Approfittiamo adesso, nell’attimo sospeso.
Tempo di adolescenza
Nell’attimo sospeso i movimenti languono.
Langue anche il desiderio, linfa da cui germogliamo i progetti.
Nella vita cristallizzata siamo costretti a fare silenzio, quasi a non far scorgere la nostra presenza al Coronavirus; per non farci ghermire.
Il tempo è inceppato.
Ciò che faremo Domani e prepariamo Oggi è difficile da immaginare.
Congelata la creatività, il Domani appare sospeso e indefinibile o al più speranza di restaurazione di un passato.
Occhio, c’è un errore!
Sono gli adolescenti a patirne di più.
Non hanno un passato da restaurare, ma un futuro da vivere adesso, e costruirlo vivendolo.
Possono star fermi solo poco.
Non nevica a lungo di marzo.
La primavera tornerà per tutti e reclamerà i suoi progetti negli inverni preparati (anche in quelli straordinari).
Tutti i Domani sono nell’adolescenza dell’Oggi.
Nei ragazzi non moriranno sotto la neve di Marzo, (la loro linfa è forte e indomita nonostante tutto) il raffreddore non li ucciderà.
Ma i nostri progetti?
Il lavoro, le relazioni, le poesie ... ?
Non possiamo pensarle come un ritorno alla norma precedente.
Domani non troveremo Ieri e non dobbiamo assolutamente trovarlo.
È una occasione: trovare sotto la neve nuove idee, rinnovare Domani.
Ogni Oggi è il giorno dopo Domani.
Dondolo nel lenzuolo
La progettualità non è nella testa, ma nell’integrazione con processi motori che intercettano bisogni emozioni e desideri.
Sin dai primi momenti della vita.
Propongo Oggi una esperienza che chiamiamo Dondolo nel lenzuolo.
Per coppie genitoriali o chi ne attua la funzione: zii, nonni, fratelli e sorelle maggiori ...
Sono necessari comunque un figlio, tra 3 e 50 kilogrammi di peso (limite massimo modificabile), e un telo sufficientemente ampio e resistente.
Le coppie poggiano il proprio figlio sul telo tenuto da loro alle 2 estremità.
Tirandole il telo diviene una sorta di amaca che, fatta dolcemente dondolare, lo culla piacevolmente, favorendone l’abbandono e il rilassamento.
Ogni tanto il movimento diviene un po’ più veloce a stimolare un moto più eccitante, un sentirsi mosso divertente, a cui segue un nuovo abbandono.
Vivere e far vivere Oggi l’esperienza risponde a un bisogno di base di Abbandonarsi a, che richiede l’attivazione del funzionamento psicobiologico specifico, appreso nei primi vissuti infantili, che supporta nelle relazioni di prossimità la collaborazione e la fiducia.
Domani potremmo anche noi adulti rimetterla in atto, con l’ausilio dei nostri amici e colleghi, e sperimentare la filiera temporale di un percorso.
La depressione
Dopo la paura, i canti reattivi e le bandiere, si affaccia la depressione. Inevitabile.
L’ho sempre pensata come conseguenza a movimenti ed emozioni (che è la stessa cosa come ci dice l’etimologia del termine, ex-moveo, muovere fuori) inespressi.
Quando c’è una spinta verso, ma non scaturisce un movimento, la pressione resta dentro e lì fermenta girando a vuoto.
Si scopre una inusitata parentela con gli squali.
Dobbiamo muoverci per far funzionare il nostro metabolismo. T
Troppo lungo il tempo per nascondere sotto le lenzuola le autentiche pressioni, dobbiamo guardarle in faccia.
Ma dobbiamo trovare movimenti che abbiano un senso, ché i falsi riempitivi che costellavano le giornate prima servivano solo a tessere un tappeto più capiente per seppellire polveri crescenti (e questa è una occasione).
Ciò che unisce sperequazione, tempo di Oggi e di Domani, l’attimo sospeso, l’Abbandonarsi a, è Apertura.
Verso l’esterno: alla solidarietà e la suo rischio; che è riconoscimento che gli altri sono parte immanente di noi.
Verso l’interno: ascolto senza tappeti dell’integrazione complessa di sensazioni, emozioni e pensieri. Circolarità e non piramide con al vertice un uomo solo (solamente e in solitudine).
Anche si chiami Orban o col nostro nome.
Imprevedibilità incontrollabile
Impossibilità (o incapacità) di prevedere l'evoluzione di ciò che sta accadendo e le conseguenze delle azioni messe in atto.
Domani è immerso in una nebbia indecifrabile e minacciosa. Impossibilità (o incapacità) di controllare ciò che sta accadendo e di definire azioni adeguate a fronteggiarlo. Non siamo piloti delle nostra vita, ma in balia.
Ma sono anche elementi soggettivi.
Ambedue in funzione della valutazione di ognuno, a sua volta collegata alla percezione dei fatti determinata a livello psicobiologico dalla storia personale di ognuno. Scritta in funzionamenti psiconeuroendocrinoimmunologici.
Prevedere e controllare una pandemia appare troppo.
Esula dalle capacità personali e ci pone di fronte all'incertezza come condizione inevitabile.
Un guaio per un'epoca che vuol pensare che esistano soluzioni semplici a fenomeni complessi e in cui proliferano oracoli miopi e sovranismi riduttivi.
Ma se alziamo lo sguardo scopriamo di non essere soli.
Oltre il metro di distanza dobbiamo vedere l'unica e formidabile forza, risorsa e strumento che abbiamo.
La solidarietà dei fragili.
Oltre lo specchio
Frutto di un riduttivismo imperante per gran parte del 900 nelle scienze biologiche e sociali, in politica, in economia e ancora duro a morire.
Base di ciechi sovranismi e di comportamenti individuali di irresponsabile onnipotenza.
Falsamente rassicurante perché ci impedisce di cogliere il reale ambito di potere di cui disponiamo, che si colloca nelle dimensioni della responsabilità personale, oltre che collettiva.
Complessità è interdipendenza.
Per affrontare epidemie nella complessità dobbiamo smettere di considerarci padroni e possessori della natura.
Ma anche possessori di relazioni, di figli, di compagni/e.
Quale è quindi il contenitore di riferimento?
Come facciamo a sapere se una azione è giusta o sbagliata?
Complessità non è relativismo assoluto.
Ci costringe ad allargare la visuale, a non guardare solo noi stessi in un mondo riflesso alle spalle della nostra immagine allo specchio.
Ogni nostra azione ha ripercussioni oltre.
Domanda Cosa guida ciò che faremo nella Fase2?
O L’attesa fremente di un ritorno allo stato precedente
O Lo smarrimento per un futuro di incerta fragilità
Mettere la crocetta
Fragilità
"Lo smarrimento per un futuro di incerta fragilità" è la risposta per me auspicabile.
Nessuna certezza di un luminoso futuro luminoso di conquista e sviluppo per se stessi e per la patria, che sempre funesta ha suonato nella storia.
La Fragilità è una condizione umana costituente.
Lo è nel bambino che non la percepisce spiacevole e non scollegata, o in contrasto, con la percezione della forza.
Posso essere forte e fragile al contempo.
Così come posso essere coraggioso solo se conosco e provo la paura.
False antitesi che diventano antitesi solo nel pensiero sovranista povero e in mala fede.
Fragilità è cosa diversa da debolezza.
Contrario di "onnipotenza e invulnerabilità", che appartengono non a caso all’ambito del delirio.
Si colloca nel Limite e da esso nasce: la specie non è onnipotente e invulnerabile; solo nel delirio funesto.
Riconoscere il limite e accettare la fragilità sono invece spazio vero di potere e forza.
Ci dice che non siamo autosufficienti e che dobbiamo unirci agli altri per affrontare i pericoli, come per muoverci verso conquiste.
Oggi è la pandemia a disvelarci questa essenzialità.
Riuscirà anche ad alimentare, in un riscatto etico, la forza della solidarietà?
Pancia e testa
Ritengo non sia vero.
Per rispetto della pancia.
Per contro il pensiero raziocinante, profondo e lungimirante parlerebbe alla testa.
Neanche questo è vero.
Se così fosse, le emozioni, condimento essenziale del Sé nell’homo sapiens, sarebbero collocate in una posizione gerarchicamente bassa , evolutivamente primitiva.
È anche questo un modo sovranista di intendere l’evoluzione umana.
Le emozioni sono peggiori dei pensieri logici? Più pericolose?
Lo sterminio nazista non è forse stato frutto di una pianificazione logica e razionale?
Il Sé è un sistema integrato psicobiologico, una torta complessa alla quale partecipano componenti diversi ma dalla quale scaturisce un gusto unitario.
Solo se la torta non è ben amalgamata e i suoi componenti non comunicano adeguatamente tra loro fa schifo.
Il pensiero sovranista è semplicemente sconnesso.
Emozioni e pensieri sono funzionalmente integrati.
Dalla vita perinatale l’integrazione è prerequisito di salute e garantisce la comunicazione complessa tra organi e funzioni.
Sconnessione è prerequisito di patologia, individuale e sociale.
Né la pancia né la testa possono affrontare una pandemia, solo subirla.