Robert FitzRoy, il capitano e capo-spedizione, autore anche delle geniali modifiche alla nave, è un brillante ventiseienne, discendente di un casato illustre. Il padre, generale della British Army, nonostante le tradizioni familiari portassero in altre direzioni, aveva preso per buono il sogno di Robert bambino: essere un uomo di mare. Così è in Marina dall’età di dodici anni. Aveva già guidato con successo la nave in una precedente spedizione, ma solo a prezzo di una dura negoziazione, di pressioni politiche, è stato nominato a capo di questa nuova missione. Hanno giocato a suo favore i buoni uffici dello zio Duca di Grafton, membro del parlamento e importante esponente del partito Whig, e la stima di Francis Beaufort, Idrografo dell’Ammiragliato Britannico. L’Ammiraglio Beaufort è il committente del progetto, che è ambizioso quanto generico:
rilevazione cartografica delle coste sudamericane; esatta individuazione delle coordinate geografiche dei porti, tramite l’uso di cronometri e di osservazioni astronomiche; studio delle correnti marine; sperimentazioni dell'uso del barometro e della scala, inventata dallo stesso Beaufort, per misurare empiricamente la forza del vento. E poi anche rilievi geologici e ricerche naturalistiche a proposito di fauna e flora.
A bordo, oltre all’equipaggio, i membri della spedizione scientifica: tra gli altri un cartografo, un natural philosopher, un artista-illustratore, un missionario. E un ventiduenne, appassionato di geologia, Charles Darwin.
FitzRoy aveva ben presente come la solitudine, il freddo estremo, le tempeste e la desolazione dei mari australi, della Patagonia e della Terra del Fuoco avessero portato al suicidio Pringle Stoke, che era stato prima di lui comandante nella nave. Perciò aveva chiesto a Beaufort aiuto per trovare un gentleman companion, un giovane con il quale conversare, condividere i pasti e la passione per la ricerca scientifica.
Tra vari candidati, FitzRoy sceglie Darwin. Lo sceglie conversando con lui, guardandolo negli occhi, sebbene il suo passato non deponga a favore: è un ragazzo illustre famiglia, brillante ma incapace di impegno e di concentrazione. Senza progetti sul proprio futuro. Studente svogliato, destinato forse a diventare parroco anglicano in qualche luogo di campagna.
Viaggio come avventura
Non sempre facciamo mente locale a proposito del nesso, e della differenza, tra avvenire e avventura. Entrambe le parole ci parlano di futuro e di ignoto. Va anche ricordato il senso del prefisso latino ad: per quanto si sia noi stessi in movimento, il prefisso indica qualcosa che viene verso di noi. L'avvenire è qualcosa che accadrà, l'avventura è qualcosa che ci andiamo a cercare: una impresa rischiosa ma proprio per questo attraente.
FitzRoy ci invita a pensare che ogni progetto, se rettamente inteso, è un progetto di ricerca. Un viaggio in cerca di conoscenza. Un viaggio che si basa su conoscenze acquisite, ma si sporge oltre. Non solo accetta l'ignoto: cerca, sonda l'ignoto. Perché ogni progetto è un viaggio portato avanti muovendosi in un contesto che istante dopo istante evolve e si ridefinisce.
L’attrezzatura, gli strumenti scientifici, le provviste, tutto è scelto e preparato con estrema attenzione, in funzione del lungo viaggio attorno al mondo, tenendo conto di ciò che si prevede di fare, e di ciò che si immagina possa accadere. Ma poi, isolati nel mare aperto, in luoghi sconosciuti, non ancora descritti da mappe e da resoconti di viaggio, si scopre passo dopo passo cosa fare.
Se si accetta il progetto nella sua complessità, il progetto è ricerca di tutto ciò che può essere fatto usando non solo risorse previste, predisposte a priori, ma anche usando risorse reperite in un secondo momento, risorse trovate per strada.
Durante ogni viaggio, infatti, capita sempre di scoprire che mancano strumenti adeguati a far fronte ad esigenze impellenti: non saremo mai abbastanza preparati. Ma capita sempre anche che risorse e pratiche predisposte per uno scopo si prestano a tutt'altro uso - inatteso, imprevisto, ma al momento del bisogno necessario.
Capitano e capo-spedizione: è una metafora. Come ogni studioso, come ogni ricercatore scientifico e come ogni tecnologo e come ogni manager e come ogni imprenditore, FitzRoy avrebbe potuto limitare la propria attività alla mera esecuzione del compito, al rispetto formale di un mandato, di una procedura. Si può sempre intendere la propria azione come come l'eseguire i passi di un programma - come noi stessi fossimo una macchina.
FitzRoy non viene meno a questo necessario impegno all'esecuzione, ma allo stesso tempo, consapevole di essere in viaggio, in mare aperto, non cessa di osservare e sperimentare. Non spreca opportunità: ogni istante offre nuove occasioni per scoprire cosa fare, come agire. Così, l'esecuzione del compito, l'assunzione di responsabilità implicite in un ruolo, si volvono mezzo per soddisfare la propria ansia di vedere, di sapere.
FitzRoy ci insegna così ad intendere il viaggio come ricerca di conoscenza, e la ricerca di conoscenza come viaggio. Senza timore nell’ignoto; anzi: in cerca dell'ignoto. Viaggio come ricerca di risposta a domande - anche non esplicitate, anche non chiare a noi stessi. Ma, sopratutto, viaggio come disposizione ad accettare novità prima impensabili.
Solo in virtù di questa apertura mentale, di questa disponibilità, la spedizione guidata da FitzRoy ha portato come risultato quell'avanzamento nell'umana conoscenza che è la teoria dell'evoluzione di Darwin.
Amicizia e narrazione
La durata prevista della spedizione, due anni, fu ampiamente superata. E questo accadde per la disponibilità di Fitzroy all'avventura, per la sua attenzione a cogliere segni, per la sua forza d'animo. Per la sua capacità di governo: governo della nave, che passa attraverso la consonanza con l'incerto e incontrollabile: il mare, le tempeste; governo degli uomini: delle loro passioni e delle loro paure.
Accadde così che il Beagle fece ritorno a Plymouth solo dopo cinque anni, il 2 ottobre 1836. Niente di questo viaggio fu inutile. Perché chi viaggia in cerca di conoscenza accetta di non sapere. Di non sapere prima dove, cosa impareremo.
Simili viaggi segnano la vita. FitzRoy e Darwin, alla partenza, lo supponevano: questo viaggio segnerà la nostra vita. In cuor loro, al ritorno, i viaggiatori sanno di essere cambiati. Probabilmente, mai più avremo la fortuna di vivere un viaggio simile. Il viaggio merita di essere raccontato.
E' così per ogni viaggio in cerca di conoscenza, ogni esperimento, ogni ricerca. Ma questa esigenza di narrare, di lasciare traccia scritta, è particolarmente vera per un viaggio sostenuto da pubblici finanziamenti, motivato, in origine, da precise domande tecnico-scientifiche.
Il compito di stendere e pubblicare il resoconto del viaggio è a carico di FitzRoy. Sarà un'opera in più tomi. Di uno dei volumi sarà autore Darwin.
Si mettono in bella copia i diari, si ragguagliano i committenti ed i cittadini dell'impero su ciò che si è visto. Si rendono note le più precise descrizioni geografiche, geologiche, naturalistiche, culturali, anche paesaggistiche. Ma poi?
Sia FitzRoy, sia Darwin, sono consapevoli di come i frutti di quel viaggio, vanno ben al di là della mera cronaca. Dal viaggio, nascono nuove ipotesi sul senso stesso della vita, sulla sua evoluzione. E' un pensiero che ha bisogno di una lenta elaborazione.
Ma intanto già qui, nella stesura di questi primi testi, le posizioni ed i destini dei due amici iniziano a divergere.
I tre tomi di Narrative of the Surveying voyages of his Majesty's Ships Adventure and Beagle, Between the Years 1826 and 1836, a firma di FitzRoy, escono nel 1839.1 Descrivono il primo viaggio, nel quale il Beagle accompagnava l'Adventure -significativo nome- comandata dal capo-spedizione Phillip Parker King, ed il secondo, guidato da FitzRoy.
Il terzo volume è la prima versione del famoso diario di Darwin. Che appare come pubblicazione autonoma nel 1840, ed in una seconda edizione, la più popolare, nel 1845: nella prefazione Darwin ringrazia gli ufficiali di bordo per la loro “incondizionata gentilezza”, e Fitzroy per la sua “cordialissima amicizia”. Ma ormai sta seguendo una sua strada.2
L’amicizia tra i due durerà in qualche modo tutta la vita, ma mostrò subito crepe, a causa dei diversi caratteri, dei diversi valori. Avevano visto le stesse cose, ma avevano elaborato l’esperienza in modo diverso.
FitzRoy era un giovane brillante uomo di mare e responsabile di un progetto di ricerca strategico per l'Impero. Darwin era un giovane spiantato: la generosità e l’attenzione di FitzRoy gli cambiano la vita. Mentre FitzRoy dilapida il denaro della famiglia e sperpera un patrimonio di amicizie altolocate per insistere in progetti di cui era convinto, Darwin cura minuziosamente la propria solitaria carriera.
L’amaro premio è, per FitzRoy, essere ricordato come ‘il capitano del viaggio di Darwin’.
Percorsi di vita e di ricerca: Darwin
Darwin, che ha anche problemi di salute, si rifugia in campagna, lontano nella dai rumori e dal fervore e dall'inquinamento di Londra. I suoi studi di geologia, che sono ancora narrazioni derivate dal viaggio, lo rendono noto. Si dedica a incroci tra animali e a esperimenti sulle piante. La su teoria sull'evoluzione delle specie matura lentamente. Tesse via via una rete di relazioni, diventa membro di società scientifiche.Il timore di essere malato, aggravato dalla morte della figlia, lo spinge ad affrettarsi nel comunicare i risultati delle sue ricerche. Ma la costruzione della sua articolata teoria richiede tempo.
Tra il ritorno, 2 ottobre 1836 e la pubblicazione di On the Origin of Species, 24 novembre 1859, stanno ventitré lunghi anni. Per rendere evidente il senso di novità che non solo l'autore, ma anche una battagliera schiera di seguaci attribuivano all'opera, basta ricordare il suo titolo per intero. Da quel titolo traspare anche l'intera storia personale di Darwin. Non può quindi mancare, in quel titolo, la menzione di quel viaggio da cui tutto nasce. On the Origin of Species. By means of Natural Selection. Or the Preservation of Favoured Races in the Struggle for Life. By Charles Darwin, M.A., Fellow of the Royal, Geological, Linnean, etc. Societies; Author of ‘Journal of Research During H.M.S. Beagle’s Voyage Round the World’.3
Percorsi di vita e di ricerca: FitzRoy
FitzRoy, intanto, tentò la carriera politica. Fu poi, nel dicembre 1843, nominato Governatore della Nuova Zelanda - torna così lì dove il Beagle aveva sostato sette anni prima.
Suo difficile compito era garantire per quanto possibile i diritti dei Māori, soddisfacendo al contempo la fame di terra dei coloni che si riversavano nella nuova remota terra. Le risorse, provenienti principalmente dai dazi doganali, erano tristemente inadeguate alle esigenze.
Sedò violenti conflitti. Giudicò illegali e non conformi a trattati sottoscritti l'agire dei coloni. Insistette anche affinché la Compagnia neozelandese pagasse ai Māori un prezzo realistico per la FitzRoy non riuscì ad evitare una vera e propria guerra. Si rese subito conto di non avere i mezzi per porvi rapidamente fine. Nel frattempo, i portavoce della Compagnia neozelandese nel Regno Unito screditavano il suo operato presso il Governo e la Camera dei Comuni. Fu richiamato in patria.
Navigò ancora per un anno. Fu il comandante della screw frigate Arrogant. Nave che ha ancora le vele, ma anche l'elica, il motore a vapore: FitzRoy sperimenta così il salto tecnologico.
Ma prostrato dalla sorte e indebolito nella salute, nel 1850, quarantacinquenne, si ritira dal servizio attivo.
La stella di FitzRoy è tramontata presto, mentre Darwin guadagnava fama e consenso. Sappiamo tantissimo di Darwin, ma è un tantissimo ingannevole. L'agiografia eccessiva nasconde la persona. La costruzione dalla figura dell'eroe è anche il frutto di una ben curata strategia: attraverso la celebrazione del darwinismo una intera comunità di scienziati afferma pubblicamente il proprio ruolo.
Sappiamo pochissimo di FitzRoy, perché la costruzione della grandezza di Darwin necessitava la costruzione della piccolezza di FitzRoy.
Senza l'amichevole scambio di osservazioni, durante il viaggio, Darwin non avrebbe maturato il suo pensiero. Ma poi il nuovo paradigma di cui Darwin è portabandiera risulta per FitzRoy -che pure dichiarava di essere disposto a mettere in discussione ogni credenza di fronte all’evidenza scientifica- troppo difficile da accettare.
Darwin propone una Teoria Generale della vita che sembra risolversi in leggi universali di lunghissimo periodo che tutto spiegano, dove la natura, escludendo ogni armonia, sembra essere terreno di lotta e conflitto, dove non c'è spazio per il mistero, dove l'azione responsabile dell'essere umano è priva di spazio e di peso.
I dubbi di FitzRoy furono sviliti come ingenuo creazionismo, come pervicace attaccamento alla figura di un Dio che non c'è. Ma questa è solo la semplificazione caricaturale che serviva in quegli anni di serrata battaglia politica per l'affermazione pubblica della nuova figura sociale dello scienziato.
FitzRoy non era solo un leader e un uomo di mare; era anche lui scienziato, attento anche alle motivazioni e alle conseguenze politiche delle teorie scientifiche e alle applicazioni immediate della ricerca. Per questo non poteva ritrovarsi nel nascente darwinismo.
Accade così che -con singolare, perfetta sovrapposizione cronologica- proprio negli stessi anni in cui l'immagine di Darwin, circonfusa di successo e di autorità, si afferma come emblema di un nuovo tempo in cui la scienza afferma la sua autorità sugli umani destini, FitzRoy si dedica ad una diversissima impresa tecnico-scientifica: accompagnare gli umani nelle loro scelte.
Come muoversi nell'incertezza
Il progetto di FitzRoy ci appare oggi una compiuta anticipazione di un approccio alla ricerca, di una epistemologia che costituisce il necessario bilanciamento, o forse meglio: il superamento, del determinismo di Darwin. FitzRoy, infatti, ci insegna a muoverci -come ricercatori, e in genere come attori politici, come manager, come cittadini- nel presente, nel caos e nell'incertezza, sondando l'ignoto. Se volessimo continuare a parlare di scienza potremmo dire: scienza della complessità.
Anche in questo cogliere tempestivamente l'emergere dell'evento, anche in questo vivere pienamente l'evento, il luogo sperimentazione e di azione, per FitzRoy, è il mare. Concretissimo campo d'azione, e allo stesso tempo metafora della vita.
Bambino, figlio di un generale, appartenente ad una aristocrazia che nulla aveva a che fare con la navigazione, già sognava i viaggi per mare. Forzando le tradizioni familiari, a dodici anni entra al Royal Naval College di Portsmouth, a tredici anni entra a far parte della Royal Navy, a quattordici è studente volontario a bordo della fregata Owen in viaggio verso il Sud America.
Già ventitreenne, alla sua prima esperienza di comandante del Beagle, era incappato in una tremenda, imprevista, improvvisa tempesta nell'estuario del Río de la Plata. Consapevole di essere stato a un passo dal naufragio, FitzRoy ne era venuto fuori per il suo cuore e per la sua capacità di muoversi nell’incertezza. A prezzo però di gravi danni alla nave e all’attrezzatura, di irrecuperabili ritardi, e di costi imprevisti.
L’esperienza è indelebile. FitzRoy continuerà per tutta la vita a pensare che se quel giorno fosse stato in grado di intuire l‘avvicinarsi della tempesta anche solo un attimo prima, la sua reazione sarebbe stata più efficace, l’impatto meno drammatico, i danni meno pesanti, il rischio della catastrofe più basso.
Di qui il suo interesse per il complesso sistema delle correnti d’aria e delle correnti marine, per i venti, i mutamenti nella pressione dell’aria, il moto ondoso e le formazioni nuvolose. Dunque la meteorologia, ‘studio dei fenomeni celesti’.
Sempre sostenuto dall’Ammiraglio Beaufort, nel 1854, FitzRoy, quarantanovenne, su indicazione del presidente della Royal Society, di cui è membro, è nominato Meteorological Statist to the Board of Trade: capo di un nuovo dipartimento destinato ad occuparsi della raccolta di dati meteorologici in mare.
Al Board of Trade, inizialmente una commissione di inchiesta, compete la supervisione degli affari coloniali. Siamo in piena epoca vittoriana. L’Impero Britannico è una potenza navale; si fonda sul controllo delle rotte e sui traffici marittimi. La stessa rivoluzione industriale si fonda sul dominio dei mari: attraverso il mare passano importazioni ed esportazioni. La pesca è fondamentale per l’alimentazione di chi vive nella grande metropoli londinese e nella Gran Bretagna tutta. Serve quindi la migliore ingegneria navale, serve la migliore tecnologia di navigazione, la migliore cartografia. Ma poi si deve navigare in mare aperto, convivendo con il weather: antico inglese weder 'aria', 'cielo', 'vento'. E può capitare che la tempestas, in latino il tempo atmosferico poco propizio, ci colga d’improvviso a poche miglia dalla costa, come capitò quella volta a FitzRoy nel 1828.
Di qui l’importanza strategica del Meteorological Statist: figura responsabile di un servizio che nasce da uno studio. Non ricerca scientifica di base ma scienza applicata, tecnologia. FitzRoy e le tre persone che lavoravano con lui, con la dotazione di un modestissimo budget, operano per garantire a chi viaggi per mare una ragionevole conoscenza del ‘tempo che farà’.
Il barometro e la lettura dell’incertezza
Inizialmente FitzRoy si occupa del miglioramento del barometro. Erano disponibili diverse tecnologie: barometro water based, al mercurio, aneroidi. A FitzRoy interessa poco la teorica superiorità di un tecnologia sull'altra. Più della specifica tecnologia usata, interessa la funzione dello strumento. Interessa mettere a punto un modello economico e standardizzato: lo storm glass, che già era stato oggetto di sperimentazione durante il viaggio del Beagle. Una ampolla sigillata contenente una mistura di diversi ingredienti: nitrato di potassio, cloruro di ammonio, acqua distillata, etanolo, canfora. Se il liquido è chiaro, il tempo è bello; se il liquido è cloudy, torbido, il tempo sarà cloudy, nuvoloso, magari con precipitazioni; se, in giornate invernali soleggiate, il liquido contiene piccole stelle ci si deve aspettare la neve; se si formano cristalli sul fondo, ci si devono aspettare gelate; e così via.
Potrebbe sembrare la ricerca ingenua di analogie, ma si tratta invece di un potente approccio alla ricerca applicata. Applicata a costruire strumenti efficaci. Non strumenti che sostituiscono l'essere umano nel lavoro; strumenti, invece, che lo accompagnano, acuendone di sensi; strumenti che permettono alla persona umana che vive e agisce qui ed ora di cercare e perfezionare la sintonia con la situazione; strumenti che potenziano l’umana capacità di leggere indizi.
Quello che serve al comandante delle nave in navigazione è uno strumento che aiuti a percepire lo stato dell’atmosfera: 'l'aria che ho intorno'. Uno strumento che aiuti a stare nell'ambiente: 'l'aria ambiente', l'aria che mi gira intorno. Ed è importante per questo che le notizie fornite dallo strumento, dal barometro, siano semplici, facili da leggere - perché la cosa più dannosa per il navigante che si trova in situazioni critiche, pensava FitzRoy, è essere costretto ad adattarsi allo strumento, alle sue complicazioni ed al suo tentare di dare risposte chiare, definitive, esaustive.
Simili strumenti, pensava FitzRoy, allontanano dall'osservare con i propri sensi l'aria, il vento, l'acqua, il cielo.
E’ inutile e vano cercare, durante la tempesta, la precisione e la certezza. Ciò che serve è uno strumento che aiuti a conoscere in qualche modo l’ignoto che si sta palesando, il futuro che si sta presentando.
Così FitzRoy si preoccupa di equipaggiare con barometri, dotati di adeguate istruzioni, le navi della flotta britannica. E fornisce di barometro ogni porto, dai porti che sono origine e destinazione dei grandi viaggio oceanici, ai porti locali da cui salpano i pescherecci.
Weather report
Poi FitzRoy passa al trattamento delle informazioni. L’indelebile esperienza vissuta nell'estuario del Río de la Plata trent’anni prima si salda con l’impressione causata dalla Royal Charter Gale, la più grave tempesta del secolo, che flagellò il mare d'Irlanda, e le isole britanniche tutte. Nella notte tra il 25 e il 26 ottobre 1859 il clipper a vapore Royal Charter -di ritorno da Melbourne, diretto a Liverpool- si schianta sulle coste del Galles. Ma è solo l'episodio più famoso. Si contano almeno ottocento morti: il doppio delle persone perse in mare intorno alle isole britanniche rispetto all'intero 1858. Centotrentatré le navi distrutte, altre novanta sono gravemente danneggiate.
I segnali premonitori non erano mancati:
Per alcuni giorni prima dell'arrivo della 'Royal Charter Gale', il termometro è stato estremamente basso nella maggior parte del paese: ci sono stati venti settentrionali in alcuni luoghi; anche una buona quantità di neve; con barometri bassi.4
FitzRoy è consapevole che la bufera poteva essere prevista, il sacrificio di centinaia di vite umane poteva essere evitato, il danno economico poteva essere minimizzato.
Così, sfruttando anche l’onda emotiva causata dall’evento, FitzRoy organizza il servizio. Una rete di stazioni sulla costa britannica e lungo i mari già raccoglieva informazioni tramite barometri, termometri e rilevazioni oculari. Le informazioni erano usate a fini statistici. Ma ora vengono inviate all’ufficio centrale londinese tramite telegrafo. Qui il lavoro alacre di FitzRoy e dei suo tre collaboratori, trasferisce tutto su carte geografiche.
I primi segnali di attenzione o di allarme di tempesta [cautionary or storm-warning signals] furono emessi nel febbraio 1861.
Nell'agosto del 1861 ebbero luogo le prime sperimentazioni di pubblicazione di previsioni del tempo [forecasts of weather] e, dopo un altro semestre trascorso ad acquisire esperienza con vari tentativi provvisori, fu stabilito il sistema attuale. Oggi si ricevono ventidue bollettini ogni mattina (tranne la domenica) e dieci ogni pomeriggio, oltre a cinque dal Continente. Vengono pubblicate previsioni doppie (con due giorni di anticipo), con le tabelle complete (da cui le previsioni dipendono principalmente), e vengono inviate a otto quotidiani, a un settimanale, ai Lloyd's, all'Ammiragliato e alle Horse Guards, oltre che al Board of Trade.5
Nel 1861 FitzRoy ha inventato così il weather report. Il telegrafo senza fili non è ancora disponibile, non è quindi ancora possibile inviare i dispacci a chi sta navigando. Ma le navi non salperanno se le condizioni atmosferiche saranno troppo minacciose. I dispacci abbassano la soglia del rischio insita nella navigazione.
Nella nostra lingua diciamo: previsioni del tempo. E' una bella espressione. Ma ancor più efficace un modo di dire che resta nella nostra memoria storica: annunci ai naviganti. “Apri li orecchi al mio annunzio, e odi”, si legge nella Divina Commedia di Dante6: l’annuncio è far conoscere qualcosa, rendere noto; ma è in special modo notizia che riguarda il futuro. Il futuro -le condizioni atmosferiche che potranno mettere a repentaglio la vita- è ignoto. Ma può essere in qualche modo annunciato. Esistono indizi che potremo efficacemente utilizzare per leggere la situazione nella quale ci troveremo immersi.
Possiamo dire che con il weather report la scienza si mostra con volto di scienza applicata, immediato servizio alla comunità. C'è ovviamente il riflesso delle previsioni sulle scelte strategiche e militari, sulle attività economiche. Ma non solo: l'uso del servizio istituito da FitzRoy diventa presto un'abitudine sociale per gli inglesi. Opinioni sul tempo che farà, oggetto di chiacchiere nei salotti, nei club e nei pub, usate anche dalla stessa Regina Victoria per programmare i suoi viaggi, trovano appoggio in una fonte che, pur dichiarando i propri limiti, indirizza i cittadini verso giudizi più consapevoli.
Weather Book
Le esperienze di FitzRoy sono sintetizzate, e mostrate in pubblico, nel Weather Book, pubblicato nel 1863.7 La lettura del libro -anche a centosessanta anni dalla pubblicazione- offre spunti particolarmente interessante. E’, come recita il sottotitolo, A Manual of Pratical Meteorology un manuale. Un manuale che insegna muoversi nell’incertezza. Già nella pagina iniziale FitzRoy nota argutamente:
This book is intended to be popular -not necessarily superficial- but suited to the unpractised and to the young, rather than to the experienced and skilful, who do not need such information.8
Questo libro vuole essere accessibile - non necessariamente superficiale - ma adatto ai non praticanti e ai giovani, piuttosto che ai più esperti e abili, che non hanno bisogno di tali informazioni.
Meglio proporre la frase in inglese per non perderne le sottigliezze. Potremmo facilmente tradurre popular con divulgativo, ma faremmo così un torto a Fitzroy - che intende proprio tenersi lontano dalla connotazione dispregiativa implicita nel volgo, nell'intendere i cittadini incapaci di comprendere appieno gli argomenti di cui trattano tra di loro scienziati, esperti, addetti ai lavori. Il cittadino, piuttosto, è unpractised, privo di occasioni per praticare quell'area di conoscenza. E poi è sempre opportuno rivolgersi ai giovani: a coloro che per età non hanno ancora avuto modo di vivere esperienze.
Sembra a prima vista che FitzRoy, con tutto questo, consideri inutili le sue indicazioni di metodo per chi già è experienced and skilful. Ma non è così. FitzRoy propone in realtà una riflessione epistemologica di grande finezza, ed attualissima, lo ripeto, a un secolo e mezzo di distanza. Essendo i fenomeni meteorologici -“our atmosphere and its movements”-un caso esemplare di complessità, la lezione di FitzRoy ci guida ancora oggi, nel tempo in cui ci affidiamo così facilmente a modelli matematici e cosiddette intelligenze artificiali.
it is extremely difficult to combine mathematical exactness with the results of experience obtained by practical ocular observation and much reflection.
è estremamente difficile combinare l'esattezza matematica con i risultati dell'esperienza ottenuti con l'osservazione oculare pratica e l'attenta riflessione.
Come agire quindi? FitzRoy spiega: il Board of Trade organizzato una comunicazione telegrafica e frequente tra stazioni molto distanti tra loro e un ufficio centrale a Londra. Grazie a questa rete è stato stabilito
a means of feeling -indeed one may say mentally seeing- successive simultaneous states of atmosphere9
un mezzo per sentire -anzi, si può dire: vedere mentalmente- stati successivi e simultanei dell'atmosfera
L'affidamento a modelli non basta. Il modello, in ogni caso, dovrà essere aggiornato istante dopo istante. Non si tratta quindi solo di disporre di informazioni, né di statistica. E' in gioco l'umana capacità di 'sentire', di 'vedere mentalmente'.
Non un metodo da applicare alla lettera, ma un atteggiamento. Attenzione a ciò che sta accadendo in questo istante, considerazione per ogni ulteriore dato che può essere utile, disponibilità a dubitare, intuizione.
Cosa sono le previsioni del tempo? Fitzroy pone grande attenzione alla terminologia. Il suo mental seeing è lontano dall'antica profezia, non è nemmeno una pre-dizione. Serve un'altra parola: Fitzroy sceglie una espressione poco usata -forecast- e le attribuisce un nuovo preciso significato.
Prophecies or predictions they are not; the term forecast is strictly applicable to such an opinion as is the result of a scientific combination and calculation.
Non sono profezie o predizioni; il termine forecast è strettamente applicabile a un'opinione che è il risultato di una combinazione e di un calcolo scientifico.
Nel forecast di FitzRoy è dunque in gioco la scientific combination and calculation. Ma poi c'è l'opinion. L'interpretazione o formulazione di un giudizio, dove non può mai essere escluso, dove non è conveniente essludere, il criterio soggettivo e personale.
Verbo latino opinari: 'pensare', 'giudicare', 'congetturare'. Una scelta fondata su indizi probabili. Non un rifiuto del ragionamento scientifico, ma un certo tipo di ragionamento scientifico. Dobbiamo sempre pensare che il quadro emergente da accurate rilevazioni, in apparenza stabile e coerente, possa essere messo in dubbio da un improvviso vento, da un rovescio temporalesco, di cui il barometro, o la nostro mero sguardo rivolto al cielo ci fornisce indizio. Sta alla responsabilità dello scienziato e del tecnico cogliere questi segnali deboli - affidandosi infine ad essi. Affidandosi alla propria esperienza, al proprio stare-nel-mondo qui ed ora.
Eppure il servizio soffre pesanti critiche. La pubblica diffusione dei dati sarà limitata e a periodi sospesa. Due le posizioni di potere che, a difesa dei propri interessi, criticano e contrastano il lavoro di FitzRoy.
La prima: i detentori di interessi imprenditoriali. Essi si ritengono danneggiati dalla segnalazione del rischio: la libera attività economica ne sarà condizionata. Le flotte di pescherecci non andranno in mare nei giorni nei giorni di temuta tempesta, i lavoratori stessi si rifiuteranno di lavorare quel giorno.
La seconda: gli scienziati di professione. Eccoci di nuovo alle differenze tra FitzRoy e Darwin. FitzRoy, aristocratico gentiluomo, è anche scienziato per passione e vocazione. Ma ora nel seno della Royal Society, cui entrambi appartengono, cresce il partito degli scienziati di professione, attenti ad affermare il loro potere, la loro distanza dai cittadini, attenti alla propria remunerazione e alla gestione dei fondi destinati alla ricerca. Per questo serve una scienza che detta leggi, una scienza che edifica l'idea di un sapere esatto, certo, indiscutibile. L'atteggiamento di FitzRoy, nel metodo -non leggi scientifiche ma forecast, opinion- e nella relazione con i cittadini -il servizio pubblico- appaiono fuori luogo, debbono essere combattuti.
I nuovi scienziati professionisti non possono considerare FitzRoy uno di loro. FitzRoy, tuttalpiù può essere ricordato come un funzionario vittoriano illuminato.
Dal viaggio al canone, dalla ricerca all'autorità
La mattina del 27 dicembre 1831 salpa il Beagle. Poi la notte tra il 25 e il 26 ottobre 1859 scoppia il Royal Charter Gale, e giusto un mese dopo, il 24 novembre 1859 viene pubblicato On the Origin of Species.
Ecco cosa vuol dire approccio transdisciplinare: solo in questa ottica le tre date possono essere intese come tracce, tappe, nodi di una complessiva rete di storie. Risulta allora visibile come al viaggio -apertura a nuovi orizzonti, amicizia, osservazione, esperienza- conseguono due esiti.
Da un lato una costante attenzione all'evento, all'accadimento fortuito che interroga e che non solo impone risposte immediate, ma anche obbliga ad una continua ristrutturazione del sapere. Dall'altro la ricerca di una unica grande storia, di una teoria che tutto spiega - passato, presente e futuro.
FitzRoy non poteva che essere perdente, perché visse in anni in cui la teoria di Darwin appariva come il trionfo della scienza intesa come grande storia e legge che tutto spiega.
E' anche una vicenda di tristissima solitudine da un lato, e di accurato e accanito lavoro di una potente lobby dall'altro. Darwin non è solo. Al contrario: semmai è così ben accompagnato tanto da divenire figura-simbolo nelle mani dei suoi sostenitori.
La teoria dell’evoluzione di Darwin è semplice ed elegante. Spiega come una forza, la selezione naturale, sia arrivata a modellare l’intero sviluppo della vita sulla Terra. Sopravvive il più adatto.
Al di là della volontà dello stesso Darwin, la teoria fu sostenuta fortemente da scienziati suoi contemporanei: serviva una teoria unificante per affermare la biologia come scienza matura.
Basta ricordare Thomas Henry Huxley: biologo e antropologo, di sedici anni più giovane di Darwin, inizialmente critico a proposito della teoria dell'evoluzione, ne diviene fiero sostenitore. Huxley vide nella teoria di Darwin non solo l'ardita novità, ma anche l'opportunità politica. Suo bersaglio era l'autorità del clero. Suo obiettivo obiettivo rovesciare il dominio dei sacerdoti e degli aristocratici dilettanti, alla FitzRoy, a favore di una nuova generazione di scienziati professionisti.
La teoria di Darwin mostra presto crepe. All'unica forza considerata causa dell'evoluzione, la selezione dove prevale la specie più forte, si deve aggiungere l'imprevedibile mutazione. I tempi lunghissimi considerati da Darwin vanno riconsiderati, alla luce di evidenze che mostrano l'affermazione di fenomeni evolutivi in brevi periodi.
Il primo occhio, la prima ala, la prima placenta: come emergono? La classica idea darwiniana di di cambiamento graduale, un felice incidente alla volta, si è mostrata veramente troppo povera. Non spiega come gli organismi alterano il loro ambiente per ridurre la normale pressione della selezione naturale; non spiega come le modifiche chimiche avvenute durante la vita di un essere vivente possono essere trasmesse alla prole.
Eppure, mentre altre scienze, come la fisica hanno saputo darsi continuità anche in assenza di una unica idea unificante, i biologi hanno sentito il bisogno di continuare a cercare una teoria che tutto spieghi, una sintesi. I motivi sono scientifici, ma anche politici e sociali.
Non possiamo fare a meno di notare la precisa continuità tra la posizione Thomas Henry Huxley e la quella di suo nipote Julian Huxley, anch'egli biologo evolutivo. Julian si trova quindi a pubblicare nel 1942 il saggio Evolution: The Modern Synthesis.10
In anni successivi è sostituita In anni successivi il progetto di una Extended Evolutionary Synthesis prende il posto della Modern Synthesis di Huxley. Ci sono anche certo biologi che non ritengono necessaria una sintesi, ed auspicano anzi la morte delle grandi teorie. Questi scienziati accettano che al posto dello sviluppo ordinato immaginato da Darwin non stiano che processi casuali, che esita semmai una sorta di deriva cosmica informe che può, di tanto in tanto, assemblare l’ordine dal caos.
Ma anche il pensiero di questi scienziati appare lontano dalla vita, dalla sua osservazione. Alla vita è sostituito un modello matematico, computazionale - e si trascura il fatto che qualsiasi modello sarà sempre insufficiente a descrivere la vita nella sua complessità.
Resta il fatto che, anche nella differenza di posizioni, l'intento perseguito da Thomas Henry Huxley e da suo nipote Julian ha trionfato. Nel disegno di Julian, affermato e perseguito con forza e con carismatica azione di fronte alla pubblica opinione, a governare il mondo sarà un ristretto gruppo di scienziati a cui si deve delegare un potere sconfinato.
Oggi, a cent'anni dalla pubblicazione del suo manifesto programmatico, What Dare I Think,11 1933, gli intenti di Julian Huxley sembrano raggiunti. Viviamo in una società dominata dalla figura dello scienziato.
Julian, seguendo le orme del nonno, vedeva un nemico nelle religioni tradizionali. Ma né l'agnosticismo, né l'ateismo non portano con sé saggezza. Ci conviene imparare a vedere come la teoria generale, il modello computazionale, sono anche esercizio di potere e imposizione di autorità; piedistallo per legittimare il ruolo degli scienziati, spesso non troppo lontani dall'essere i sacerdoti di una nuova religione.
Così, l'accusa rivolta a FitzRoy di essere viziato da un atteggiamento religioso perde molto del suo peso. Piuttosto, Fitzroy ci accompagna nell'interrogarci sui limiti di una scienza che sembra aver cessato di interrogarsi su proprio senso. Sono per noi un monito attualissimo la fedeltà di Fitzroy alla convinzione che il sapere discende dal vedere, dall'esperimento; il suo costante riferimento al mare come immensità in continuo movimento; la sua attenzione alle mutevoli condizioni del tempo atmosferico, frutto di innumerevoli fattori; il suo assumersi l'onere dell'opinione, del giudizio personale; il suo intendere l'umano agire responsabile attraverso la metafora della navigazione.
Il linguaggio del tuo cuore
La depressione che attanagliò FitzRoy dopo gli anni giovanili del viaggio, e che crebbe con l'età, ha molte cause.
I problemi economici - ingenti somme spese personalmente per comprare navi attrezzature ai tempi della spedizione del Beagle, non rimborsate dall'Ammiragliato. L'incomprensione dei Maori di fronte ai suo tentativi di difendere i loro diritti. La destituzione dall'incarico di Governatore della Nuova Zelanda. Le critiche con le quali fu accolto il suo lavoro di Meteorological Statist. Il mancato riconoscimento della novità epistemolgica implicita nel suo forecasting the weather. Ed anche i dubbi etici e la sensazione di fuga dalla responsabilità personale che gli evocava il determinismo implicito nella teoria di Darwin.
Entrambi, a quanto pare, esagerarono nei toni di quella che cessò presto di essere un confronto su metodi di ricerca e teorie scientifiche. L'amarezza avvelenava i toni e portava ad esagerazioni. “Che miscuglio di presunzione e follia” le posizioni difese da Fitzroy, scrive Darwin a Charles Lyell, geologo, eminente maestro, il 3 dicembre 1859, pochi giorni dopo la pubblicazione di Origin of Species. Il fatto è anche che più passano gli anni più Darwin è circondato da autorevoli sodali, mentre FitzRoy sprofonda nella solitudine.
Quello che più pesa è l'amicizia perduta.
Ci fu sicuramente amicizia. Ma fu contrastata. Darwin ammetterà sempre che il viaggio fu per lui una seconda nascita, e resterà l'avvenimento più importante della sua vita, decisivo per la sua carriera. Ma, agli occhi di FitzRoy, non riesce mai ad essere abbastanza riconoscente. Terminato il viaggio, mai lo sentì veramente amico.
FitzRoy se ne accorge presto. Nel novembre 1837, giusto un anno dopo il ritorno dal gran viaggio, è in corso la stesura del resoconto della spedizione. FitzRoy, capo spedizione, cura la pubblicazione. Nell'opera, che, uscirà due anni dopo, nel 1939, sarà compreso il Diario tenuto da Darwin: Ma questo a Darwin non sembra bastare. Trova profondamente ingiusto l'insistita tendenza di Darwin ad esaltare il proprio ruolo, a scapito del suo capitano, ma anche degli altri membri della spedizione.
Il 16 novembre 1837 FitzRoy scrive:
Mio caro Darwin
La vostra lettera, scritta questa mattina, parla il linguaggio del vostro cuore [speaks the language of your own heart].
Vorrei sinceramente che aveste ascoltato solo i dettami di quel cuore in alcuni dei nostri scambi epistolari, perché, se così fosse stato, avremmo risparmiato a entrambi molta ansia e molto dolore.
FitzRoy non riesce a capire come Darwin possa essere così poco riconoscente, così egocentrico e arrivista. “Mi ha colpito la frase...”. “Con mio grande stupore...”. “Un legame di sentimento e di fedeltà, non di convenienza”.
Mi creda Darwin, la stimo troppo per staccarmi da lei di buon grado, sarò sempre felice di vederla e se c'è qualche questione da discutere, parliamone qui o da lei, prima di affidarla alle opinioni parziali e ai sentimenti forse egoistici di persone che non conoscono né sentono per lei -o per me- quello che suo Padre sentirebbe per ognuno di noi due.
Eppure Darwin persiste nel suo atteggiamento. Più passa il tempo più tratta FitzRoy con la condiscendenza del grand'uomo, disinteressato alla vita dell'altro teso solo a raccontare le proprie glorie. Scrive l'1 ottobre 1846, quando FitzRoy è appena tornato dalla Nuova Zelanda.
La mia vita va avanti come un orologio, e ho ben chiaro il punto al quale voglio portarla. (...)
Anche la mia salute è migliorata, sono un uomo diverso per forza ed energia da quello che ero ai vecchi tempi, quando ero il vostro ingenuo compagno [when I was your “Fly-catcher”], a bordo del Beagle; ho appena terminato la terza e ultima parte della Geology of the Voyage of the Beagle, quella dedicata all'America del Sud (...)
E poi, pochi giorni dopo, il 28 ottobre, un'altra lettera la cui conclusione suona come un congedo. Mancano
Addio, caro Fitz-Roy, penso spesso ai tuoi molti atti di gentilezza nei miei confronti, e non di rado al momento, senza dubbio del tutto dimenticato da te, quando, prima di partire per Madeira, sei venuto e hai sistemato la mia amaca con le tue mani, e questo, come seppi in seguito, fece venire le lacrime agli occhi di mio padre.
Darwin ha trentasette anni, Fitzroy quarantuno. Le strade, almeno a Darwin, appaiono ormai irrimediabilmente separate. Lo spazio per l'amicizia resta confinato nel passato, nel ricordo. Le parole, un po' untuose, più che fedeltà ad una storia comune, suonano a congedo.
Non si riavvicineranno più.
Il 30 aprile 1865, alle soglie dei sessant’anni, FitzRoy si suicida di primo mattino, con il proprio rasoio da barba.
Il botanico Joseph Dalton Hooker scrive a Darwin due giorni dopo, il 2 maggio.
Il mio vecchio amico Davis mi scrive che era molto agitato da un po' di tempo, e che credeva che molti lo avessero maltrattato. Anche che Sir Rodk lo aveva decisamente snobbato alla Geographical [Society]. Aveva preso casa a Norwood per qualche settimana - le sue figlie andarono a bussare alla sua porta domenica mattina e, non ricevendo risposta, la forzarono e lo trovarono morto con la gola tagliata. Povero vecchio Fitzroy - mi dispiace molto - anche se non lo conoscevo bene, l'ho sempre considerato in associazione con voi [in joint association with you], e ammiravo il suo coraggio scientifico, come meteorologo, e la sua meravigliosa gentilezza e bontà.
Viaggiando con la Stultifera Navis ci proponiamo di non dimenticare mai che dietro, accanto insieme a ogni Darwin c'è un FitzRoy. Si può forse aggiungere che l'hybris, l'arroganza intellettuale, l'accanimento eccessivo nel sostenere una tesi, la rimozione degli affetti e del linguaggio del cuore, la chiusura all'amicizia, tolgono sempre qualcosa all'esperienza e alla conoscenza.
Salpare
Ciò che i latini traducevano con veritas è aletheia: ‘non ascosità’,‘disvelamento’. E’ il senso che si rivela meditando; è la dimensione autentica dell’esistenza umana verso cui si tende quando si riesce ad assumere su di sé il peso dell’ignoranza, e si tenta di rovesciarlo costruendo conoscenza.
Heidegger ci parla di questo con il concetto di Lichtung.12
Ciò a cui questa parola ci fa pensare, lo si può chiarire con un esempio. Una Lichtung [radura] nel bosco è quello che è, non a causa del chiarore e della luce che vi può splendere durante il giorno. La Lichtung c’è anche di notte. Lichtung significa: in questo punto il bosco può essere attraversato.
Avendo ben presente il riferimento all'aletheia Heiddegger continua spiegando. Lichten vuol dire liberare, lasciar libero, affrancare. Alleviare, alleggerire una cosa significa eliminare gli ostacoli, condurla in un ambito senza più resistenze, nello spazio libero. Levare l’ancora vuol dire: liberarla dal fondo marino che la serra tutt’attorno ed elevarla nello spazio libero dell’acqua e dell’aria.
Das Lichte è il diradarsi. Ma è anche il salpare. Possiamo trarre fiducia da questa immagine. Ogni essere umano può levare l’ancora e mettersi in viaggio. Questo è il cercare conoscenza leggendo e scrivendo. Questa lo spazio libero nel quale vi proponiamo d i muovervi per mezzo della Stultifera Navis.
Note
1 [Robert FitzRoy],, Describing their Examination of the Southern Shore of South America, and the Beagle's Circumnavigation of the Globe, In Three Volumes, London, Henry Colburn, 1839.
2 [Robert FitzRoy], Narrative of the Surveying voyages of his Majesty's Ships Adventure and Beagle, Between the Years 1826 and 1836, Describing their Examination of the Southern Shore of South America, and the Beagle's Circumnavigation of the Globe, In Three Volumes, London, Henry Colburn, 1839. Volume III: Charles Darwin, Journal and Remarks, 1832-1836.
3 Charles Darwin, On the Origin of Species. By means of Natural Selection. Or the Preservation of Favoured Races in the Struggle for Life, M.A., Fellow of the Royal, Geological, Linnean, etc. Societies; Author of ‘Journal of Research During H.M.S. Beagle’s Voyage Round the World’, John Murray, London, 1859.
4 Rear Admiral Fitz Roy (Robert FitzRoy), The Weather Book: A Manual of Pratical Meteorology, Longman, Green, Longman, Roberts, & Green, 1863, p. 303. Il libro è accessibile sul Web tramite Google Book,
5 Robert FitzRoy, The Weather Book, cit., pp.170-171
6 Dante, Divina Commedia, Inferno, XXIV, 142.
7 Rear Admiral Fitz Roy (Robert FitzRoy), The Weather Book: A Manual of Pratical Meteorology, Longman, Green, Longman, Roberts, & Green, 1863. Il libro è accessibile sul Web tramite Google Book.
8 Robert FitzRoy, The Weather Book, cit., pp. 1-2
9 Robert FitzRoy, The Weather Book, cit., p.170
10 Julian Huxley, Evolution: The Modern Synthesis, Allen & Unwin, London, 1942.
11 Julian Huxley, What Dare I Think, Chatto And Windus, London, 1933
12 Martin Heidegger, “Das Ende des Denkens in der Gestalt der Philosophie”, Conferenza letta il 30 ottobre 1965 a Amriswil (Svizzera) in onore di Ludwig Binswanger. Poi: Zur Frage nach der Bestimmung der Sache des Denkens, Erker-Verlag, St. Gallen, Switzerland. 1984; poi con lo stesso titolo in Gesamtausgabe, Bd. 16, a cura di Hermann Heidegger, Vittorio Klostermann Verlag, Frankfurt am Main, 2000, pp. 620-633. Trad. it. Filosofia e cibernetica. Ovvero la fallacia di attribuire alla scienza un pensiero calcolante, a cura di Adriano Fabris, ETS, Pisa, 1988