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Il mio libro 𝗧𝗘𝗖𝗡𝗢𝗖𝗢𝗡𝗦𝗔𝗣𝗘𝗩𝗢𝗟𝗘𝗭𝗭𝗔 𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗧𝗔' 𝗗𝗜 𝗦𝗖𝗘𝗟𝗧𝗔 condiviso per intero sulla Stultiferanavis. Siamo evoluti dalle scimmie ma cosa ci distingue da esse se molti dei comportamenti che caratterizzano l’Homo Sapiens digitale del terzo millennio sono simili a quelli dei suoi antenati? A distinguerci da loro è il grado diverso di intelligenza e di capacità comunicativa (con le scimmie condividiamo la comunicazione gestuale), ma soprattutto la libertà.


Se fanno tutti le stesse cose [gli animali] non è perché si copino; è perché sono tutti dello stesso stampo, agiscono tutti per gli stessi bisogni e con gli stessi mezzi. Invece, gli esseri umani sanno copiare e, quando è il caso, sanno variare. Eppure, questa diversa capacità non è calata dall’alto; fa parte del sistema generale che avvolge tutti gli esseri animali. Sistema che ha origine nei bisogni di base della vita. C’è dunque una sorta di continuità tra le bestie e l’uomo…”Lo scimmione intelligente, Edoardo Boncinelli


Benché ritenuta da alcuni puramente illusoria, la libertà ci permette comunque di fare delle scelte e, nel farle, di costruirci individualmente. A meno che vogliamo convincerci che sentimenti e libero arbitrio non siano prerogative umane ma il semplice risultato di semplici processi biochimici, meccanismi neuronali e di calcoli che avvengono in modo inconsapevole. Se fosse così saremmo molto più simili ai mammiferi e agli uccelli di quanto non pensassimo. 

Ogni scelta può essere casuale, frutto di semplici incidenti o avvenimenti, è sicuramente condizionata geneticamente, dal nostro intimo sentire, culturalmente e dall’ambiente, ma nasce dalla nostra ricerca continua di significati, dalla capacità di dubitare, di mettere in dubbio l’esistente, i numerosi idoli cognitivi e concettuali esistenti, di pensare ciò che non esiste ancora, spesso anche solo per la voglia di cambiare.

Scegliere è un’espressione di libertà che si traduce in azione.  È il risultato della volontà di cambiare, di interrompere le tante concatenazioni di eventi che definiscono molti percorsi e numerose esperienze di vita. Esperienze come quelle digitali che oggi molti vivono nei mondi tecnologici della Rete e che si affiancano a quelle analogiche di sempre. Esperienze digitali che stanno cambiando la nostra vita e domani forse saranno capaci di trasformare in mito il nostro preteso libero arbitrio e la nostra volontà di esercitarlo. 

Tecnologia strumento di libertà 

La tecnologia è sinonimo di cambiamento e di innovazione continui, è una forza abilitante che ha rotto ogni schema precedente assegnando a ogni individuo la possibilità di uscire dal proprio contesto culturale e di vita per trarne un qualche vantaggio. Come tale viene percepita. Uno strumento di libertà offerto a tutti affinché coltivino la loro illusione di essere liberi. Un’illusione ben alimentata da chi la tecnologia la produce. Esseri umani come noi che stanno trasformando le loro soluzioni in una infrastruttura globale, un apparato organizzativo potente, strutturato su un insieme di piattaforme e su una visione del mondo che sta imponendo comportamenti, stili di vita, modi di agire e di pensare. 

La forza di questo apparato è tale da limitare e ridurre la forza libertaria insita nella tecnologia producendo fenomeni, eventi e contesti che stanno trasformando profondamente il nostro essere umani, determinando una nuova fase di evoluzione, anche biologica, della specie Homo Sapiens che noi siamo.  

È un contesto che ci chiede un atteggiamento adattativo costante, ci costringe a interrogarci sulle molteplici pressioni che riceviamo e a misurarci con ciò che stiamo diventando. Grazie alla potenza delle rivoluzioni tecnologiche attuali, non solo informatiche ma biologiche, biogenetiche e scientifiche, l’Homo Sapiens, diventato Homo Technologicus sembra essere diventato in grado di spezzare le leggi che hanno fin qui guidato la sua evoluzione, di realizzare macchine intelligenti capaci di apprendere così come di dare origine in laboratorio a nuovi esseri viventi. 

Trasformazioni cognitive

Mentre ciò sta avvenendo nei laboratori di ricerca, spesso vietati alla vista di un pubblico allargato, tutti siamo testimoni partecipi e attivi di una trasformazione cognitiva che sta cambiando il nostro modo di percepire la realtà, di relazionarci agli altri, di pensare il mondo e di dare forma al nostro Sé. Le tante novità tecnologiche che hanno incantato moltitudini di individui non sembrano sollevare preoccupazioni o timori. Per i più conta il grado di intrattenimento e divertimento garantiti loro dalle piattaforme tecnologiche che usano. Al resto meglio non pensarci.

Rinviare una riflessione al futuro non è però la scelta adeguata, soprattutto se si vuole contribuire e partecipare a dare un senso e una direzione a ciò che sta già avvenendo. Riflettere implica porsi delle domande su chi siamo diventati e confrontarci con la rivoluzione tecnologica permanente che caratterizza il nostro essere umani e che, secondo un numero crescente di studiosi, potrebbe portare all’estinzione, mettere in discussione la sopravvivenza dell’uomo (Potrei calcolare le tue probabilità di sopravvivenza, ma non ti piacerebbe. – Marvin in Guida Galattica per autostoppisti[1]) o generare il suo declassamento ad abitante di secondo ordine del pianeta[2]. 

Per Gianfranco Pacchioni autore di L’ultimo Sapiens (Il Mulino, 2018) “tutti gli organismi nascono di norma in un ambiente già dato, al quale devono trovare il modo di adattarsi. Ereditano la memoria filogenetica dei loro predecessori. Allenata da condizioni ambientali protrattesi per generazioni. Ma il contesto cambia incessantemente e nuove pressioni selettive si affacceranno”. Per Maryanne Wolf, la neuroscienziata cognitivista diventata famosa internazionalmente per il suo libro Proust e il calamaro (Vita e Pensiero, 2009), “siamo sulla soglia di cambiamenti galattici, che avverranno nelle prossime generazioni […] le cui implicazioni condurranno a sostanziali cambiamenti cognitivi”. Di fronte alle trasformazioni epigenetiche emergenti, ognuno di noi individualmente è chiamato già oggi a fare delle scelte. Esse saranno tanto più adeguate ad affrontare il nuovo, quanto più si sarà capaci di cogliere cosa implichi esattamente ogni tipo di cambiamento che troverà la strada per emergere ed affermarsi. 

Interazioni uomo-macchina 

Il nuovo contesto con il quale l’Homo Sapiens del terzo millennio deve confrontarsi è fatto dalla costante interazione uomo-macchina e dalla crescente ibridazione tra ambienti naturali, virtuali e digitali, persone in carne e ossa e macchine più o meno intelligenti, e domani probabilmente ultra-intelligenti.

Con la tecnologia stiamo cambiando il mondo e la realtà, dando forma ai mondi futuri che verranno, senza sapere se e in che modo li abiteremo. Il potere acquisito con le nuove tecnologie ci sta forse sfuggendo di mano. Già questo, da solo, dovrebbe far emergere numerose domande e riflessioni, sulle promesse mirabolanti della tecnologia e di chi la controlla, su un suo possibile utilizzo autoritario e repressivo, sull’uso che ne facciamo e sulla quantità di libertà che riusciamo a ritagliarci nell’usarla, sulle scorciatoie che ci offre, spesso accettate senza verificare le possibili destinazioni che potrebbero rivelarsi catastrofiche. Ma soprattutto sulle trasformazioni profonde che sta determinando. 

La riflessione che si impone è suggerita dallo sviluppo impetuoso della tecnologia che sembra inarrestabile e lanciato verso quella che Barrat chiama esplosione di intelligenza. Procede spedito e quasi autonomamente nel produrre cambiamenti e trasformazioni profonde, obbligandoci a un adattamento quasi forzato che, come tale, ci impedisce di comprenderne a fondo i suoi effetti e le conseguenze. Poco male se queste sono benefiche e vantaggiose, un problema se sono così profonde da cambiare per sempre, non solo il contesto naturale e ambientale della nostra evoluzione futura, ma anche da plasmare e ricablare la mente con la quale interpretiamo la realtà. Cancellando la nostra illusione di esseri animali intelligenti (“la legge sopra di noi”), capaci di sentire (“cosa ti dice il cuore?”) e dotati di libera volontà (“qual è la cosa più giusta da fare?”). Mettendo forse a rischio la nostra stessa esistenza di Homo Sapiens

In questo contesto il problema del libero arbitrio continua a essere irrisolto, nonostante le molte ricerche scientifiche abbiano prodotto conoscenze utili a comprendere meglio i meccanismi e i processi decisionali della mente, il ruolo del cervello nelle scelte che facciamo e nella loro traduzione in azioni. Da tempo si sa che il cervello umano è pronto per compiere un’azione ben prima che la persona sia consapevole della stessa, o dell’intenzione di compierla[3].  È una prontezza misurabile in millisecondi che fa dire a Edoardo Boncinelli “è come se il cervello del soggetto sapesse in anticipo che lui vuole premere quel pulsante...”, dove il pulsante è l’azione richiesta a un volontario coinvolto in un test da laboratorio.  

È come se la decisione venisse presa, prima di tutto, dal corpo e solo dopo la sua mente ne diventasse cosciente. Questo meccanismo è probabilmente attivo per ogni tipo di scelta, comprese quelle che vengono fatte online. Conoscendone l’esistenza, chi sviluppa software e algoritmi ne trae oggi vantaggio per favorire l’attivazione dei numerosi interruttori disseminati sui percorsi e sulle piattaforme digitali delle realtà digitali online. I governi e le aziende che ne controllano le leve sono già oggi nella condizione di operare manipolazioni mirate, personalizzare promozioni pubblicitarie ed esercitarsi in comunicazioni propagandistiche finalizzate a condizionare opinioni, scelte ed emozioni. 

Esseri umani o burattini 

I nostri antenati scimmieschi e gli Homo Sapiens che ci hanno preceduto sono nati al mondo aprendo gli occhi alla loro nascita, oggi i cuccioli dell’Homo Sapiens del terzo millennio lo fanno aprendoli davanti a un display illuminato. 

Venire al mondo non è che l’inizio di un lungo periodo di formazione e allenamento alla vita, oggi fatto in compagnia di tanti strumenti tecnologici che contribuiscono a formare i circuiti di un cervello umano caratterizzato dal suo patrimonio genetico ma anche predisposto a farsi plasmare e formare fin dalla più tenera età. Anche attraverso l’attivazione di interruttori che creano l’illusione di scelte libere quando in realtà non lo sono. Scelte come l’apposizione di un MiPiace o di una stellina a un post o a una immagine ma anche come quella di non farlo. Gesti che servono a coltivare l’illusione di libertà, almeno di quella parte che riteniamo essere a nostra disposizione, ma che è prodotta da ciò che il nostro cervello ha in qualche modo già anticipato per noi. La consapevolezza che ne segue è a posteriori, non è percepita come determinata, forse per la non concomitanza temporale tra di essa e l’impulso nervoso, acceso da qualche tipo di emozione, che ha bisogno di un po' di tempo per completare il suo percorso completo. 

Nella vita possiamo decidere se essere umani o semplici burattini. Nell’era digitale i fili che permettono alle marionette di muoversi sul palcoscenico della vita sono diventati invisibili. Non per questo meno determinanti nel decretare l’inizio o la fine della loro attività, nel determinare i loro movimenti così come la loro effettiva libertà. I fili digitali sorreggono burattini umani che sembra abbiano rinunciato a trarre vantaggio dalla loro peculiarità di essere individui capaci di esercitare la prerogativa della libertà. Un esercizio che quando viene praticato può contribuire a favorire la plasticità del cervello determinando ciò che diventerà. Se non viene esercitato finisce al contrario per favorire la crescita e lo sviluppo di algoritmi tecnologici ai quali finiremo per affidarci e dei quali saremo disposti a fidarci sempre di più. 

Nessuno nasce con un cervello da burattino ma tutti possono ritrovarsene uno. Oggi più di ieri, considerando l’abilità con la quale la tecnologia è in grado di sostituirsi agli individui nel suggerire percorsi da compiere e nell’aiutare il cervello a elaborare nuovi memi e pensieri. Ciò che ne deriva è una soggezione acquiescente e complice alle piattaforme tecnologiche, dalla quale ci si può liberare solo con la capacità di dubitare, una prerogativa umana che nasce dal sentimento di inadeguatezza e imperfezione che sempre accompagna l’esistenza umana. Il dubbio, dettato da atteggiamenti metodici di tecno-scetticismo e tecno-cinismo, deve essere sostenuto dalla volontà finalizzata a cambiare, a sperimentare esperienze diverse da quelle alle quali ci si è felicemente e acriticamente abituati. Il dubbio può aiutare a comprendere se l’essere burattino sia stato un semplice incidente o una scelta volontaria, un evento dalla durata limitata o la trasformazione definitiva della realtà vissuta e della sua percezione. 

Scimmie allevate per consumare 

Un laboratorio nel quale verificare se e quanto siamo scimmioni intelligenti o semplici scimmie ammaestrate è quello del consumo. Un ambito per eccellenza dei cambiamenti in atto, nel mercato, nel marketing e nell’economia, così come nel modo di pensare e di comportarsi come consumatori. Il cambiamento è epocale, determinato dalla quantità esponenziale di dati disponibili e dai nuovi strumenti tecnologici con cui poterli raccogliere, analizzare e interpretare. Strumenti matematici, statistici e algoritmici, utili per essere usati in modo efficace ma anche per predire il futuro e trasformare il probabile in possibile, l’imprevedibile in anticipabile. 

Il mercato al consumo è diventato terra di conquista e di colonizzazione da parte di società tecnologiche, abili nello sfruttamento delle conoscenze che derivano dai dati in loro possesso. Le informazioni sono usate per promuovere, pubblicizzare e alimentare le vendite dei loro immensi negozi online e di quelli dei loro inserzionisti pubblicitari. Con le conoscenze acquisite possono prevedere i nostri comportamenti, suggerendo le priorità, le gerarchie, le scelte da fare, i percorsi decisionali, le decisioni di acquisto da prendere e quelle da evitare. Queste conoscenze non servono soltanto a vendere di più ma ad alimentare la bulimia del consumatore, generando una sua stretta dipendenza dal dispositivo, dall’applicazione e dai modelli commerciali imposti come esperienze utente.

Se con un click è possibile avere consegnato a domicilio qualsiasi prodotto in meno di 24 ore perché bisognerebbe optare per qualcosa di diverso? Perché interrogarsi sull’uso che Amazon fa delle conoscenze acquisite su ogni consumatore, se è in grado di soddisfare bisogni e desideri in tempi brevi? Che importa se il modello di business di Amazon sta distruggendo altri modelli commerciali e con essi la possibilità di interazioni sociali e processi decisionali di acquisto più lenti, meno mediati o alterati da fattori fuori controllo? 

Mentre le scimmie da laboratorio non si pongono questo tipo di domande, lo scimmione intelligente è chiamato a interrogarsi sulle risposte possibili da dare a esse e porsene delle altre. Non porsi domande è un segnale di resa, di scarsa intelligenza, un sintomo di autolesionismo, di indifferenza, rinuncia a valori più grandi di quelli rappresentati dai Brand e dai loro marchi che hanno catturato la sua attenzione online.

Porsi domande intelligenti serve a scoprire il tentativo, costantemente perseguito, di trasformare lo scimmione intelligente in cavia pavloviana da laboratorio, a svelare i trucchi usati per manipolare, a acquisire la consapevolezza dell’inganno che si nasconde dietro la comunicazione, le narrazioni marketing e i proclami valoriali delle società tecnologiche. Svelato l’inganno ci si sente più leggeri, senza fili, liberi di fare delle scelte originali, in controtendenza e non allineate al mainstream mediale determinato dalla sempre più stretta collusione di giornalismo e media con le aziende tecnologiche e i loro inserzionisti. 

La tecnologia ha avvicinato produzione e consumo, permesso la personalizzazione dei messaggi e dei prodotti. Al tempo stesso ha fatto aumentare il controllo sui processi di consumo nei quali l’individuo è impegnato così come sul consumatore stesso. Un controllo collettivo, evidente nella frequentazione in massa a centri commerciali e outlet o temporary shop, così come dal coinvolgimento di moltitudini di consumatori nelle occasioni dei vari Black Friday, diventati ormai ricorsivi tanto quanto lo sono gli algoritmi di Amazon che li promuovono.   

Il controllo fisico negli spazi reali si evidenzia nella presenza e diffusione di sistemi di videosorveglianza, sensori intelligenti e altre tecnologie avanzate di intelligenza artificiale.  Il controllo è prevalentemente psichico, applicato sia ai mondi reali sia a quelli virtuali, finalizzato a dare forma a concetti, linguaggi, modi di pensare, gesti e comportamenti, come se l’intero processo di acquisto non fosse altro che un’immensa e globale catena di produzione nella quale ogni fase del processo, ogni comportamento, ogni decisione, ogni movimento (navigazione online) e scelta fossero in realtà possibili solo all’interno di binari predefiniti o di una catena di montaggio (pensate ai binari di Google Search, allo store di Amazon, ecc.). Tanti processi di acquisto, basati su logiche e modelli tra loro simili, contenuti dentro tempistiche sotto controllo e alimentati da finalità e motivazioni non necessariamente condivise o volute (si entra all’Esselunga per comperare il cambio dei pannolini per il bambino e si esce con un pacco di birre Menabrea da sei). 

Il fatto che, grazie ai dati posseduti, Google, Facebook, Amazon, ipermercati, punti vendita e Grandi Marche conoscano le nostre preferenze di consumatori, potrebbe anche non urtare la sensibilità di molti. Quando pretendono però di poter conoscere anche quello che passa nella nostra mente, bisognerebbe chiedersi in che modo questa conoscenza venga acquisita e prodotta, e perché sia così avidamente ricercata. La risposta per molti sta nel ruolo assunto dai dati, considerati il petrolio dell’era digitale. Un prodotto energetico da tutti ricercato per la sua redditività, ma soprattutto perché risorsa abbondante, in continuo aumento, riciclabile e rinnovabile all’infinito. I dati non si esauriscono come il petrolio, possono essere condivisi all’infinito. Tutte le memorie che li contengono, dall’hard disk di uno smartphone o di un server allo storage dei Big Data possono essere cancellati e sostituiti ciclicamente con altri, nuovi e più aggiornati. Sono memorie destinate a contenere le innumerevoli tracce che come novelli Pollicini della fiaba di Perrault disseminiamo sui nostri percorsi online. Ignari che esse non potranno essere usate per un confortevole ritorno a casa perché divorate da coloro che le hanno inseguite e trovate. 

Mettere in guardia le moltitudini di Pollicini in movimento non è più sufficiente così come non bastano le numerose voci critiche emergenti. Secondo Dave Eggers bisogna che ogni consumatore rifletta sulle proprie abitudini, sul ruolo che le piattaforme tecnologiche e chi le produce hanno sulle stesse. “[…] per cambiare rotta – scrive Eggers - è necessario che i consumatori cambino il loro atteggiamento e chiedano una riforma delle compagnie tecnologiche. Ogni utente deve pretendere il rispetto della sua privacy digitale, il diritto a essere proprietario dei suoi dati, ma soprattutto deve aspirare alla fine di un capitalismo della sorveglianza che è la spina dorsale della monetizzazione di Internet. Se le persone si indigneranno e raggiungeranno la consapevolezza del loro potere le cose potranno cambiare. E cambieranno davvero”. 

Accettare il controllo di Amazon è più facile che resistervi, affidarsi alle interazioni tecnologiche e disincarnate di Facebook è un modo per consolarsi delle relazioni incarnate perdute, farsi complici di eBay soddisfa la furbizia commerciale individuale, soggiacere ai prezzi esageratamente elevati di Apple serve a rafforzare ego atrofici e bulimici alimentati con i suoi brand. Il controllo non può però estendersi a tutto ciò che caratterizza ancora l’essere umano e dominare il suo inconscio. 

In questa impossibilità sta forse la via di fuga dalla censura imposta dagli algoritmi, unitamente alla pratica della creatività, dell’emotività, e dell’intelligenza generale: 

Ring the bells - ring the bells - that still can ring –
Forget your perfect offering –
There is a crack in everything (there is a crack in everything –
That's how the light gets in” 

… cantava il compianto Leonard Cohen

 


Indice del libro

Premessa

  • Osare pensare
  • Una riflessione sulla tecnologia è necessaria
  • In viaggio
  • Qualcosa non funziona più
  • Andare oltre la tecnologia 

Introduzione

  • Un appello per scelte non binarie
  • Intelligenze artificiali e umane
  • Libertà di scelta come possibilità
  • Homo Sapiens: una evoluzione a rischio
  • Ruolo e criticità della tecnologia
  • Costruire narrazioni diverse
  • Menti hackerate e azioni da intraprendere

Tempi Moderni

  • Tempi irreali e mondi paralleli
  • Mondi virtuali, memi virali e contagiosi
  • Il ruolo che dobbiamo esercitare
  • In culo alle moltitudini 

Tempi tecnologici

  • πάντα ῥεῖ, tutto scorre
  • Il dominio delle macchine
  • Media digitali e dimensione umana
  • Leggerezza virtuale e pesantezza del reale
  • La realtà come gioco
  • Il grande inganno
  • Mettersi in cammino

Velocità e senso dell’urgenza

  • Il tempo tecnologico è viscoso e agitato
  • L’illusione del tempo presente
  • Immediatezza come registrazione
  • Il recupero della lentezza
  • Deleghe in bianco e scelte fuori dal coro
  • Potenza, vitalità e velocità delle immagini
  • Il tempo dimenticato

Immersi in realtà multiverso

  • Reale e virtuale convivono
  • Finzioni digitali e realtà
  • Multiverso lento
  • Via dalla pazza folla
  • Il ruolo delle emozioni 

Libertà di scelta ed emozioni

  • Emozioni chimiche digitali
  • Emozioni algoritmiche
  • Macchine intelligenti e assistenti personali
  • Emozioni e sofferenza

Siamo scimmie intelligenti?

  • Tecnologia strumento di libertà
  • Trasformazioni cognitive
  • Interazioni uomo-macchina
  • Esseri umani o burattini
  • Scimmie allevate per consumare 

Sentirsi liberi

  • Internet da spazio libero a mondo chiuso
  • Libertà perdute, libertà simulate
  • Libertà illusorie
  • Scelte binarie e libertà illimitata
  • La libertà non fa regali
  • Sapere di non sapere

Gli strumenti che servono

  • Strade accidentate e coraggio
  • Coltivare gli orti del pensiero
  • Pratica del silenzio e tempi lenti
  • Metterci la faccia 

Alimentare il dubbio

  • Dubitare ora dubitare sempre
  • Per dubitare serve una pausa

Gatti, asini e canarini, voliere, acquari e gabbie di vetro

  • Comportiamoci da gatti
  • Pesci in acquario
  • Le voliere di Twitter
  • La gabbia è di vetro ma riscaldata
  • Cambiare aria
  • Mura ciclopiche, barriere e porti chiusi
  • La metafora dell’asino

Attraversare la cornice del display

  • Oltre la cornice dello schermo
  • Contestualizzare la tecnologia
  • La potenza delle immagini che ci guardano
  • Perdere la vista

Interrogarsi sulla solitudine

Isolati nella realtà, soli online
Costretti a stare soli
Voglia di comunità e social networking
Consapevolezza e responsabilità
Solitudine e impegno

Il potere degli algoritmi

  • Attenzione distratta
  • Algoritmo maggiordomo ruffiano
  • Algoritmo invisibile ma non trasparente
  • Un algoritmo fintamente autonomo
  • L’algoritmo calcolatore
  • Ribellarsi all’algoritmo

Poteri forti e monopolistici

  • Poteri totalitari ma sorridenti
  • Fedeltà vado cercando
  • Tecnocrazie nichiliste alla ricerca di delega
  • Libertà, lavoro e diritti
  • Preoccuparsi è meglio che non farlo
  • L’esercizio politico della critica
  • Le chiese della Silicon Valley
  • La politica cinguettante
  • Fake news e analisi dei fatti

Le domande da porsi

  • Domande, domande, domande
  • Dipendenze e rinunce alle dosi quotidiane
  • Esercitare l’arte delle domande
  • Un elenco di domande possibili

Scegliere è difficile

  • Le opzioni della scelta
  • Difficoltà esistenziale della scelta
  • Scelte lenti e consapevoli
  • La libertà di scelta online
  • Scegliere la gentilezza 

Addestramento alla gentilezza

  • C’è bisogno di amicizia e solidarietà
  • Reti di contatti e reti amicali

Alcune considerazioni finali

Webgrafia/Bibliografia

 


Note

[1] Douglas Adams 

[2] Pensiero ripreso dal libro La nostra invenzione finale – L’intelligenza artificiale e la fine dell’età dell’uomo, di James Barrat. Il testo sembra essere un pamphlet contro l’intelligenza artificiale, in realtà l’autore dichiara di esserne un sostenitore.  però un sostenitore del pensiero critico e della consapevolezza, utili entrambi per comprendere effetti, rischi e conseguenze di una evoluzione tecnologica fuori controllo o controllata da pochi.

[3] Il dibattito sul libero arbitrio è sempre stato prevalentemente di tipo teologico, morale e filosofico, ora coinvolge anche la neurologia e la neuroetica. Grazie alle tecnologie di neuroimaging le neuroscienze hanno fatto progressi esponenziali nella ricerca sulle basi neurali dell’intenzione conscia. Il primo neurofisiologo a compiere attività sperimentali di ricerca sui rapporti tra attività corticale, coscienza e controllo volontario dell’azione fu Benjamin Libet. Oggi il suo lavoro è alla base di numerose ricerche con l’applicazione delle nuove tecnologie avanzate per l’analisi del cervello umano in azione. I risultati hanno riacceso il dibattito interdisciplinare tra filosofi, psicologi e neuroscienziati. Al centro di molti studi è stata posta l’intenzione considerato l’elemento fondamentale per la comprensione dell’azione volontaria.

StultiferaBiblio

Pubblicato il 30 marzo 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

c.mazzucchelli@libero.it http://www.stultiferanavis.it

Douglas Adams 

Pensiero ripreso dal libro La nostra invenzione finale – L’intelligenza artificiale e la fine dell’età dell’uomo, di James Barrat. Il testo sembra essere un pamphlet contro l’intelligenza artificiale, in realtà l’autore dichiara di esserne un sostenitore.  però un sostenitore del pensiero critico e della consapevolezza, utili entrambi per comprendere effetti, rischi e conseguenze di una evoluzione tecnologica fuori controllo o controllata da pochi.

Il dibattito sul libero arbitrio è sempre stato prevalentemente di tipo teologico, morale e filosofico, ora coinvolge anche la neurologia e la neuroetica. Grazie alle tecnologie di neuroimaging le neuroscienze hanno fatto progressi esponenziali nella ricerca sulle basi neurali dell’intenzione conscia. Il primo neurofisiologo a compiere attività sperimentali di ricerca sui rapporti tra attività corticale, coscienza e controllo volontario dell’azione fu Benjamin Libet. Oggi il suo lavoro è alla base di numerose ricerche con l’applicazione delle nuove tecnologie avanzate per l’analisi del cervello umano in azione. I risultati hanno riacceso il dibattito interdisciplinare tra filosofi, psicologi e neuroscienziati. Al centro di molti studi è stata posta l’intenzione considerato l’elemento fondamentale per la comprensione dell’azione volontaria.